nodi irrisolti

Contratto medici di base: firmata la preintesa, ma la categoria resta divisa

Apprezzata la tutela delle donne medico, con orari più flessibili e garanzie durante la maternità. Tuttavia, restano nodi strutturali irrisolti, come la mancanza di investimenti nella medicina di prossimità e nelle Case di Comunità

Contratto medici di base: firmata la preintesa, ma la categoria resta divisa

Mentre in tutta Italia i medici di base hanno scioperato per difendere la loro autonomia professionale, a Roma, lo stesso 5 novembre 2025, arriva la firma sulla preintesa per il rinnovo dell’Accordo Collettivo Nazionale (ACN) della medicina generale per il triennio 2022-2024.

SCIOPERO IN LOMBARDIA, IL SERVIZIO DI TELECITY:

Ma restano molti nodi irrisolti, come la mancanza di investimenti nella medicina di prossimità e nelle Case di Comunità.

Due eventi in contemporanea che raccontano il momento di forte tensione e trasformazione che attraversa la medicina territoriale italiana: da un lato un rinnovo atteso da anni, dall’altro la protesta di una categoria che teme di perdere identità e libertà.

Il rinnovo del contratto: 300 milioni all’anno e aumento del 5,78%

La preintesa è stata siglata tra la Sisac (Struttura Interregionale Sanitari Convenzionati) e i sindacati rappresentativi della medicina generale, della continuità assistenziale e del 118. L’accordo prevede uno stanziamento complessivo di circa 300 milioni di euro l’anno, che si tradurrà in un incremento medio delle retribuzioni del 5,78%.

Circa il 70% dell’aumento sarà destinato alle quote fisse capitarie e orarie, mentre il restante 30% confluirà in un fondo dedicato alle Aggregazioni Funzionali Territoriali (AFT), finalizzato a incentivare le attività di rete e la presa in carico dei pazienti.

Le novità normative e le tutele per i medici

Sul piano normativo, la preintesa introduce alcune modifiche organizzative in vista di una riforma più ampia attesa per il triennio 2025-2027.

  • una maggiore flessibilità per i medici neo-genitori, con tutele specifiche per la maternità e la genitorialità;

  • forme di sostegno per i giovani medici in formazione titolari di incarichi temporanei, per favorire l’ingresso nella rete delle cure primarie;

  • e una collaborazione più stretta tra medici di base e specialisti, soprattutto per garantire appropriatezza prescrittiva e continuità delle cure.

Un capitolo specifico è dedicato al riconoscimento previdenziale, con il recupero dei contributi 2022-2024 e 150 milioni aggiuntivi riferiti al 2024 e al 2025, destinati alla contribuzione pensionistica.

Scotti (Fimmg): “Un passo avanti, ma serve un impegno immediato”

Per Silvestro Scotti, segretario generale della Fimmg, “la firma rilancia la stagione contrattuale che non può dichiararsi conclusa”.

Scotti ricorda come l’accordo arrivi “grazie all’impegno del ministro della Salute, Orazio Schillaci, e del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, che hanno accelerato l’iter di approvazione”.

Ma per il leader sindacale non basta:

“Serve immediatamente il nuovo Atto di indirizzo – spiega – ma non solo: serve un’iniezione di risorse economiche nella legge di Bilancio che dimostri attenzione e fiducia verso il personale convenzionato. Risorse irrinunciabili se si vuole generare carburante per far correre la nostra organizzazione, il personale di studio, le dotazioni strumentali di cui non possiamo più fare a meno”.

Esposito (FMT): “Accordo di transizione, servono risorse strutturali”

Più prudente la valutazione di Francesco Esposito, segretario nazionale della Federazione Medici di Medicina Territoriale (FMT), che definisce la preintesa “un accordo di transizione”.

“La parte economica resta insufficiente rispetto al carico di lavoro e alle responsabilità crescenti della medicina territoriale”, spiega Esposito, sottolineando come “il vero nodo sia quello delle risorse strutturali, indispensabili per sostenere la transizione verso modelli di cura integrati, come le Case di Comunità del PNRR”.

Lo sciopero dello Snami: “Non vogliamo diventare ingranaggi”

Quali sono i punti contestati dai medici di base? La protesta, che ha coinvolto migliaia di medici di famiglia, nasce dall’opposizione al “ruolo unico” previsto dalla nuova Convenzione, in corso di recepimento da parte delle Regioni.

Secondo il presidente nazionale dello Snami, Angelo Testa, la riforma “metterebbe in pericolo l’autonomia dei professionisti e il rapporto diretto con i cittadini, snaturando il ruolo stesso del medico di base”.

Angelo Testa

Testa teme che il medico venga trasformato “in un semplice ingranaggio amministrativo, dipendente dal sistema ma privo delle tutele di un dipendente pubblico”.

Lo Snami chiede inoltre una semplificazione reale delle procedure burocratiche, spesso causa di sovraccarico lavorativo ed una digitalizzazione sostenibile, che riduca i tempi e migliori l’efficienza.

Guardando al futuro, anche una riforma della formazione che riconosca la medicina generale come specializzazione universitaria, aprendo la strada anche a percorsi accademici.

“La medicina di famiglia rischia di estinguersi – avverte Testa –. È il momento di scegliere se vogliamo un sistema sanitario fatto di algoritmi o di persone”.

Dal territorio: “Ogni ora in meno in ambulatorio è tempo tolto ai pazienti”

Sul territorio, il malessere si tocca con mano.

“Non è una decisione presa a cuor leggero – racconta Laura Rossi, medico di medicina generale a Cernusco Lombardone e presidente provinciale Snami Lecco –. I rischi non riguardano solo noi, ma anche i cittadini, che in molte zone d’Italia sono già ‘orfani’ di un medico di base”.

Dottoressa Laura Rossi

Il punto più contestato è proprio il ruolo unico, che obbligherebbe i medici a coprire un certo numero di ore in strutture pubbliche, come Case di Comunità o scuole, in base al numero di pazienti.
“Se ho 1.500 assistiti, dovrei coprire sei ore settimanali in una struttura pubblica, ma nessuno sa dove o con quali mansioni. Ogni ora in più lì dentro sarà un’ora in meno per i pazienti”, spiega Rossi.

La dottoressa parla anche di una “progressiva perdita di identità professionale”:

“Stiamo diventando figure ibride: con gli obblighi di un dipendente, ma senza le sue tutele, e con le spese di un libero professionista, ma senza libertà vera. È un sistema che non regge più”.

Burocrazia e ricambio generazionale: un problema irrisolto

Un altro fronte di disagio è quello della burocrazia digitale.

“La tecnologia dovrebbe semplificare, ma in realtà ci fa perdere tempo – spiega Rossi –. I sistemi informatici non dialogano tra loro e spesso dobbiamo inserire più volte gli stessi dati. Molti di noi finiscono per lavorare la sera o nei weekend, senza alcun riconoscimento. Altro che 38 ore settimanali: il medico di famiglia lavora molto di più, ma nessuno lo vede”.

La mancanza di tutele e la crescente pressione burocratica scoraggiano anche i giovani.

“Un medico oggi non vede prospettive nella medicina generale: troppe ore, poca tutela, nessun riconoscimento accademico”, spiega ancora la presidente dello Snami Lecco. “Se non cambia l’impostazione, la medicina territoriale rischia di collassare. Già oggi migliaia di cittadini, soprattutto in Lombardia, non hanno più un medico di base. Se sparisce il medico di famiglia, sparisce il primo presidio di fiducia del sistema sanitario”.

Una doppia fotografia dello stesso problema

Lo sciopero e la preintesa, avvenuti nello stesso giorno, rappresentano due facce della stessa realtà: un sistema sanitario che prova a riformarsi, ma che resta appesantito da burocrazia, carenze e disuguaglianze.

L’accordo economico è un segnale, ma la vera sfida – dicono i sindacati – è ridare valore e riconoscimento alla medicina territoriale, senza cui il Servizio sanitario nazionale rischia di perdere il suo volto più vicino ai cittadini.