Dopo 43 giorni di paralisi, è ufficialmente terminato lo shutdown più lungo nella storia degli Stati Uniti. Il presidente Donald Trump ha firmato il decreto che sancisce la riapertura del governo federale, ponendo fine a un periodo di caos politico ed economico che aveva lasciato senza stipendio centinaia di migliaia di dipendenti pubblici.
President Trump signs bill to OFFICIALLY reopen the government, ending the Democrat Shutdown.
Let’s get our country WORKING again. 🇺🇸 pic.twitter.com/QJqX90k9sC
— The White House (@WhiteHouse) November 13, 2025
La cerimonia alla Casa Bianca e l’attacco ai Democratici
Durante la cerimonia nello Studio Ovale, Trump ha celebrato la riapertura del governo ma non ha risparmiato attacchi ai Democratici, accusandoli di aver provocato la crisi per fini politici.
“Oggi stiamo mandando un chiaro messaggio: non cederemo a nuove estorsioni”,
ha dichiarato il presidente, affiancato dallo Speaker repubblicano Mike Johnson e da altri parlamentari del suo partito. “Non si deve più ripetere”, ha aggiunto Trump, rivolgendosi agli americani e invitandoli a ricordare “i 43 giorni di caos” quando sarà il momento di votare alle prossime elezioni di midterm.
Il presidente ha poi rincarato la dose:
“Per 43 giorni i Democratici hanno chiuso il governo per cercare di estorcere soldi al Paese. Hanno bloccato tutto per motivi politici, ma stasera diciamo chiaramente che non lo permetteremo più”.
Un accordo temporaneo per riaprire il governo
Il provvedimento di rifinanziamento, approvato dal Congresso, consentirà di finanziare le attività federali fino al 30 gennaio. L’accordo non include però l’estensione dei sussidi legati all’Obamacare, il punto più controverso che aveva originato il blocco delle attività governative.
Nonostante la riapertura, lo scontro politico non sembra destinato a placarsi. Il leader democratico alla Camera, Hakeem Jeffries, ha confermato che la battaglia sull’assistenza sanitaria “è appena iniziata”.
“I Repubblicani pagheranno le conseguenze alle elezioni di metà mandato del 2026”, ha dichiarato, avvertendo che “senza ulteriori fondi, gli americani li cacceranno dai loro incarichi il prossimo anno”.
Il nodo Obamacare
Al centro dello scontro resta la riforma sanitaria nota come Obamacare, nata per rendere più accessibile e conveniente l’assistenza sanitaria, ampliando la copertura assicurativa e offrendo sussidi alle famiglie a basso reddito.
Secondo le stime, la mancata estensione dei sussidi potrebbe far aumentare i premi assicurativi fino al 114%.
Trump ha ribadito la sua opposizione alla riforma:
“L’Obamacare è stato un disastro fin dall’inizio. Vorremmo che i soldi destinati alle assicurazioni sanitarie andassero direttamente agli americani, così da permettere loro di acquistare la propria copertura sanitaria e diventare manager di se stessi”.
Il presidente ha accusato i Democratici di aver “voluto lo shutdown per motivi puramente politici”.
Il voto al Congresso e il ruolo dello Speaker Johnson
La riapertura del governo è arrivata dopo il voto notturno della Camera dei Rappresentanti, che nella notte del 12 novembre 2025 ha approvato il piano di rifinanziamento delle casse federali.
La seduta ha avuto un valore simbolico anche per un altro motivo: i deputati tornavano infatti al lavoro dopo 54 giorni di pausa. Lo Speaker Mike Johnson, repubblicano della Louisiana, aveva mantenuto la Camera fuori sessione dal 19 settembre per fare pressione sul Senato, che per settimane aveva respinto la proposta di finanziamento del Grand Old Party (GOP).
La svolta è arrivata nel weekend precedente, quando otto senatori democratici hanno rotto la linea di partito e votato a favore del piano, pur senza ottenere concessioni rilevanti. Da quel momento, la fine dello shutdown ha subito un’accelerazione.
Alla Camera, il testo è passato con 222 voti favorevoli e 209 contrari: sei Democratici hanno votato con la maggioranza, mentre due Repubblicani si sono schierati con l’opposizione.
“Ci sentiamo sollevati: la chiusura del governo voluta dai Democratici è finalmente finita”, ha commentato Johnson. “Tutto questo è stato inutile e sciocco. Il risultato era prevedibile: i Democratici non hanno ottenuto nulla con la loro mossa politica egoista”.
Gli effetti dello shutdown e le misure previste
Con la firma del decreto, gli stipendi federali riprenderanno a essere versati già da sabato, come spiegato da un alto funzionario dell’amministrazione.
L’accordo garantisce il finanziamento del governo fino alla fine di gennaio; include tre leggi di stanziamento; annulla oltre 4.000 licenziamenti federali tentati durante la chiusura; impedisce nuovi licenziamenti fino al 31 gennaio e proroga i fondi per il programma di assistenza alimentare SNAP (Supplemental Nutrition Assistance Program) fino a settembre 2026, garantendo supporto a oltre 40 milioni di americani.
La fine dello shutdown consente anche di risolvere l’emergenza nel settore del trasporto aereo, che negli ultimi giorni aveva sfiorato la paralisi. Migliaia di voli erano stati cancellati, mentre 13.000 controllori di volo e 50.000 addetti alla sicurezza avevano lavorato per sei settimane senza stipendio.
Saranno ora pagati gli arretrati, insieme a 650.000 lavoratori federali sospesi dal 1° ottobre e ad altri 600.000 dipendenti costretti a lavorare senza retribuzione durante la crisi.
Lo shutdown nella storia americana
Il primo blocco del governo federale negli Stati Uniti risale al 1976, durante la presidenza di Gerald Ford. Da allora, la chiusura delle attività pubbliche si è verificata venti volte, ma nessuna aveva mai superato le tre settimane.
Quella del 2025, durata 43 giorni, entra dunque nella storia come la più lunga mai registrata, segno di un conflitto politico sempre più profondo tra Repubblicani e Democratici.