L’Italia migliora, ma a piccoli passi. È quanto emerge dalla dodicesima edizione del Rapporto sul Benessere equo e sostenibile (Bes) presentato dall’Istat, un documento che da oltre dieci anni misura la qualità della vita degli italiani non solo in termini economici, ma anche sociali, ambientali e culturali.
Nato nel 2010, il progetto Bes è frutto di un lavoro condiviso tra istituzioni, comunità scientifica e cittadini, e si fonda su 152 indicatori statistici organizzati in 12 ambiti tematici: salute, istruzione, lavoro, benessere economico, relazioni sociali, politica, sicurezza, ambiente, innovazione, paesaggio, qualità dei servizi e benessere soggettivo.
L’edizione 2024 analizza l’andamento del benessere tra il 2014 e il 2024, dedicando particolare attenzione alle disuguaglianze sociali e territoriali, e alle loro intersezioni con fattori come genere, età e titolo di studio.
Un Paese in movimento: un terzo degli indicatori migliora
Dai dati emerge che poco più di un terzo (34,3%) dei 137 indicatori confrontabili con l’anno precedente mostra un miglioramento significativo. Il 39,4% resta stabile, mentre il 26,3% peggiora.
Le differenze tra i vari ambiti sono marcate: nel dominio “Lavoro e conciliazione dei tempi di vita”, 7 indicatori su 13 migliorano ma 5 peggiorano; nella “Qualità dei servizi” il quadro è diviso a metà (6 in miglioramento, 6 in peggioramento su 16 totali). Migliorano circa la metà degli indicatori legati a istruzione e formazione, mentre sicurezza e politica e istituzioni segnano la maggiore quota di arretramenti.
Se si guarda al lungo periodo, la tendenza è più ottimista: 70 indicatori su 128 mostrano un miglioramento rispetto al 2014, solo 16 peggiorano, e per circa un terzo non si registra una direzione chiara. Tutti gli indicatori sulla sicurezza migliorano, così come oltre i tre quarti di quelli relativi a innovazione, ricerca, creatività, politica e istituzioni e benessere soggettivo. Fa eccezione il dominio delle relazioni sociali, dove quattro indicatori su nove peggiorano.
Italia a due velocità: il Nord cresce, il Sud resta indietro
Le differenze territoriali restano profonde. In tutte le regioni del Nord e del Centro (tranne il Lazio), almeno il 60% dei 134 indicatori regionali supera la media nazionale. Le performance migliori si registrano nelle Province autonome di Trento e Bolzano, nel Veneto e nel Friuli-Venezia Giulia, dove oltre il 70% degli indicatori è sopra la media.
All’opposto, in tutte le regioni del Mezzogiorno (eccetto l’Abruzzo) la maggioranza degli indicatori è peggiore di quelli nazionali; in Campania e Puglia, oltre sette indicatori su dieci sono al di sotto della media Italia.
Il divario è particolarmente evidente nei domini di salute, istruzione, lavoro, benessere economico e qualità dei servizi, dove le regioni centro-settentrionali mostrano risultati superiori, mentre il Sud rimane indietro.
Nel campo di paesaggio e patrimonio culturale e in quello di innovazione e ricerca, le migliori performance si concentrano in poche regioni del Centro-Nord, ma anche qui non mancano territori in ritardo.
Il quadro cambia invece nei domini sicurezza, politica e istituzioni e benessere soggettivo, dove non emerge una netta spaccatura geografica: si trovano aree virtuose e critiche sia al Nord sia al Sud.
In particolare, nel dominio della sicurezza, le regioni con grandi aree metropolitane — Lazio, Toscana, Lombardia, Campania ed Emilia-Romagna — mostrano livelli peggiori, a causa della maggiore incidenza dei reati urbani.
Sul fronte ambientale, le differenze regionali risultano più sfumate, anche se non mancano aree con vantaggi o svantaggi marcati su più indicatori.
Il confronto con l’Europa: Italia indietro su lavoro, istruzione e ricerca
Il Rapporto Bes permette anche un confronto con l’Unione Europea (Ue27) per 39 indicatori, di cui 22 distinti per genere. Il risultato mostra un’Italia peggiore in 18 casi, migliore in 11.
Il ritardo più evidente riguarda il mercato del lavoro: il tasso di occupazione è al 67,1%, ben 8,7 punti sotto la media Ue27 (75,8%). Il divario cresce tra le donne, con un tasso al 57,4% contro il 70,8% europeo. Anche il part-time involontario è molto più diffuso: riguarda l’8,5% degli occupati (contro il 3,2% della media Ue) e addirittura il 13,7% delle lavoratrici (4,8% in Europa).
In istruzione e formazione, i dati confermano il ritardo italiano: solo il 31,6% dei 25-34enni possiede una laurea, contro il 44,1% nella media Ue27. Anche il 66,7% delle persone tra 25 e 64 anni ha un diploma di scuola superiore, ben al di sotto dell’80,5% europeo.
Sul fronte innovazione e ricerca, l’Italia investe l’1,37% del Pil in R&S, contro una media europea del 2,22%. Inoltre, solo il 26,7% dei lavoratori impiegati in professioni scientifico-tecnologiche ha una formazione universitaria, un dato inferiore di 7,4 punti rispetto all’Ue27 (34,1%).
Le condizioni economiche risultano anch’esse più difficili: nel 2024 il rischio di povertà è al 18,9%, contro il 16,2% europeo, e la disuguaglianza dei redditi è più elevata (5,5% rispetto al 4,7% dell’Ue27). Tuttavia, l’Italia mostra vantaggi nel costo dell’abitazione, con un sovraccarico medio dell’8,2% (3,1 punti in meno rispetto alla media europea) e dati migliori sulla deprivazione materiale e sociale e sulla capacità di arrivare a fine mese.
Salute e sicurezza, i punti di forza italiani
Nonostante le criticità, l’Italia conserva risultati eccellenti in materia di salute e sicurezza.
Il tasso di mortalità evitabile è di 17,6 ogni 10mila abitanti, nettamente inferiore ai 25,8 della media Ue.
La speranza di vita resta tra le più alte in Europa: 84,1 anni contro gli 81,7 del resto dell’Ue27. Anche il tasso di omicidi è tra i più bassi del continente (0,6 per 100mila abitanti, contro 0,9 in Europa).
Un bilancio complesso ma positivo
Il Rapporto Bes 2024, corredato da una dashboard interattiva, un’appendice statistica dettagliata e una nota metodologica, offre un quadro ricco ma complesso: un Paese in cui il benessere cresce lentamente, tra luci e ombre, con un Nord sempre più dinamico e un Sud ancora fragile, e un divario con l’Europa che resta ampio, soprattutto su lavoro, istruzione e innovazione.
Ma, come sottolinea l’Istat, il valore del Bes non è solo fotografare la realtà: è misurare la qualità della vita in tutte le sue dimensioni, per capire dove il progresso è reale — e dove, invece, la parola “benessere” resta ancora una promessa.