Situazione preoccupante

In metà delle città italiane ci sono più pensionati che lavoratori

Tra il 2025 e il 2029, circa 3 milioni di italiani lasceranno il posto di lavoro, con un ulteriore aggravio della problematica

In metà delle città italiane ci sono più pensionati che lavoratori

Il sistema previdenziale italiano mostra segnali sempre più evidenti di squilibrio. Secondo un’analisi dell’Ufficio studi della CGIA di Mestre, nel 2024 in quasi la metà delle province italiane il numero delle pensioni erogate supera quello dei lavoratori attivi. Una situazione che fotografa con chiarezza le difficoltà strutturali del mercato del lavoro italiano, aggravate da denatalità, invecchiamento della popolazione e alta incidenza di lavoro irregolare.

Lecce, Reggio Calabria e Cosenza guidano la classifica negativa

La provincia più “squilibrata” d’Italia è Lecce, con un saldo negativo tra lavoratori e pensionati pari a -90.306. Seguono Reggio Calabria (-86.977), Cosenza (-80.430), Taranto (-77.958) e Messina (-77.002).
La CGIA sottolinea che l’alto numero di pensioni al Sud non deriva da un eccesso di pensioni di vecchiaia, ma piuttosto dalla diffusione dei trattamenti assistenziali e di invalidità, che incidono in maniera rilevante sul totale.

Questa tendenza riflette una combinazione di fattori interconnessi: denatalità crescente, invecchiamento della popolazione, basso tasso di occupazione rispetto alla media UE e alta incidenza del lavoro nero. Il risultato è una riduzione costante dei contribuenti attivi e un aumento della spesa pubblica destinata al welfare.

Otto province del Nord già in area di rischio

Il fenomeno non riguarda solo il Mezzogiorno. Anche otto province del Nord registrano più pensioni che lavoratori:

  • Rovigo,
  • Sondrio,
  • Alessandria,
  • Vercelli,
  • Biella,
  • Ferrara,
  • Genova,
  • Savona.

In particolare, la Liguria mostra due province su quattro in territorio negativo, mentre il Piemonte ne conta tre. Nel complesso, solo 59 delle 107 province italiane analizzate presentano ancora un saldo positivo.

A livello regionale, la Puglia mostra il disallineamento più marcato con -231.700 unità, mentre tra le poche eccezioni del Mezzogiorno con un bilancio positivo figurano Matera (+938), Pescara (+3.547), Bari (+11.689), Cagliari (+14.014) e Ragusa (+20.333).

Nord in vantaggio, ma la tenuta è a rischio

Le regioni del Centro-Nord mantengono un equilibrio grazie all’aumento dell’occupazione negli ultimi anni. La Lombardia guida la classifica con un saldo positivo di +803.180 lavoratori, seguita da Veneto (+395.338), Lazio (+377.868), Emilia-Romagna (+227.710) e Toscana (+184.266).
Tuttavia, secondo la CGIA, anche in queste aree la tendenza rischia di invertirsi nei prossimi anni.

Lavoro nero e bassa occupazione femminile: i veri nodi

Con un numero crescente di pensionati e una forza lavoro stabile o in calo, la sostenibilità dei conti pubblici è destinata a peggiorare.
La CGIA invita il Governo a contrastare il lavoro nero e a incrementare l’occupazione giovanile e femminile, che in Italia restano tra le più basse d’Europa.

Tre milioni di addii al lavoro entro il 2029

Le prospettive demografiche aggravano il quadro. Tra il 2025 e il 2029, circa 3 milioni di italiani lasceranno il posto di lavoro, di cui oltre 2,2 milioni nelle regioni del Centro-Nord.

L’uscita dei baby boomer dal mercato del lavoro rischia di generare una “fuga” di competenze senza precedenti. Già oggi molte imprese lamentano la difficoltà nel reperire personale qualificato: una criticità destinata a esplodere nei prossimi anni.

L’indice di anzianità dei lavoratori cresce: Basilicata al primo posto

Un ulteriore segnale d’allarme arriva dall’indice di anzianità dei dipendenti privati, che misura il rapporto tra lavoratori over 55 e under 35.

La Basilicata registra il valore più alto (82,7), seguita da Sardegna (82,2), Molise (81,2), Abruzzo (77,5) e Liguria (77,3).

La media nazionale è del 65,2, ma in alcune regioni del Nord — come Lombardia (58,6) ed Emilia-Romagna (63,5) — la situazione resta più equilibrata.

Conclusione: serve una strategia per il futuro del lavoro

Il quadro delineato dalla CGIA conferma che l’Italia si trova davanti a una sfida strutturale di lungo periodo: mantenere in equilibrio un sistema pensionistico sempre più sotto pressione, mentre la popolazione attiva diminuisce.

Senza politiche mirate per stimolare la natalità, far emergere il lavoro irregolare e attrarre nuovi lavoratori, il Paese rischia di affrontare, entro il prossimo decennio, una crisi occupazionale e sociale di portata storica.