Dopo una giornata di tensioni istituzionali tra Palazzo Chigi e il Quirinale, Fratelli d’Italia ha ufficialmente archiviato il caso Garofani.
La frase “il caso è chiuso” compare nella nota congiunta firmata dai capigruppo Lucio Malan e Galeazzo Bignami, diffusa dopo l’incontro fra la premier Giorgia Meloni e il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella al Quirinale.
“Fratelli d’Italia ritiene la questione chiusa e non reputa di aggiungere altro. Rinnoviamo la stima nel presidente Mattarella e l’apprezzamento per la sintonia istituzionale tra il Quirinale e Palazzo Chigi”.

La vicenda era esplosa dopo che il quotidiano La Verità aveva riportato uno sfogo attribuito al consigliere del Quirinale Francesco Saverio Garofani, parlando persino di un presunto “piano anti-Meloni”. Bignami, commentando l’articolo, aveva chiesto una “smentita senza indugio”, portando il Colle a reagire con irritazione per il fatto che un dirigente di alta fascia potesse mettere in dubbio la lealtà istituzionale del Presidente della Repubblica.
L’incontro al Colle e la chiusura politica
Secondo fonti di Palazzo Chigi, Meloni ha chiarito a Mattarella che la richiesta di smentita non intendeva attaccare il Quirinale, ma “circostanziare la vicenda e tutelare l’istituzione“, puntando sul fatto che doveva essere proprio Garofani a chiarire. La premier ha ribadito “la sintonia istituzionale mai venuta meno” tra le due massime cariche dello Stato.
Dopo il colloquio durato circa venti minuti, la nota congiunta di Malan e Bignami ha segnato la svolta definitiva.

Malan ha difeso il comportamento di Bignami, definendolo “istituzionalmente corretto e rispettoso del Presidente della Repubblica“, accusando invece la sinistra di aver alimentato “polemiche pretestuose”. Bignami ha confermato che l’intervista di Garofani non ha smentito i virgolettati, alimentando l’impressione che i contenuti riportati da La Verità fossero autentici.
Il retroscena: la cena “romanista” e la mail misteriosa
Sul caso aleggia un retroscena dai contorni ancora poco chiari. La Verità ha pubblicato l’articolo con uno pseudonimo, Ignazio Mangrano, ma lo stesso identico testo – firmato “Mario Rossi” e spedito da una casella stefanomarini@usa.com – era stato inviato ad almeno tre redazioni, tra cui Il Giornale e La Repubblica. Un passaggio che ha sollevato dubbi sull’origine della ricostruzione e sul “giallo” dietro alle presunte frasi di Garofani.

A pesare ulteriormente è il contesto dell’incontro da cui sarebbe nato tutto: una chiacchierata informale tra amici durante una cena romana, definita “in libertà” dallo stesso Garofani, che al Corriere della Sera ha ammesso di essere rimasto turbato dalla piega pubblica della vicenda:
“Mi spaventa la violenza dell’attacco, ho l’impressione di essere stato utilizzato per colpire il Presidente”.
La “famosa” cena, secondo quanto riportato da Il Corriere della Sera, si sarebbe svolta nella serata di giovedì 13 novembre 2025 nella Terrazza Borromini affacciata su piazza Navona. A tavola c’erano volti – 16 persone in tutto – del mondo dell’economia, della finanza, del commercio, accomunati dalla fede giallorossa e riuniti nel nome di Agostino Di Bartolomei, storico capitano della Roma.
Tra i presenti appunto anche Francesco Saverio Garofani, consigliere del presidente della Repubblica e segretario del Consiglio supremo di difesa, il quale si sarebbe lasciato andare alle ormai note considerazioni politiche sul futuro del governo. Parole che, secondo quanto emerso, qualcuno avrebbe registrato a tavola ed è così che la chiacchierata è finita cinque giorni dopo sull’apertura del quotidiano diretto da Maurizio Belpietro.
Un audio della conversazione dunque potrebbe esistere: La Verità non lo ha escluso e, secondo il condirettore Massimo De Manzoni, “potrebbero esserci altre puntate”, lasciando intendere che il materiale non si esaurisca qui.