La Manovra 2026 entra nella sua fase cruciale. Venerdì 14 novembre 2025 alle ore 10 scadrà il termine per la presentazione degli emendamenti in Commissione Bilancio del Senato, passaggio decisivo per definire l’assetto finale della Legge di Bilancio prima del via libera dell’Aula, previsto entro il 15 dicembre. L’obiettivo è chiudere l’iter entro Natale per permettere l’approvazione definitiva alla Camera prima della fine dell’anno.
Il disegno di legge, approvato dal governo il 17 ottobre e presentato al Senato il 22 ottobre, ha un valore complessivo di circa 18,7 miliardi di euro. Le risorse saranno destinate principalmente a Fisco, famiglia, sanità e investimenti, con interventi chiave come il taglio dell’aliquota IRPEF per i redditi tra 28.000 e 50.000 euro, dal 35% al 33%. Ma proprio su questo fronte sono piovute le prime critiche: Istat e Ufficio parlamentare di bilancio hanno segnalato che oltre l’85% dei benefici del taglio finiranno ai redditi più alti.
Il fronte leghista spinge su fisco e pensioni
In Commissione si annunciano numerose proposte di modifica, molte provenienti dagli stessi partiti di maggioranza. La Lega punta ad ampliare la rottamazione delle cartelle, includendo anche chi ha accertamenti in corso o irregolarità formali. Il leader Matteo Salvini parla di una “liberazione per milioni di italiani ostaggio dell’Agenzia delle Entrate”, mentre il sottosegretario al Tesoro Federico Freni apre alla possibilità di una revisione “a saldi invariati”.

Tra le proposte leghiste anche la flat tax al 5% per i giovani under 30 assunti a tempo indeterminato, accompagnata da decontribuzione triennale per le aziende che assumono. Il beneficio potrebbe estendersi fino ai 36 anni nel caso di “rientro dei cervelli”, ossia giovani italiani che tornano dall’estero per lavorare nel Paese.
Sul fronte previdenziale, il partito di Salvini spinge per rivedere la sterilizzazione parziale dell’adeguamento automatico all’aspettativa di vita, prevista dal 2027, giudicata troppo penalizzante.
Cedolare secca e affitti brevi: l’asse Lega-Forza Italia contro l’aumento
Altro nodo caldo è la tassa sugli affitti brevi. Nel testo della manovra, l’aliquota della cedolare secca sale dal 21% al 26% per chi affitta tramite portali o intermediari, restando al 21% solo per chi gestisce in proprio una singola unità. Una misura fortemente contestata da Lega e Forza Italia, che chiedono di cancellarla o quantomeno ridimensionarla.

Il relatore leghista Claudio Borghi ha dichiarato che la norma “è destinata a cambiare”, mentre il vicepremier Antonio Tajani ha ribadito:
“No tasse sulla casa e no doppia tassazione sui dividendi”.
Ammortamenti e incentivi alle imprese: Giorgetti apre al confronto
Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti difende la linea di rigore sui conti ma apre ad alcune modifiche mirate, in particolare su iper e super ammortamento. L’obiettivo è rendere pluriennali gli incentivi per gli investimenti produttivi, fornendo “certezza e capacità di programmazione alle imprese”. Il titolare del Mef punta anche a rafforzare il ruolo delle banche nell’erogazione del credito, invitandole a tornare a sostenere famiglie e imprese.

Sullo sfondo, resta il tema dello sblocco dei crediti d’imposta per le PMI e della stretta sulle compensazioni fiscali che scatterà dal prossimo luglio. Ma il nodo principale rimane quello delle coperture: solo 100 milioni di euro annui sono disponibili per finanziare eventuali modifiche, una “coperta corta” che renderà inevitabili tagli e rimodulazioni interne.
L’opposizione rilancia la patrimoniale
Sul fronte opposto, il centrosinistra riporta al centro del dibattito la patrimoniale. Nicola Fratoianni (Sinistra Italiana) e il segretario della CGIL Maurizio Landini chiedono un contributo dell’1% sui patrimoni oltre i 2 milioni di euro, per riequilibrare il peso fiscale e alleggerire lavoratori e pensionati.

La proposta divide il fronte progressista: Giuseppe Conte e Elly Schlein frenano, sostenendo che una tassa sui grandi patrimoni dovrebbe essere valutata solo “a livello europeo”. Matteo Renzi, invece, attacca duramente:
“Così si fa apparire Meloni come una statista”.
Giorgetti: “Siamo stati massacrati, ma siamo nel giusto”
Il ministro Giorgetti difende la manovra dagli attacchi, respingendo le accuse di favoritismo verso i ceti più abbienti:
“Abbiamo cercato di aiutare chi guadagna cifre ragionevoli, ma siamo stati massacrati da chi ha la possibilità di farlo. Riteniamo di essere nel giusto”.
Con l’avvicinarsi del termine per gli emendamenti, la Legge di Bilancio 2026 si prepara dunque al suo ultimo miglio. In un quadro di risorse limitate e tensioni politiche crescenti, solo una piccola parte delle modifiche potrà entrare nel maxiemendamento del governo.
Ma le prossime ore saranno decisive per capire se la maggioranza riuscirà a trovare la sintesi tra rigore e consenso, in una manovra che – tra flat tax, affitti, rottamazioni e incentivi – rappresenta uno dei test politici più delicati per il governo Meloni.