Situazione tesa

Hamas: “Cinque palestinesi uccisi, Israele ha violato il cessate il fuoco”. Tregua già a rischio

Secondo l'Idf si sarebbero avvicinati troppo alle truppe in ritiro oltre la “linea gialla” stabilita dall’accordo. Il nodo della restituzione dei corpi

Hamas: “Cinque palestinesi uccisi, Israele ha violato il cessate il fuoco”. Tregua già a rischio

La prima fase dell’intesa di pace tra Israele e Hamas, sancita da un cessate il fuoco e uno scambio di ostaggi e prigionieri, è oggi sotto forte pressione. L’uccisione di alcuni civili palestinesi nella Striscia di Gaza nella mattina di martedì 14 ottobre 2025, un giorno dopo il summit di Sharm el-Sheikh dedicato alla firma del piano, è stata definita da Hamas “una violazione del cessate il fuoco”.  

Hazem Qassem, portavoce di Hamas, ha richiesto che i mediatori internazionali vigilino sul comportamento israeliano con rigore, senza consentire elusioni o abusi. Il quotidiano israeliano Haaretz riporta le sue parole, ribadendo che ogni inadempienza potrebbe compromettere l’intero accordo.

Lo scontro sulle responsabilità: Israele risponde

Secondo l’IDF (le Forze di Difesa israeliane), cinque palestinesi sarebbero stati colpiti nel quartiere di Shejaiya, a est di Gaza City, perché si sarebbero avvicinati troppo alle truppe in ritiro oltre la “linea gialla” stabilita dall’accordo. I militari affermano di aver tentato un avviso di allontanamento, poi – in assenza di reazione – hanno aperto il fuoco per “eliminare la minaccia”.

Israele contesta anche Hamas per non aver consegnato tutti i corpi degli ostaggi deceduti, in violazione degli obblighi presi durante il negoziato. Finora, solo quattro salme sono state restituite, e Israele reclama la restituzione delle restanti 24.  Una fonte militare israeliana ha dichiarato che l’ulteriore mancata restituzione costringerà i vertici politici a valutare la chiusura dei valichi d’accesso agli aiuti (ad esempio Rafah).

Le sfide dell’identificazione: la Croce Rossa lancia l’allarme

Il Comitato Internazionale della Croce Rossa (ICRC) ha definito la restituzione dei corpi “una sfida enorme”, rilevando che l’individuazione tra le macerie potrebbe richiedere giorni o addirittura settimane, e che non è escluso che alcuni resti non vengano mai recuperati.  Christian Cardon, portavoce dell’ICRC, ha affermato che il compito è “ancora più difficile” del rilascio dei sopravvissuti.

Cosa prevede la fase 2 del piano di pace: ricostruzione, sicurezza, ruolo di Hamas

Durante il vertice di Sharm el-Sheikh è stato ufficializzato l’avvio della fase 2 del piano per Gaza, una fase cruciale per tradurre le promesse in fatti concreti.

Uno dei punti più controversi è il possibile ruolo di Hamas come forza di polizia palestinese, seppure con limiti: l’amministrazione americana avrebbe dato il via libera per un periodo temporaneo, come parte del quadro di stabilizzazione. In parallelo, è previsto un organo transitorio di governance (un “Board” o Comitato) che supervisioni l’amministrazione civile e l’erogazione degli aiuti.

La ricostruzione di Gaza appare già nei piani: a novembre sarebbe programmato un vertice al Cairo per coordinare gli investimenti e i donatori internazionali.  Tuttavia, gli osservatori avvertono che le prime “insidie” si concentreranno proprio nella tenuta del cessate il fuoco, nella gestione della sicurezza sul terreno e nella credibilità dell’implementazione.

Analisi e prospettive: perché l’accordo resta fragile

Incertezza militare e ambiguo rispetto delle regole
Le reciproche accuse di violazione del cessate il fuoco e le tensioni sul campo non fanno che mettere in luce quanto sia delicato il passaggio tra la diplomazia e la realtà operativa.

Problema della restituzione dei corpi: dimensione emotiva e legale
La mancata restituzione di molti corpi alimenta tensioni, richieste di responsabilità e rischi di reazioni unilaterali. La difficoltà tecnica nel recupero diventa anche un dossier diplomatico sensibile.

Il ruolo futuro di Hamas e il controllo della sicurezza
Se Hamas dovesse essere incaricata come forza di polizia, sorgerebbero questioni delicate: disarmo, coordinamento con le autorità internazionali, controllo territoriale e legittimazione politica.

Ricostruzione: impegno finanziario e coordinamento internazionale
Gaza è ormai distrutta in larga parte e il fabbisogno stimato è enorme: ogni ritardo o disfunzione nella fase 2 rischia di delegittimare l’intero processo. Secondo le stime dell’Onu, la Striscia avrebbe bisogno di decine di miliardi di dollari per la ricostruzione (come segnalato in reportage internazionali).

Credibilità dei mediatori e monitoraggio
Affinché l’accordo regga, i mediatori (Egitto, Stati Uniti, Qatar, Turchia) dovranno esercitare un controllo rigoroso, garantire trasparenza e rispondere prontamente alle violazioni.