Nel secondo anniversario del 7 ottobre 2023, si accende la tensione diplomatica tra Israele e il Vaticano. L’ambasciata israeliana presso la Santa Sede ha espresso una dura critica nei confronti dell’intervista rilasciata dal cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, ai media vaticani alla vigilia della commemorazione dell’attacco di Hamas.
Secondo Tel Aviv, le parole di Parolin “rischiano di minare gli sforzi per la pace”. Papa Prevost, tuttavia, ha voluto difendere pubblicamente il suo collaboratore più stretto, sottolineando che “il cardinale ha espresso molto bene la posizione della Santa Sede”.
Israele contro il segretario di Stato Vaticano Parolin
Il dibattito tra Israele e Vaticano sul conflitto in Medio Oriente non è nuovo. La Chiesa cattolica ha costantemente mantenuto una doppia linea di richiesta: da un lato il rilascio immediato degli ostaggi nelle mani di Hamas, dall’altro un cessate il fuoco duraturo nella Striscia di Gaza.
Papa Leone, nel ricordare le vittime ebraiche e palestinesi, ha ribadito anche la sua preoccupazione per la recrudescenza dell’antisemitismo, definendolo “molto preoccupante”. Già nell’Angelus della scorsa domenica aveva condannato ogni forma di odio e terrorismo, citando anche l’attentato di Manchester come monito universale.
Prevost, prima di lasciare Castel Gandolfo, ha espresso la propria sofferenza per il bilancio umano di questi due anni. “Sono stati due anni molto dolorosi – ha ricordato –. In quell’attacco terroristico morirono 1.200 persone. Dobbiamo chiederci quanto odio abiti ancora nel mondo e cosa possiamo fare per ridurlo. In due anni circa 67mila palestinesi sono stati uccisi. Bisogna tornare al dialogo e alla ricerca di soluzioni di pace”.
Proprio in questo spirito, il pontefice ha scelto il Medio Oriente come meta del suo prossimo viaggio apostolico. Il papa partirà il 27 novembre 2025, facendo prima tappa in Turchia, in occasione dei 1700 anni del Concilio di Nicea, e poi in Libano dal 30 novembre al 2 dicembre.
“Il Libano ha sofferto tanto – ha dichiarato Leone XIV –. Lì potrò annunciare di nuovo il messaggio di pace per il Medio Oriente, portando speranza a un popolo provato”.

Ma le parole del segretario di Stato vaticano continuano a suscitare irritazione da parte israeliana.
Non è la prima volta che si registra una tensione diplomatica: già a fine marzo, Tel Aviv aveva criticato alcune frasi proferite dal Santo Padre durante l’Angelus, mentre nel febbraio 2024 Parolin era stato accusato di aver pronunciato dichiarazioni “deplorevoli” — termine poi corretto dall’ambasciata in “sfortunate” per un errore di traduzione.
“Si rischia di minare il processo di pace”
In questa nuova occasione, la rappresentanza israeliana presso la Santa Sede ha dichiarato che l’intervista di Parolin “rischia di compromettere gli sforzi per porre fine alla guerra a Gaza e per contrastare il crescente antisemitismo”.
Secondo l’ambasciata, il cardinale avrebbe “concentrato la critica su Israele, trascurando il continuo rifiuto di Hamas di liberare gli ostaggi o di interrompere la violenza”.
Particolarmente contestato è l’uso di una “equivalenza morale” ritenuta inappropriata:
“Applicare il termine ‘massacro’ sia all’attacco genocida di Hamas del 7 ottobre sia alla legittima difesa di Israele è profondamente sbagliato – si legge nella nota –. Non esiste equivalenza morale tra uno Stato democratico che protegge i propri cittadini e un’organizzazione terroristica che mira a ucciderli”.

Nell’intervista ai media vaticani, Parolin aveva descritto la situazione di Gaza come “grave e tragica”, denunciando “una guerra devastante che ha mietuto decine di migliaia di vittime” e parlando apertamente di “carneficina”.
“È necessario recuperare la ragione – aveva detto – e abbandonare la logica cieca dell’odio e della vendetta. Anche la legittima difesa deve rispettare il principio di proporzionalità. La guerra in corso ha avuto conseguenze disumane e inaccettabili: persone uccise mentre cercavano cibo, sepolte sotto le macerie, bombardate negli ospedali e nei campi profughi. Non possiamo assuefarci a questa carneficina”.
Il cardinale ha infine ribadito che “ogni piano che coinvolga il popolo palestinese nelle decisioni sul proprio futuro, che porti alla liberazione degli ostaggi e ponga fine alla strage quotidiana, va sostenuto e incoraggiato”. Un chiaro riferimento al piano per Gaza presentato dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump.