Nel silenzio di un borgo appenninico o tra le stradine di un paese affacciato sul mare, un piccolo museo custodisce spesso più di una collezione: conserva la memoria viva di una comunità.
È a questa rete diffusa di “presìdi di identità e conoscenza” che il Ministero della Cultura, guidato da Alessandro Giuli, ha deciso di dedicare un’attenzione concreta, rifinanziando per il 2025 il Fondo per il funzionamento dei piccoli musei, con una dotazione complessiva di 1,9 milioni di euro.
(In copertina “Casa museo della civiltà contadina”)
L’Italia dei piccoli musei: mantenere viva la memoria locale
L’obiettivo è chiaro: rafforzare la presenza e la sostenibilità dei musei di dimensioni ridotte che punteggiano l’Italia, spesso fuori dai circuiti turistici principali ma centrali per la vita culturale dei territori. Non si tratta solo di sostegno economico, ma di un riconoscimento del ruolo che queste realtà svolgono nel mantenere vivo il legame tra patrimonio, comunità e territorio.
Chi sono i “piccoli musei”
La definizione comprende tutte quelle istituzioni permanenti, senza scopo di lucro, che svolgono attività di ricerca, conservazione, interpretazione ed esposizione del patrimonio materiale e immateriale.
Sono musei regionali, civici, privati o legati ad associazioni e fondazioni del Terzo settore, che ogni anno registrano entrate inferiori ai 50.000 euro. Realtà fragili dal punto di vista economico, ma spesso ricchissime di storia, di passione e di volontariato.
Per accedere al Fondo, i musei dovevano rispettare alcuni criteri precisi: avere una sede stabile in Italia, uno statuto o un regolamento che definisca missione e organizzazione, e garantire un’apertura al pubblico di almeno 24 ore settimanali, comprendenti il fine settimana. Nel caso di aperture stagionali, è richiesto un minimo di 100 giorni l’anno.
Non meno importante, la capacità di dialogare con il territorio e con il pubblico: erano infatti ammissibili solo le strutture che, nel biennio 2022-2023, abbiano promosso iniziative rivolte alla comunità locale e che dispongano di strumenti digitali di comunicazione, come un sito web o canali social.
Ventotto progetti per un’Italia diffusa
In totale, ventotto progetti provenienti da tutte le regioni italiane sono stati ammessi al finanziamento. Gli interventi spaziano dal miglioramento dell’accoglienza e della fruizione del pubblico, alla realizzazione di nuovi apparati informativi e multimediali, fino alla mediazione culturale e alla promozione del patrimonio diffuso.
Molti progetti prevedono anche l’abbattimento delle barriere architettoniche, per rendere i musei più accessibili a tutti, e l’allestimento di spazi espositivi più accoglienti e inclusivi.
Dietro ogni intervento c’è una storia locale: un ex convento che diventa museo etnografico, una collezione privata che racconta il lavoro contadino, un archivio comunale che si apre alla cittadinanza. I piccoli musei sono, in fondo, un archivio dell’anima dei luoghi — luoghi dove si intrecciano cultura, artigianato, memoria e identità.
Il valore di una rete culturale che parte dai paesi
L’iniziativa del Ministero punta così a consolidare una rete nazionale dei piccoli musei, riconoscendone il valore non come alternativa ai grandi poli culturali, ma come complemento essenziale del patrimonio italiano.
Ogni piccolo museo diventa un presidio di cittadinanza culturale, un punto di riferimento per le scuole, per i giovani, per chi vive e lavora lontano dai grandi centri urbani.
In un’Italia che rischia di spopolarsi nei suoi borghi e nelle sue aree interne, investire sui piccoli musei significa investire sulla vitalità dei territori, sulla loro capacità di raccontarsi e di rinnovarsi senza perdere autenticità.
La vera forza di questi luoghi non è solo nelle collezioni che custodiscono, ma nelle persone che li animano: volontari, storici locali, amministratori e cittadini che ogni giorno tengono aperta una porta sulla memoria.
E forse proprio da queste realtà, spesso ai margini delle mappe turistiche, passa la sfida più grande: quella di rendere la cultura accessibile, partecipata e davvero condivisa, a partire dai territori in cui nasce.