Dopo 737 giorni di prigionia, tornano a casa gli ostaggi israeliani rapiti da Hamas grazie all’intesa raggiunta sul piano di cessate il fuoco proposto dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump.
President Donald J. Trump delivers remarks to Israel’s Knesset in Jerusalem. 🇺🇸
“After two harrowing years in darkness & captivity, 20 courageous hostages are returning to the glorious embrace of their families… Today, the sun rises on a Holy Land that is finally at PEACE.” pic.twitter.com/edHG5ndSM5
— The White House (@WhiteHouse) October 13, 2025
La giornata è storica: nel pomeriggio la firma dell’accordo a Sharm el-Sheikh, poi il vertice presieduto da Trump in Egitto per definire i prossimi passi del processo di pace.
A Gerusalemme, il presidente americano è stato accolto come un salvatore. L’aula della Knesset lo ha salutato con una standing ovation. Fra i ringraziamenti solenni, non solo quelli del premier Benjamin Netanyahu, ma anche le parole inaspettatamente calorose del leader dell’opposizione Yair Lapid, che ha definito “un errore storico” non aver conferito a Trump il Premio Nobel per la Pace.
Israeli opposition Leader Yair Lapid:
Those who demonstrated against Israel in London, Rome, Paris, and Columbia University were deceived by propaganda.
Now that the war has stopped, learn the facts: there was no genocide, no intentional starvation in Gaza. pic.twitter.com/MZ3ySgOTDF
— Clash Report (@clashreport) October 13, 2025
Netanyahu: “Trump resterà nella storia d’Israele”
Aprendo la seduta, Netanyahu ha definito Trump “il più grande amico che Israele abbia mai avuto alla Casa Bianca, resterà nella sua storia”.
“Nessun presidente americano ha mai fatto tanto per noi”, ha aggiunto, in un’aula gremita e commossa.
Trump: “È l’alba di un nuovo Medio Oriente”
Poi la parola è passata a Donald Trump, accolto da applausi e bandiere israeliane.
“Ci riuniamo in un giorno di profonda gioia e speranza. Venti ostaggi coraggiosi stanno tornando nell’abbraccio delle loro famiglie. Oggi i cieli sono calmi, il sole sorge su una terra santa finalmente in pace”.
Trump ha definito l’accordo di Sharm el-Sheikh “la fine dell’era del terrorismo e della morte” e “l’inizio di una stagione di fede, speranza e armonia”.
“È l’alba di un nuovo Medio Oriente”, ha promesso, parlando di “una regione che potrà finalmente rappresentare la grandezza delle sue nazioni e dei suoi popoli”.
Lapid: “Errore non conferire il Nobel a Trump”
Dopo l’intervento del presidente americano, ha preso la parola Yair Lapid, leader dell’opposizione e figura di spicco del campo centrista. Il suo discorso ha colpito per il tono solenne e per l’apertura bipartisan, in un momento che ha unito la politica israeliana come raramente accade.
“Signor Presidente, lei ha salvato la vita dei nostri ostaggi. Ma ha salvato molto di più“, ha esordito Lapid. “Ha salvato le anime di chi piange i propri cari, che ora potranno essere riportati a casa per una degna sepoltura; ha salvato migliaia di soldati che non cadranno in battaglia e milioni di persone dagli orrori della guerra. Lei ha salvato molto più di una singola vita — e ogni vita, lo sappiamo, è un intero mondo”.

Lapid ha poi ricordato la promessa fatta da Trump al momento della sua elezione:
“Quando è stato eletto, disse che sarebbe stato “il Presidente della Pace”. E ha mantenuto la sua parola. Il fatto che non le sia stato assegnato il Premio Nobel per la Pace è un grave errore del comitato, ma non potranno ignorarla ancora a lungo: dovranno assegnarglielo il prossimo anno”.
Pur fra gli applausi, Lapid ha voluto anche richiamare Israele alla responsabilità:
“Le saremo eternamente grati, ma dobbiamo anche assumerci le nostre responsabilità. Il destino di Israele sarà sempre scritto dal popolo di Israele. Ora dobbiamo dimostrare di essere degni di ciò che è stato conquistato”.
Poi, l’appello all’apertura verso il mondo arabo:
“Israele è la nazione più forte del Medio Oriente perché è l’unica democrazia della regione. Invitiamo tutte le nazioni islamiche a parlare con noi. Noi siamo qui per restare. La nostra storia non si è conclusa nella Bibbia: lì è cominciata”.
Lapid ha infine esortato Trump a continuare il percorso di normalizzazione diplomatica:
“Signor Presidente, lei è colui che può rendere possibile tutto questo — come ha fatto con gli storici Accordi di Abramo. Anche allora nessuno credeva fosse possibile, e anche allora lei ha imposto la sua visione. Mentre altri parlavano di difficoltà, lei ha creato opportunità. Lei può essere colui che porterà la prossima ondata di pace. Il popolo di Israele la sostiene, la vuole, è pronto”.
Concludendo, il leader dell’opposizione ha guardato al futuro con una metafora economica:
“Se ci fosse un solo titolo in cui investire oggi, sarebbe lo Stato di Israele”, ha detto tra gli applausi.
A chiudere la cerimonia, il presidente della Knesset, Amir Ohana, che ha definito Trump “un colosso destinato a essere consacrato nel pantheon della storia”.
Tra i cori e le bandiere, l’immagine che resta è quella di una Knesset unita — maggioranza e opposizione insieme — nel salutare Trump come l’artefice di una pace che, almeno per ora, sembra possibile. E nelle parole di Lapid, il riconoscimento che la pace non è solo un dono politico, ma una responsabilità collettiva: quella di saperla mantenere.