memoria e diplomazia

Oggi l’anniversario del 7 ottobre: cerimonie in Israele, negoziati in Egitto. Trump: “Hamas si sta comportando bene”

Commozione e partecipazione nei kibbutz di Be’eri e Nir Oz e al sito del festival Nova, epicentri del massacro. Proteste dei parenti degli ostaggi

Oggi l’anniversario del 7 ottobre: cerimonie in Israele, negoziati in Egitto. Trump: “Hamas si sta comportando bene”

Israele ricorda le vittime del massacro del 7 ottobre 2023, quando l’attacco lanciato da Hamas contro kibbutz, basi militari e un festival musicale provocò la morte di quasi 1.200 persone e il sequestro di circa 250 ostaggi.

Oggi l'anniversario del 7 ottobre: cerimonie in Israele, negoziati in Egitto. Trump: "Hamas si sta comportando bene"
Commemorazione sul luogo del Nova Festival

Le cerimonie commemorative si sono svolte in diverse località del Paese, da Kfar Aza al kibbutz Nir Oz, fino a Tel Aviv, dove in serata è previsto l’evento conclusivo nella simbolica “Piazza degli Ostaggi”, epicentro delle mobilitazioni per la liberazione dei rapiti.

Commemorazioni nei luoghi del massacro

La giornata è iniziata con un minuto di silenzio alle 6.29 locali sul sito del festival Nova, nel deserto del Negev, dove due anni fa furono uccise oltre 370 persone. Sul terreno, ora trasformato in memoriale, sono stati esposti i volti delle vittime tra installazioni, fiori e fotografie.

Cerimonie si sono svolte anche in altri luoghi simbolo dell’attacco, come la foresta di eucalipti vicino al kibbutz Be’eri, tra i più colpiti nel 2023.

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Celebrazioni kibbutz Be’eri

Qui familiari, sopravvissuti e volontari hanno piantato nuovi alberi e deposto fiori in memoria dei 364 giovani uccisi, alla presenza di rappresentanti del governo e delle comunità locali.

Nel kibbutz Nir Oz, dove un quarto dei residenti fu ucciso o rapito, centinaia di persone si sono radunate per ricordare i caduti. La comunità ha raggiunto il cimitero in un convoglio partito dai vigneti di Gat, dove oggi vivono gli sfollati, portando con sé le foto dei nove ostaggi ancora nelle mani di Hamas.


A Be’eri, invece, è stato osservato un momento di raccoglimento per le 102 vittime del kibbutz e per i quattro rapiti che si trovano ancora nella Striscia di Gaza.

Sicurezza rafforzata e tensione al confine

Per garantire lo svolgimento sicuro delle commemorazioni, Israele ha rafforzato le misure di sicurezza lungo il confine con Gaza. L’esercito e la polizia sono stati dispiegati a Sderot, Nir Oz, Be’eri, lungo la strada 232 e nell’area di Re’im, dove si trova il sito del festival Nova.

Le autorità hanno invitato i cittadini non coinvolti nelle cerimonie a evitare le zone interessate, per prevenire congestionamenti e garantire la sicurezza dei partecipanti.

Durante la commemorazione, testimoni dell’AFP hanno riferito di colpi d’artiglieria e esplosioni provenienti dalla Striscia, un ricordo tangibile di un conflitto che, due anni dopo, non è ancora terminato.

Proteste per la liberazione degli ostaggi

Parallelamente, centinaia di manifestanti si sono radunati nelle ultime ore davanti alle residenze di diversi ministri e parlamentari israeliani per chiedere un accordo che porti alla liberazione degli ostaggi ancora detenuti a Gaza.

Le proteste, riferisce il sito israeliano Ynet, si sono svolte davanti alle case dei ministri Miri Regev, Gideon Sa’ar, Yuli Edelstein e Ariel Kallner, oltre che in altre città del Paese.

Due anni di guerra e devastazione

L’attacco del 7 ottobre 2023, lanciato da migliaia di combattenti di Hamas e di altri gruppi palestinesi, sorprese Israele sotto un diluvio di razzi. I miliziani superarono la barriera di sicurezza lungo Gaza, uccidendo civili e soldati in strade, case e kibbutz.

Israele impiegò tre giorni per riprendere il controllo del territorio, subendo pesanti perdite.

Secondo un bilancio dell’AFP basato su dati ufficiali, morirono 1.219 israeliani, in gran parte civili, mentre 251 persone furono rapite: oggi 47 ostaggi sono ancora nelle mani di Hamas, e almeno 25 di loro risultano morti.

Da allora, la campagna militare israeliana nella Striscia di Gaza ha causato oltre 67.160 morti palestinesi, secondo il Ministero della Sanità di Gaza, dati ritenuti credibili dalle Nazioni Unite. Più della metà delle vittime sono donne e minori.

Negoziati in Egitto: “Accordo vicino”

Mentre Israele ricordava le vittime, a Sharm el-Sheikh, in Egitto, sono ripresi i negoziati indiretti tra Israele e Hamas, con la mediazione di Egitto e Qatar. Secondo il quotidiano Haaretz, i colloqui, giunti al secondo giorno, si stanno svolgendo in un’“atmosfera positiva”.

L’obiettivo è definire un meccanismo di scambio tra ostaggi israeliani e prigionieri palestinesi, e costruire una roadmap per la fine del conflitto. La delegazione israeliana è guidata da Ron Dermer, quella di Hamas da Khalil al-Hayyah.

Il presidente Donald Trump, che ha presentato un nuovo “piano per la pace a Gaza”, si è detto fiducioso:

“Un accordo per porre fine alla guerra è molto vicino”, ha dichiarato. “Penso che lo raggiungeremo. Hamas si è comportato bene e credo che abbia accettato cose molto importanti”.

Trump ha aggiunto che i negoziati stanno facendo “enormi progressi” e che anche “il popolo di Israele lo vuole, soprattutto chi è coinvolto nella questione degli ostaggi”.

Oggi l'anniversario del 7 ottobre: cerimonie in Israele, negoziati in Egitto. Trump: "Hamas si sta comportando bene"
Netanyahu e Trump

A Sharm el-Sheikh sono presenti anche l’inviato americano Steve Witkoff e Jared Kushner, genero dell’ex presidente, insieme ai mediatori egiziani e qatarioti.

Secondo fonti arabe citate da al-Arabiya, Hamas sarebbe disposta a consegnare le armi a un organismo egiziano-palestinese sotto supervisione internazionale, con la garanzia americana che Israele non colpirà i comandanti del movimento.

In parallelo, Abu Mazen ha promesso una Costituzione provvisoria entro tre mesi e elezioni entro un anno, aprendo a una possibile partecipazione di Hamas, ma solo se accetterà i principi dell’OLP che riconoscono Israele.

Il piano Trump, tuttavia, esclude ogni ruolo politico per Hamas nel futuro di Gaza. Il movimento islamista chiede invece il ritiro dell’Idf dai centri abitati, la scarcerazione di detenuti palestinesi in base all’età e all’anzianità, e garanzie internazionali per un ritiro completo.
Tra i nomi chiave della lista figurano Marwan Barghouti, Ahmed Sadat, Abdullah Barghouti, Ibrahim Hamed, Abbas al-Sayed e Hassan Salameh. Secondo la tv israeliana Canale 12, per questi prigionieri Hamas sarebbe pronta a “far saltare l’accordo”.