La montagna, si sa, è bellissima, ma sa essere anche molto crudele. E purtroppo le cronache sono sempre più piene di vittime di incidenti, che spesso costano la vita.
La scorsa estate, per fare un esempio, è stata particolarmente drammatica. A fine luglio 2025, Maurizio Dellantonio, presidente del Corpo Nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico (CNSAS), in un’intervista al Corriere della Sera aveva tracciato un quadro terribile: 83 persone morte e 5 disperse tra il 21 giugno e il 23 luglio. Quasi tre decessi al giorno.
Secondo i dati snocciolati da Dellantonio, il numero di interventi del soccorso è cresciuto di circa il 20% rispetto alla media degli ultimi anni.
Il lutto per la morte in montagna
In un ambiente in cui il coraggio, la determinazione e la ricerca della vetta sono spesso al centro del racconto, quando qualcosa va storto il lutto rimane sovente nascosto, vissuto in solitudine.
Con questa consapevolezza nasce “Oltre la vetta” un progetto del Club Alpino Italiano (CAI) nato per portare alla luce un tema spesso taciuto nel mondo dell’alpinismo: il dolore che segue una perdita, un incidente o un evento traumatico vissuto in montagna.
Cos’è “Oltre la vetta”
“Oltre la vetta” è uno spazio di cura, ascolto e condivisione dedicato a tutte le persone colpite da incidenti o lutti in montagna: alpinisti, famiglie, compagni di cordata, soccorritori e comunità locali.
Il sito raccoglie:
- Approfondimenti sul lutto e sul trauma
- Risorse psicologiche specializzate
- Testimonianze e interviste
- Un video-podcast dedicato ai racconti di chi ha deciso di condividere la propria esperienza
- Materiali informativi e strumenti di supporto per affrontare le fasi complesse del dolore.
L’obiettivo è semplice e profondo: riconoscere che la vulnerabilità non è una sconfitta, ma parte integrante della vita e dell’esperienza della montagna.
La genesi del progetto: dal dolore personale a un’iniziativa collettiva
Il progetto affonda le sue radici in un’esperienza personale, poi divenuta universale.
Nasce dalla morte di Tom Arent Van de Plassche, giovane alpinista, e dal percorso di dolore vissuto da Sofia Farina, sua compagna: fisica dell’atmosfera, giornalista, dottorata in meteorologia alpina.
Nel periodo successivo all’incidente, mentre il compagno scendeva da un canale sull’Ortles, Sofia è stata sostenuta da una comunità vasta e solidale: amici, familiari, guide, soccorritori, alpinisti. Una rete spontanea fatta di telefonate, mani tese, conversazioni sincere. Da quella rete è nata l’idea di costruirne una più ampia, accessibile e strutturata.
Il ruolo di Psicologi per i Popoli: esperienza e formazione specialistica
Un elemento fondamentale del progetto è la collaborazione con Psicologi per i Popoli, associazione con oltre vent’anni di esperienza negli interventi psicologici in situazioni di emergenza.
Insieme al CAI, ha firmato un protocollo d’intesa per:
- formare i professionisti della rete di supporto,
- offrire strumenti di prevenzione,
- accompagnare familiari, amici e comunità colpite da incidenti in montagna,
- attivare gruppi di mutuo aiuto e percorsi condivisi.
Spiega la presidente Donatella Galliano:
“Per noi è importante che un’istituzione come il CAI abbia deciso di farsi promotrice di questo progetto: un segnale forte verso il riconoscimento dell’impatto psicologico degli incidenti in montagna.

Psicologi per i Popoli porta in questa collaborazione l’esperienza maturata in oltre vent’anni di interventi nelle emergenze, con l’obiettivo di creare e offrire strumenti di prevenzione, sostegno e accompagnamento a chi vive queste situazioni”.
Testimonianze e storie: raccontare per non restare soli
Nel video-podcast “Oltre la Vetta”, curato da Sofia Farina, emergono voci e racconti autentici di chi ha vissuto la perdita.
Nella prima puntata è stata ospite Marina Consolaro, madre di Matteo Pasquetto, aspirante guida alpina scomparso prematuramente sul Monte Bianco nel 2020.

Il sostegno del CAI e i nuovi strumenti in arrivo
“Oltre la vetta” non è solo una piattaforma informativa: è l’inizio di un percorso più ampio, come sottolinea Antonio Montani, Presidente generale del CAI.
Dal 2026 il CAI metterà a disposizione:
- un fondo economico per supporto psicologico destinato ai familiari e agli amici delle vittime di incidenti in montagna,
- gruppi di mutuo aiuto attivati da Psicologi per i Popoli (inizialmente online, poi in presenza),
- incontri pubblici nelle principali località montane italiane per favorire confronto e condivisione.
“La montagna insegna che non si è mai davvero soli. Parlare di lutto non significa rimanere nel dolore, ma trovare nuovi modi per trasformarlo e continuare a salire”, spiega Montani.
Perché questo progetto è importante
“Oltre la vetta” rappresenta un passo rivoluzionario per il mondo dell’alpinismo italiano.
Integra competenza psicologica, voce delle comunità, esperienza diretta di chi ha vissuto il dolore e la visione istituzionale del CAI.
È un progetto che:
- normalizza la conversazione sulla morte e sul trauma,
- costruisce una cultura della cura,
- rafforza i legami tra persone e territori,
- offre sostegno concreto a chi affronta il lutto,
- rende visibile ciò che spesso è nascosto.
“Oltre la vetta” è prima di tutto un invito: parlare, condividere, ascoltare. Perché nel mondo della montagna, come nella vita, non si sale mai davvero da soli. E anche nei momenti più difficili, un sentiero — nuovo, faticoso, ma possibile — può sempre aprirsi.