PARADOSSALE

“Chiusura forzata”, gli Usa sono in “shutdown” da un mese: dipendenti pubblici senza stipendio e assistenza alimentare in esaurimento

Le imprese che lavorano con lo Stato subiscono ritardi nei pagamenti e blocchi nei progetti; i consumi calano perché i dipendenti federali rimandano le spese; i dati economici ufficiali vengono pubblicati in ritardo, complicando le decisioni di politica monetaria della Federal Reserve

“Chiusura forzata”, gli Usa sono in “shutdown” da un mese: dipendenti pubblici senza stipendio e assistenza alimentare in esaurimento

Del verbo “annoiarsi” Donald Trump non sembra davvero conoscerne l’esistenza.

Non bastassero le situazioni in Ucraina e a Gaza dove è impegnato ormai da tempo per una duratura soluzione dei conflitti (anche con velleità personali di vedersi assegnato nel 2026 il Premio Nobel per la Pace), il presidente Usa è anche alle prese con un delicatissimo “risiko” di politica economica interna che di riflesso vede anche un accesso scontro tra Repubblicani e Democratici.

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Il presidente americano Donald Trump

E che, ancor più a cascata, concretamente, vede in apprensione milioni di americani.

Non solo politica estera, l’altro nodo di Trump: lo “shutdown”

Negli Stati Uniti infatti il Governo federale è ufficialmente in “shutdown”: gran parte delle sue attività è sospesa, centinaia di migliaia di dipendenti sono senza stipendio e servizi essenziali per milioni di cittadini rischiano di fermarsi.

Ma come si è arrivati a questo punto?

E chi porta la responsabilità di una crisi che, se dovesse protrarsi, potrebbe colpire duramente l’economia americana e la fiducia dei mercati globali con inevitabili ripercussioni anche sulle Borse?

Le origini dello scontro: il bilancio bloccato e il braccio di ferro politico

Vale la pena ricordare che ogni anno il Congresso deve approvare una legge di spesa per finanziare il Governo federale.

Quest’anno, la divisione tra i due partiti è esplosa sulla legge di bilancio provvisoria (Continuing Resolution), necessaria per mantenere aperte le attività.

Ecco allora che i repubblicani, guidati appunto dal presidente Donald Trump, chiedono tagli profondi alla spesa pubblica, in particolare ai programmi sociali e sanitari, e vogliono limitare i fondi destinati all’immigrazione e all’Obamacare.

Dalla loro, i democratici, che hanno un peso non indifferente al Senato, si oppongono a quella che senza mezzi termini definiscono una “politica del ricatto”, chiedendo invece il rinnovo dei sussidi sanitari dell’Affordable Care Act e la tutela dei programmi alimentari per le fasce più deboli.

Come ormai noto però, l’impasse non è stata risolta prima della scadenza di legge, e da allora il Governo ha dovuto sospendere tutte le attività considerate “non essenziali”.

Le posizioni contrapposte, come si è arrivati a questa situazione e perché

Dunque a oggi la situazione nasce da uno scontro politico radicale tra Trump e i democratici al Congresso sul bilancio federale e sul rifinanziamento di alcuni programmi chiave (immigrazione, sanità e welfare).

Trump ha messo sul tavolo condizioni durissime e usa lo shutdown come leva politica per piegare l’opposizione e tagliare la spesa sociale.

Ma i democratici, dal canto loro, di fare un passo indietro non ne vogliono sapere e in concreto si rifiutano di approvare un bilancio che smantelli SNAP, WIC e i sussidi dell’Obamacare.

È un braccio di ferro ideologico e di fatto pre-elettorale, in cui nessuno vuole apparire debole e perdere consenso.

Anche se val la pena ricordare che la situazione di impasse e di “blocco” delle attività interessa sia Stati a guida democratica che quelli a guida repubblicana.

Dunque, una criticità, specie se guardiamo alle tasche dei cittadini americani, decisamente bipartisan.

Trump accusa i democratici, ma la paralisi pesa su tutto il Paese

Trump ha definito lo shutdown una “forced closure”, una chiusura forzata causata secondo il numero uno della Casa Bianca dalle “folli richieste” dei democratici, colpevoli di voler mantenere confini aperti e programmi sociali “insostenibili”.

Da qui, la promessa di approfittare della crisi per “eliminare sprechi e inefficienze” nella macchina federale, ma la sua Amministrazione appare sempre più sotto pressione per gli effetti economici e sociali del blocco.

Perché, come detto, l’attuale paralisi pesa su tutto il Paese, senza distinzioni di simpatie e appartenenze politiche.

Gli effetti immediati: sussidi, sanità e stipendi bloccati

Lo shutdown, ormai vicino a compiere un mese, sta entrando in una fase critica.

A giorni, cioè con l’inizio del nuovo mese, dal 1° novembre potrebbero interrompersi:

  • i sussidi alimentari SNAP, da cui dipendono 40 milioni di americani a basso reddito;

  • il programma WIC, dedicato a donne, neonati e bambini;

  • Head Start, che offre istruzione e pasti ai bambini di famiglie povere.

Cosa si è già fermato, le contromisure, ma la “coperta” è corta

Nel frattempo, i controllori di volo e gli agenti della TSA hanno perso il loro intero stipendio, e cresce il rischio di disagi e ritardi nel traffico aereo.

Anche se il Pentagono è riuscito temporaneamente a garantire la paga ai militari in servizio attivo, le risorse disponibili stanno per esaurirsi.

Sul fronte sanitario, lo scontro si concentra sull’Affordable Care Act: i democratici vogliono prorogare i sussidi che mantengono bassi i premi assicurativi, mentre i repubblicani ritengono che i fondi — introdotti durante la pandemia — debbano scadere.

Se non si troverà un accordo, milioni di americani rischiano un aumento dei costi sanitari già dal 2026.

Impatti economici e fiducia dei mercati

Ogni settimana di shutdown costa all’economia americana circa 15 miliardi di dollari di PIL, secondo le stime della Casa Bianca.

Le imprese che lavorano con lo Stato subiscono ritardi nei pagamenti e blocchi nei progetti; i consumi calano perché i dipendenti federali rimandano le spese; i dati economici ufficiali vengono pubblicati in ritardo, complicando le decisioni di politica monetaria della Federal Reserve.

In breve, cresce l’incertezza e si deteriora la fiducia: un rischio serio per i mercati finanziari e per il rating del credito USA.

Le prospettive: una crisi politica che può diventare economica

Se lo shutdown dovesse durare ancora qualche settimana, gli effetti sarebbero contenuti ma significativi.

Se invece si prolungasse oltre novembre, gli analisti prevedono danni permanenti agli investimenti pubblici, alla fiducia dei consumatori e alla reputazione internazionale degli Stati Uniti.

Come ha dichiarato il senatore repubblicano John Boozman che forse in una sorta di autocritica ha dichiarato:

Il senatore repubblicano John Boozman

“Tenere in ostaggio milioni di famiglie americane non può essere una strategia politica”.

Ma al momento, la distanza tra la Casa Bianca e il Congresso resta profonda: e lo shutdown, nato come braccio di ferro tra partiti, rischia di trasformarsi in una crisi sociale nazionale.