Rischio guerra

Trump schiera l’esercito nei Caraibi: “Maduro ha i giorni contati”

Il presidente Usa: "Ma non rivelo i piani d'attacco a una giornalista". La Russia potrebbe dare al Venezuela missili ipersonici

Trump schiera l’esercito nei Caraibi: “Maduro ha i giorni contati”

Una nave lanciamissili, un sottomarino, la portaerei Ford, reparti di Marines: gli Stati Uniti schierano l’esercito nei Caraibi e in Venezuela sale la tensione. Secondo Donald Trump, il presidente Nicolás Maduro “ha i giorni contati”, ma all’orizzonte c’è anche il pericolo di un intervento della Russia a fianco di Caracas.

Vladimir Putin ha ricordato che Mosca vanta un accordo di partenariato strategico con Caracas, e l’ombra di una “nuova Cuba” sembra profilarsi all’orizzonte.

Marines Usa a Porto Rico

Quello che al momento è certo è che il Pentagono ha riferito che il Corpo dei Marines ha condotto esercitazioni di sbarco e infiltrazione, pubblicando un messaggio su X accompagnato da un video in cui si segnala che la 22esima Unità di Spedizione dei Marines ha realizzato “operazioni di addestramento a Porto Rico”.

Il filmato mostra un mezzo anfibio che trasporta truppe, veicoli e attrezzature impegnato in un’operazione supportata da diversi elicotteri dai quali i militari si esercitano negli sbarchi.

“Le forze statunitensi – si legge nel post – sono schierate nei Caraibi a supporto della missione del Comando Sud, delle operazioni dirette dal Dipartimento della Guerra e delle priorità del presidente degli Stati Uniti per contrastare il traffico illecito di droga e proteggere la patria”.

Trump: “Maduro ha i giorni contati”

he sia l’inizio di una guerra vera e propria con il Venezuela non è scontato, ma intanto, Donald Trump ha dichiarato che, secondo lui, Maduro “ha i giorni contati” al vertice del Venezuela.

Intervistato durante il programma 60 Minutes, alla domanda se gli Stati Uniti intervenissero militarmente ha risposto con un “ne dubito, non credo”, ma quando gli è stato chiesto se crede che Maduro possa essere presto rimosso ha risposto “direi di sì”, aggiungendo anche che “non rivela i piani di guerra a una giornalista (Norah O’Donnell, nell’occasione, ndr)”.

La mano della CIA e il piano per arrestare Maduro

A rendere ancora più complessa la situazione, il fatto che, secondo fonti USA, la CIA avrebbe partecipato direttamente ai raid navali che hanno portato alla distruzione di battelli di contrabbandieri venezuelani, causando 65 morti. La CIA avrebbe fornito foto satellitari, tracciamenti di motoscafi e sommergibili, e raccolto informazioni all’interno dell’establishment politico-militare venezuelano.

In un caso, emerge un piano del 2024 che prevedeva il reclutamento del pilota personale di Maduro, Bitner Villareal, per dirottare l’aereo presidenziale verso un paese dove gli USA avrebbero potuto arrestarlo. Il governo venezuelano ha denunciato che oltre a questo piano sarebbe stata preparata una provocazione da attribuire a Caracas: un attentato contro una unità della Marina USA durante una sosta a Trinidad e Tobago.

Perché gli Usa accusano il Venezuela

Ma da cosa nasce la “battaglia” degli Stati Uniti contro il Venezuela?

Diversamente da paesi come la Colombia, il Perù o la Bolivia, il Venezuela non è un produttore diretto di cocaina su vasta scala. Tuttavia, rapporti della Drug Enforcement Administration (DEA) degli Stati Uniti indicano una profonda penetrazione del narcotraffico all’interno dell’apparato politico e militare venezuelano. Il regime di Maduro, secondo gli USA, tollera o facilita il traffico di cocaina come importante fonte di liquidità. Un rapporto del 2020 della DEA segnala che circa il 74% della cocaina nel 2019 è transitata dal Pacifico, e non dal Mar dei Caraibi, passando però anche per rotte che vedono il Venezuela come punto di decollo o transito.

Caracas, invece, non esporterebbe il Fentanyl, controllato dai cartelli messicani, e da tempo osteggiato da Trump.

L’ombra della Russia

A complicare ulteriormente il quadro geopolitico, poi, ci sono gli oltre 350 accordi bilaterali tra Russia e Venezuela. 

Caracas è uno dei principali partner tecnico-militari di Mosca: i caccia russi Su-30 Mk2 costituiscono la spina dorsale dell’aeronautica venezuelana, e sono stati consegnati battaglioni di missili S-300 vm, oltre a sistemi Pantsir-S1 e Buk-M2E. Secondo il primo vicepresidente della Commissione Difesa della Duma, Alcesej Zhuravlëv, la Russia fornisce praticamente l’intera gamma di armi al Paese.

Sergej Kurginjan, politologo e leader del movimento nazionalista “Essenza del tempo”, intervistato da Radio Zvezda di proprietà del ministero della Difesa, ha dichiarato che, qualora Mosca decidesse di armare completamente l’esercito venezuelano, nel giro di pochi anni potrebbe equipaggiarlo al punto da mettere in discussione la supremazia aerea statunitense nella regione.

L’analista militare Rostislav Ishchenko sostiene invece che la Russia non avrebbe la capacità di fermare un attacco diretto degli Stati Uniti contro il Venezuela, ma potrebbe fornire sostegno politico, economico e militare, contribuendo a complicare eventuali interventi statunitensi tramite escalation asimmetrica.

Che cosa aspettarsi

La situazione in Venezuela si trova oggi all’indice incrociato di due grandi potenze. Mentre gli Stati Uniti riflettono su come agire contro un regime accusato di narcotraffico e destabilizzazione regionale, la Russia rafforza i legami militari con Caracas. In questo contesto, la leadership di Nicolás Maduro appare più vulnerabile, ma non è certo che un cambio di regime avvenga in maniera imminente o lineare. Il rischio di escalation e il coinvolgimento di attori internazionali rendono ogni passo potenzialmente ad alto impatto.

LEGGI ANCHE: La più grave crisi nei Caraibi dai tempi di Kennedy