La puntata di Report andata in onda su Rai3, nella serata del 2 novembre 2025, ha scatenato un terremoto istituzionale e politico che travolge l’Autorità garante della privacy. Al centro della vicenda c’è Agostino Ghiglia, uno dei quattro componenti del collegio, finito sotto accusa per presunti legami con Fratelli d’Italia e per un tentativo di bloccare la trasmissione dell’inchiesta che lo riguardava direttamente.

La Rai ha tirato dritto ed autorizzato la messa in onda, non ravvisando elementi per impedirla. Le opposizioni ne chiedono ora le dimissioni, parlando di una perdita di credibilità dell’Autorità.
La multa da 150mila euro e l’inchiesta di Report
La scintilla nasce da una sanzione inflitta alla Rai dal Garante della Privacy: 150mila euro per aver diffuso in una puntata di Report la telefonata privata tra l’allora ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano e la moglie, la giornalista Federica Corsini. La donna chiedeva al marito di bloccare un contratto di consulenza con una collega, Maria Rosaria Boccia.

L’esposto al Garante era partito proprio da Sangiuliano e dalla consorte. Precisamente, il 13 ottobre 2024 l’ex ministro Gennaro Sangiuliano scrisse ad Agostino Ghiglia, e gli inoltrò i due ricorsi presentati a nome suo e della consorte Federica Corsini sulla vicenda Boccia, cioè gli audio della conversazione per cui Report – successivamente – è stata multata con 150 mila euro. Nel messaggio, mostrato in anteprima dalla stessa trasmissione di Ranucci, si legge:
“Buona domenica, caro Agostino. Non chiediamo alcun trattamento di favore, ma solo i diritti di ogni cittadino».
Secondo quanto ricostruito da Report, il procedimento che ha portato alla multa sarebbe stato trattato con una velocità anomala, su impulso di Ghiglia. La trasmissione sostiene che il commissario, considerato vicino a Fratelli d’Italia, avrebbe spinto per una rapida decisione, ottenendo la delibera in tempi molto più brevi del normale.
Il giorno prima della multa e il presunto incontro in via della Scrofa
A rendere ancora più controversa la vicenda è un altro dettaglio. Secondo l’inchiesta giornalistica, nel tardo pomeriggio del 22 ottobre 2025, Ghiglia entra nella sede di Fratelli d’Italia, incontrando Arianna Meloni.
Il giorno dopo, il 23 ottobre, lo stesso Garante vota la sanzione da 150.000 euro alla Rai. Nel comunicato ufficiale si parla di violazioni del Codice della privacy, del Gdpr e delle Regole deontologiche del giornalismo, in relazione alla puntata di Report andata in onda l’8 dicembre 2024, quando fu trasmesso l’audio tra l’ex ministro della Cultura e la moglie.
L’istruttoria era partita proprio in quei giorni di dicembre, e la decisione è arrivata dopo dieci mesi di lavoro.

Una coincidenza che non passa inosservata, accende i riflettori e scuote i palazzi della politica. E riapre, con forza, la questione dell’indipendenza delle Autorità di garanzia.
La circostanza, che Report ha sostenuto di poter documentare attraverso mail e testimonianze, è stata smentita dai diretti interessati. Ghiglia ha spiegato di essersi recato lì solo per parlare con Italo Bocchino, direttore de Il Secolo d’Italia, per motivi editoriali, e di aver incrociato Arianna Meloni “solo di sfuggita”. Tuttavia, secondo quanto riportato da Report e da altre testate, il commissario sarebbe rimasto in sede più a lungo del previsto, alimentando i sospetti di un contatto politico alla vigilia del voto interno al Garante.
La diffida alla Rai e la sfida di Report
Alla vigilia della puntata che lo riguardava (ovvero quella andata in onda ieri sera) Ghiglia ha inviato una diffida formale alla Rai, chiedendo di non trasmettere l’inchiesta. Il commissario ha denunciato una presunta acquisizione illecita di dati personali e una violazione della corrispondenza privata, riservandosi anche di valutare azioni legali.
La Rai, dopo una verifica interna, ha deciso comunque di andare in onda, ritenendo che non ci fossero motivi giuridici per fermare la trasmissione in assenza di un ordine dell’autorità giudiziaria.
Il conduttore Sigfrido Ranucci ha reagito duramente, definendo il tentativo di Ghiglia “un atto di censura”:
“Quello che tenta di fare Ghiglia è mettere un bavaglio. È gravissimo, si tratta di interruzione di servizio pubblico.”
La puntata, trasmessa regolarmente, ha avuto ascolti record: 1,7 milioni di spettatori e quasi il 10% di share.
L’inchiesta del programma non si limita al caso Sangiuliano. Ranucci e la sua squadra ricostruiscono una serie di episodi che metterebbero in dubbio la piena indipendenza e terzietà del Garante.
Secondo Report, Ghiglia avrebbe chiesto verifiche “urgenti” per valutare la possibilità di limitare la diffusione di dati legati alla ristrutturazione della villa della premier Giorgia Meloni.
Ma non solo: avrebbe anche seguito da vicino decisioni su altre inchieste giornalistiche riguardanti Fratelli d’Italia, come quella di Fanpage su “Gioventù d’Italia” e il libro “Fratelli di chat” di Giacomo Salvini. Sempre secondo la squadra di Ranucci, Ghiglia avrebbe favorito alcuni dirigenti o funzionari interni con rapporti personali o familiari con esponenti del partito di governo
Accuse che hanno alimentato forti tensioni politiche.
Le opposizioni all’attacco: “Si dimetta subito”
Le reazioni politiche sono state immediate. I parlamentari del Movimento 5 Stelle hanno parlato di “tentativo di bavaglio” e di “strumentalizzazione dell’Autorità per fini politici”.
“Ghiglia – dicono – agisce come mero esecutore degli ordini di Fratelli d’Italia. Lasci subito l’incarico”.
Nel Partito Democratico, il responsabile Informazione Sandro Ruotolo ha espresso preoccupazione per la credibilità del Garante:
“Ogni decisione dell’Autorità per la Privacy sarà da oggi segnata da un’ombra: non sapremo più se è stata presa in piena autonomia o dopo essersi consultati con il partito di riferimento.”
Il collega Walter Verini, capogruppo Pd in Commissione Antimafia, ha definito “paradossale” che chi deve garantire la privacy dei cittadini “voglia in realtà garantire solo se stesso”.
Anche Angelo Bonelli (Alleanza Verdi e Sinistra) ha chiesto le dimissioni immediate non solo di Ghiglia, ma dell’intero collegio del Garante, parlando di “precedente pericoloso”.
Per il centrosinistra, la vicenda rappresenta un segnale d’allarme sulla trasformazione dell’Autorità in un “tribunale politico” vicino al partito di governo.
Il silenzio (e la difesa indiretta) della maggioranza
Dal fronte della maggioranza, invece, prevale il basso profilo. Nessuna richiesta di dimissioni, nessuna nota ufficiale da Palazzo Chigi.
Arianna Meloni ha respinto con fermezza ogni ipotesi di interferenza, parlando di “clima da caccia alle streghe”. Italo Bocchino ha ribadito che l’incontro con Ghiglia era “di natura editoriale”, slegato dal caso Report.
La linea del partito è quella di difendere l’indipendenza dell’Autorità, ricordando che i suoi componenti sono stati nominati nel 2020, durante una maggioranza diversa dall’attuale governo Meloni. Inoltre, la multa alla Rai – precisano fonti di FdI – è stata decisa “dal collegio, non da un singolo commissario”.