Procedono a rilento le operazioni di consegna dei corpi degli ostaggi uccisi da Hamas. Secondo quanto riferito dall’emittente pubblica israeliana Kan, a oggi Israele non è in grado di stabilire la posizione di quattro dei 13 corpi di ostaggi che si ritiene ancora si trovino nella Striscia di Gaza.
Nel briefing con il vicepresidente statunitense JD Vance, il capo di stato maggiore delle IDF, tenente generale Eyal Zamir, avrebbe sottolineato l’importanza del recupero delle salme, citando il caso emblematico del soldato Hadar Goldin, ucciso nel 2014 e fino ad oggi oggetto di lunghe ricerche.

Gaza, tutti i nodi della restituzione dei corpi
La questione vive l’ennesimo momento di stallo. I funzionari israeliani sostengono che Hamas potrebbe restituire alcuni corpi, ma il gruppo ribadisce di avere bisogno di assistenza per localizzarli e recuperarli. Nelle ultime ore squadre della Crocce Rossa e della delegazione egiziana hanno avviato ricerche congiunte per individuare le salme, un’operazione che mette in luce la complessità — umana, politica e operativa — del recupero in una zona ancora affetta da instabilità.
Attacco a pattuglia Unifil: accuse di violazione della sovranità libanese
Intanto, la tensione resta altissima. Nelle ultime ore, l’Unifil, la missione di peacekeeping dell’ONU in Libano, ha denunciato un attacco attribuito a forze israeliane nei pressi di Kfar Kila (sud-est del Libano). Secondo la nota ufficiale, un drone si sarebbe avvicinato a una pattuglia dell’Unifil intorno alle 17:45, sganciando una granata; successivamente un carro armato israeliano avrebbe sparato verso la stessa area. Fortunatamente non si registrano feriti.

L’Unifil ha inoltre riferito di un incidente precedente nello stesso luogo, definendo le azioni come una violazione della risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza e della sovranità libanese. La missione sostiene che le forze di peacekeeping hanno adottato contromisure difensive per neutralizzare il drone.
Fonti locali e l’agenzia palestinese Wafa riportano inoltre la morte di un civile palestinese e il ferimento di altri, alcuni in condizioni critiche, a seguito di un attacco con drone a Abasan al Kabira, a est di Khan Younis (sud della Striscia). L’azione sarebbe avvenuta mentre residenti ispezionavano abitazioni danneggiate da precedenti bombardamenti. L’area, pur risultando formalmente sotto controllo israeliano in base al cessate il fuoco, è stata teatro di ripetuti episodi di tensione nelle ultime settimane. Al momento l’esercito israeliano non ha rilasciato commenti ufficiali sull’accaduto.
Amjad Shawa nominato leader del nuovo consiglio tecnocratico a Gaza
Nel frattempo Amjad Shawa, capo di una rete della società civile a Gaza, è stato designato da Hamas e dall’Autorità Palestinese come leader approvato del nuovo consiglio tecnocratico che guiderà la Striscia di Gaza. La notizia è stata riportata domenica sera dall’emittente pubblica israeliana KAN News.

Secondo quanto riferito da KAN, l’approvazione di Shawa è stata decisa durante un incontro la scorsa settimana al Cairo tra Hamas, l’Autorità Palestinese e i servizi segreti egiziani. La nomina ufficiale, tuttavia, rimane subordinata al via libera degli Stati Uniti.
Fonti palestinesi hanno precisato a KAN che “Amjad Shawa è filo-Hamas senza essere un uomo di Hamas”. La selezione dei membri del consiglio è stata suddivisa: Hamas ha scelto metà dei candidati, mentre l’Autorità Palestinese ha nominato l’altra metà. Durante il vertice al Cairo, l’Egitto ha presentato la lista completa a Hamas, in un tentativo di “placare l’organizzazione”.
Forza internazionale a Gaza: presenza di truppe da Pakistan, Indonesia e Azerbaigian
Un altro nodo da sciogliere è quello della forza internazionale a Gaza. Fonti della difesa israeliana, nel corso di un briefing riservato ai deputati della Commissione Affari Esteri e Difesa della Knesset, hanno indicato che la futura forza internazionale incaricata di stabilizzare la Striscia di Gaza includerà contingenti provenienti da Pakistan, Indonesia e Azerbaigian. L’Indonesia aveva già manifestato pubblicamente la disponibilità a inviare truppe; analoghe conferme sul coinvolgimento dell’Azerbaigian sono state riferite da alcuni funzionari.
Rimangono anche qui numerose questioni aperte: mandato, regole d’ingaggio, controllo politico e legittimazione internazionale della forza rimangono punti critici.
Anche perché il primo ministro Benjamin Netanyahu ha ribadito che Israele intende conservare il diritto di veto sui membri della forza di sicurezza che opererà a Gaza e ha sottolineato che Tel Aviv non necessita di alcun via libera esterno per colpire i propri nemici, definendo la politica di sicurezza come “nelle nostre mani”.
Netanyahu ha inoltre affermato che la questione delle armi di Hamas è strettamente connessa all’esistenza dell’occupazione e alla percezione di minaccia, indicando che la consegna delle armi allo Stato sarebbe un risultato legato a un cambiamento più ampio nelle condizioni politiche e territoriali.