AULA DIVISA

Riforma della Giustizia, sì del Senato: ora il referendum

La riforma introduce la separazione delle carriere dei magistrati. Grande soddisfazione per la maggioranza, proteste dell'opposizione

Riforma della Giustizia, sì del Senato: ora il referendum

Il Senato ha approvato in via definitiva la riforma costituzionale della giustizia che introduce la separazione delle carriere dei magistrati.

Il disegno di legge, firmato dal presidente del Consiglio Giorgia Meloni e dal ministro della Giustizia Carlo Nordio, ha ottenuto 112 voti favorevoli, 59 contrari e 9 astensioni. Si tratta del quarto e ultimo passaggio parlamentare previsto dall’articolo 138 della Costituzione.

Poiché non è stata raggiunta la maggioranza dei due terzi dei voti, la riforma dovrà ora essere sottoposta a referendum confermativo. Tale consultazione potrà essere richiesta da un quinto dei membri di una Camera, da 500mila elettori o da cinque Consigli regionali. Sia la maggioranza che l’opposizione hanno già annunciato l’intenzione di avviare le procedure per chiederlo. Il referendum, secondo quanto anticipato dal ministro Nordio, si terrà tra marzo e aprile 2026.

La riforma è stata approvata dal Senato con 112 voti favorevoli

L’approvazione della riforma arriva a poche ore di distanza dallo stop del Ponte sullo Stretto di Messina per decisione della Corte dei Conti, che aveva fatto parlare Girogia Meloni di “atto di invasione della giurisdizione” .

Un’aula divisa: applausi e proteste

Durante la seduta, i senatori del Partito democratico, del Movimento 5 Stelle e di Alleanza Verdi e Sinistra hanno protestato mostrando cartelli con la scritta No ai pieni poteri. Dai banchi del centrodestra, invece, si sono levati applausi al momento del voto.

La protesta in Senato del M5S

L’aula si è infiammata durante l’intervento di Roberto Scarpinato (M5S), che ha dichiarato il voto contrario del suo gruppo. Le sue parole hanno suscitato forti reazioni dai banchi di Forza Italia, costringendo il presidente del Senato Ignazio La Russa a intervenire per ristabilire l’ordine.

Le reazioni politiche

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha definito l’approvazione della riforma un traguardo storico e “un passo importante verso un sistema più efficiente, equilibrato e vicino ai cittadini. Ha sottolineato come ora “la parola passerà ai cittadini, che saranno chiamati ad esprimersi attraverso il referendum confermativo, aggiungendo che un’Italia più giusta è anche un’Italia più forte.

Soddisfazione anche dal ministro Carlo Nordio, che ha ringraziato il Parlamento e dichiarato:

Non si tratta di una legge punitiva contro la magistratura. Fu Giuliano Vassalli a proporre per primo la separazione delle carriere. Trovo improprio parlare di attentato alla Costituzione.

Il Guardasigilli ha inoltre auspicato un referendum pacato e non politicizzato, annunciando di essere pronto a impegnarsi in prima persona e a confrontarsi pubblicamente con l’Associazione nazionale magistrati.

Dello stesso tenore le parole del vicepremier Antonio Tajani, che ha parlato di una giornata storica e di “una giustizia finalmente al servizio del cittadino”, sottolineando come la riforma realizzi il sogno di Silvio Berlusconi di una giustizia giusta.

Anche la vicepresidente del Senato e senatrice di Forza Italia Licia Ronzulli ha celebrato l’approvazione come “la realizzazione del sogno di Berlusconi, aggiungendo che “con questa riforma la bilancia della giustizia torna a essere equilibrata”.

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Giuseppe Conte

Dall’opposizione, invece, durissime le critiche. Il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte ha parlato di un disegno di scardinamento della Costituzione e di un tentativo di depotenziamento della magistratura, accusando il governo di voler pieni poteri. Secondo Conte, “non è uno scontro tra destra e sinistra ma tra chi vuole difendere i pilastri della Costituzione e chi vuole il governo sopra la legge”.

Peppe De Cristofaro (Avs) ha definito la riforma una vendetta politica, sostenendo che la maggioranza è ossessionata dalle toghe rosse. Il senatore del Pd Andrea Giorgis ha parlato di arroganza politica e di “una riforma sconclusionata e pericolosa per l’autonomia della magistratura”.

Da Italia Viva, Matteo Renzi ha mantenuto una posizione intermedia:

Siamo favorevoli da sempre alla separazione delle carriere, ma oggi ci asteniamo perché la montagna ha partorito un topolino. Non è una svolta, ma una riformicchia.

Le reazioni della magistratura

L’Associazione nazionale magistrati (Anm) ha espresso forte preoccupazione. In una nota, la Giunta esecutiva centrale ha affermato che la riforma “altera l’assetto dei poteri disegnato dai costituenti e mette in pericolo la piena realizzazione del principio di uguaglianza dei cittadini davanti alla legge”.

Secondo l’Anm, il nuovo sistema non migliorerà l’efficienza della giustizia, ma la renderà più esposta all’influenza dei poteri esterni, aumentando i costi e complicando la gestione del Consiglio superiore della magistratura.

Il segretario generale dell’Anm, Rocco Maruotti, ha inoltre criticato la riforma della Corte dei Conti, sostenendo che il governo vuole giudici asserviti e che l’insofferenza verso i controlli di legalità rappresenta un segnale preoccupante.

Cosa prevede la riforma

La riforma introduce la separazione delle carriere dei magistrati, prevedendo concorsi distinti per la magistratura giudicante e per quella requirente, con carriere e organi di autogoverno separati. È inoltre prevista l’istituzione di un’Alta corte disciplinare e la divisione del Consiglio superiore della magistratura in due organismi distinti, uno per i giudici e uno per i pubblici ministeri.

L’obiettivo dichiarato dal governo è garantire maggiore imparzialità e parità tra accusa e difesa nei processi. Secondo i critici, però, la riforma rischia di indebolire l’autonomia e l’indipendenza della magistratura, alterando l’equilibrio tra i poteri dello Stato.

Il referendum confermativo

Il testo, non modificato durante l’iter parlamentare, dovrà ora essere confermato dai cittadini. Poiché non è stato raggiunto il quorum dei due terzi, il referendum sarà obbligatorio. Il voto potrebbe svolgersi tra la metà di aprile e l’inizio di giugno 2026. Fino ad allora, la riforma non entrerà in vigore. Entrambe le parti, maggioranza e opposizione, si preparano dunque a una lunga campagna referendaria.