Ve lo ricordate?

Altro che patrimoniale: quando il Governo in una notte prelevò 11,5 miliardi dai conti correnti degli italiani

Era il 1992 e il Governo prelevò il 6 per mille dai conti e dai depositi di tutti i cittadini per scongiurare una gravissima crisi economica

Altro che patrimoniale: quando il Governo in una notte prelevò 11,5 miliardi dai conti correnti degli italiani

In questi giorni torna d’attualità il dibattito su una ipotetica imposta patrimoniale. Ma chi ha qualche capello bianco si ricorderà quanto accaduto una trentina di anni fa, quando il Governo decise di prelevare 11 miliardi di lire dai conti di tutti gli italiani.

Nel luglio del 1992, in un’Italia attraversata da una grave crisi valutaria e finanziaria, il governo guidato da Giuliano Amato adottò una misura senza precedenti: un prelievo forzoso del 6 per mille sui depositi bancari e postali dei cittadini.

La decisione, inserita nel Decreto-legge 333/1992, fu presentata come un “contributo straordinario di solidarietà” per stabilizzare i conti pubblici e difendere la lira. Tuttavia, la sua attuazione notturna e retroattiva suscitò grande sorpresa e malcontento nell’opinione pubblica, segnando un punto di svolta nel rapporto tra Stato e risparmio privato.

Il contesto economico: l’Italia nella tempesta del 1992

Nel 1992, l’Italia si trovava in una delle più gravi crisi finanziarie del dopoguerra.
Il debito pubblico aveva superato il 105% del PIL, mentre il disavanzo statale sfiorava il 10% del PIL. La lira era sotto pressione nei mercati valutari, e la Banca d’Italia difendeva il cambio all’interno dello SME (Sistema Monetario Europeo) bruciando miliardi di riserve valutarie.

Il decreto Amato: il testo e il meccanismo del prelievo

La misura fu inserita nel Decreto-legge n. 333 dell’11 luglio 1992, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 162 del 11 luglio 1992, e successivamente convertito nella Legge 8 agosto 1992 n. 359.

Estratto dalla Gazzetta Ufficiale

“È istituito un prelievo straordinario del sei per mille sull’ammontare dei depositi bancari, postali e dei conti correnti esistenti alla data del 9 luglio 1992. Il prelievo è effettuato a titolo di imposta di solidarietà per il risanamento del bilancio dello Stato”.

Modalità operative

  • Aliquota: 6 ‰ (0,6 %) sul saldo esistente al 9 luglio 1992
  • Ambito di applicazione: Conti correnti bancari e postali, depositi a risparmio, libretti nominativi e al portator
  • Soggetti interessati: Tutti i titolari, persone fisiche e giuridiche, senza soglie minime
  • Data di prelievo: Applicato retroattivamente (saldo già presente il 9 luglio)
  • Finalità dichiarata: “Contributo straordinario di solidarietà” per sostenere il risanamento del bilancio e la difesa della lira

L’imposta venne prelevata direttamente dagli istituti di credito, che furono obbligati a versarla all’erario, senza possibilità di preavviso per i correntisti.

Le motivazioni: salvare la lira e rassicurare i mercati

Il governo Amato, insediatosi da appena due settimane, ereditò una situazione esplosiva.
Il ministro del Tesoro Piero Barucci e quello delle Finanze Giovanni Goria sostennero che senza un intervento immediato l’Italia avrebbe rischiato la sospensione dei pagamenti pubblici e l’uscita disordinata dallo SME.

Secondo le stime del Tesoro, il prelievo forzoso avrebbe garantito un gettito immediato di circa 11.500 miliardi di lire, da utilizzare per coprire il deficit di cassa.

Amato, in un’intervista a la Repubblica del 12 luglio 1992, definì la misura “dolorosa ma indispensabile per evitare il collasso del sistema”.

Le reazioni: tra sorpresa, sfiducia e ricorsi legali

La misura fu annunciata solo dopo la sua attuazione, provocando sconcerto tra cittadini e operatori finanziari. Molti correntisti si accorsero della trattenuta solo verificando i saldi bancari nei giorni successivi.

Principali critiche:

  • Mancanza di preavviso: ritenuta una violazione del principio di trasparenza amministrativa.
  • Retroattività del provvedimento: contestata da associazioni dei consumatori e da alcuni giuristi.
  • Effetto psicologico negativo: calo di fiducia nel sistema bancario, aumento dei prelievi di contante e trasferimenti all’estero.

La Corte Costituzionale non si pronunciò mai direttamente sul decreto, ma successive sentenze (es. Corte Cost. n. 143/1995) ribadirono che l’imposizione straordinaria retroattiva può essere legittima se motivata da “situazioni eccezionali di interesse pubblico”.

Effetti economici e sociali della misura

Nonostante il prelievo, la crisi valutaria non fu scongiurata: a settembre 1992 la lira fu costretta a uscire dallo SME e venne svalutata del 30 %. Tuttavia, l’operazione fornì un sollievo temporaneo al bilancio pubblico e mostrò ai mercati la determinazione dell’esecutivo.

Profili di legittimità e diritto tributario

Il prelievo del 1992 rappresenta un unicum giuridico nel diritto tributario italiano.
Si trattava, tecnicamente, di un’imposta patrimoniale straordinaria, introdotta con decreto-legge d’urgenza ai sensi dell’art. 77 della Costituzione.

Le questioni principali:

  • Retroattività fiscale – L’imposta colpì patrimoni esistenti a una data anteriore al decreto: un’eccezione al principio di irretroattività sancito dallo Statuto del contribuente (che sarebbe arrivato solo nel 2000, Legge 212/2000).
  • Violazione della tutela del risparmio – Alcuni commentatori ritennero la misura in contrasto con l’art. 47 della Costituzione (“La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme”). Tuttavia, la ratio di “interesse pubblico superiore” prevalette nella prassi giuridica.
  • Natura di imposta straordinaria – In dottrina, (cfr. Tesauro, Rivista di Diritto Finanziario, 1993), fu considerata un’imposta patrimoniale “una tantum”, giustificata dall’eccezionalità dell’evento.

Eredità e insegnamenti

A oltre trent’anni di distanza, il “prelievo Amato” è ancora ricordato come un esempio estremo di intervento statale sui risparmi privati.
Nel dibattito politico e mediatico, viene spesso evocato ogni volta che si ipotizzano nuove tasse patrimoniali o prelievi straordinari in periodi di crisi.

Cosa ha insegnato il 1992:

  • L’importanza della trasparenza e comunicazione delle politiche fiscali.
  • Il rischio di erosione della fiducia nel sistema bancario in caso di misure unilaterali.
  • La necessità di una cornice giuridica chiara per gli interventi d’urgenza sul risparmio.
  • Il valore di un dialogo costante tra Stato, istituti finanziari e cittadini in tempi di crisi.

Conclusione

Il prelievo forzoso del 1992 fu un episodio eccezionale e irripetibile nella storia fiscale italiana.
Nato come misura d’emergenza per evitare una crisi di liquidità, ebbe effetti limitati sul piano macroeconomico, ma fortissimi sul piano psicologico e politico.

Il suo ricordo continua a influenzare il modo in cui gli italiani percepiscono la sicurezza dei propri risparmi e la fiducia nelle istituzioni.

Oggi, alla luce dei principi di trasparenza, partecipazione e stabilità, il caso del 1992 resta un monito: la gestione delle crisi economiche richiede non solo rigore tecnico, ma anche fiducia, equità e comunicazione.