Hamas ha risposto all’ultimatum lanciato da Donald Trump accettando in linea di principio la proposta di pace americana per Gaza e annunciando la disponibilità a rilasciare tutti gli ostaggi, vivi e deceduti, secondo il meccanismo previsto dal piano in 20 punti illustrato dal presidente degli Stati Uniti. Una risposta condizionata, che apre la strada a nuovi negoziati sui dettagli, ma che il tycoon ha accolto con entusiasmo, definendola “un grande giorno, un giorno speciale, forse senza precedenti“.
L’ultimatum e la svolta da Hamas
Trump, che aveva fissato per Hamas la scadenza delle 18 di domenica 5 ottobre, aveva avvertito che in caso di rifiuto sarebbe scattata una durissima offensiva israeliana. Nelle prime ore della giornata, lo stesso presidente aveva alzato i toni parlando di “inferno come mai visto prima” se il gruppo palestinese non avesse accettato l’accordo.
Poi il cambio di registro: alla dichiarazione ufficiale di Hamas, giunta in serata, l’inquilino della Casa Bianca ha risposto esultando e chiedendo a Israele di fermare subito i bombardamenti su Gaza per consentire il rilascio sicuro degli ostaggi.
Nel comunicato diffuso dal movimento islamista si legge la disponibilità a liberare tutti i prigionieri israeliani e a trasferire l’amministrazione della Striscia di Gaza a un organismo palestinese di tecnocrati indipendenti, sostenuto da Paesi arabi e islamici. Restano però divergenze rispetto al piano statunitense, che invece prevede un’amministrazione temporanea internazionale.
Hamas ha inoltre precisato che i punti relativi al futuro della Striscia e ai diritti fondamentali del popolo palestinese devono essere discussi in un “quadro nazionale collettivo“, ribadendo così la propria volontà di restare parte integrante del processo politico post-guerra. Silenzio invece sul disarmo e sulla presenza di una forza internazionale, due nodi centrali del progetto Trump.
Trump ha definito incoraggiante la risposta, pubblicandola integralmente sul suo social Truth e parlando di una “pace duratura in Medio Oriente“. Reazioni positive sono arrivate anche da diversi leader: Emmanuel Macron ha affermato che “il cessate il fuoco è a portata di mano“, mentre il premier britannico Keir Starmer ha parlato di “passo avanti significativo“. Il Qatar e l’Egitto, mediatori arabi, hanno già avviato consultazioni in coordinamento con gli Stati Uniti.
La posizione israeliana: tra cautela e sorpresa
L’entusiasmo di Trump non è stato subito condiviso a Gerusalemme. Secondo fonti citate da Axios e da Channel 12, Benjamin Netanyahu aveva giudicato la risposta di Hamas un “rifiuto” del piano, raccomandando di coordinare la comunicazione con Washington per non accreditare un consenso che considerava inesistente.
All’interno del team israeliano sugli ostaggi, tuttavia, alcuni negoziatori hanno interpretato la risposta come un segnale positivo. In tarda serata, l’ufficio del premier ha poi annunciato che Israele è pronto ad attuare “immediatamente” la prima fase del piano Trump, in coordinamento con Washington.

Il capo di Stato Maggiore Eyal Zamir ha dato ordine all’Idf di prepararsi alla fase iniziale del piano, incentrata sul rilascio degli ostaggi. Nelle ultime ore, riferiscono i media israeliani, alle forze è stato chiesto di sospendere le operazioni offensive a Gaza City e di limitarsi a manovre difensive. La priorità, spiegano le Idf, resta “la sicurezza delle truppe“, con la capacità di reagire rapidamente a eventuali minacce.
In Israele, i familiari degli ostaggi hanno accolto con favore la presa di posizione del presidente Usa, definendola “una mossa di leadership” e auspicando che porti a un rapido rilascio.

Nonostante l’appello di Trump a fermare i raid, nella notte su Gaza sono stati segnalati decine di bombardamenti. La Protezione civile locale ha parlato di 20 case distrutte, sei morti – tra cui due bambini – e numerosi feriti. Gli ospedali Al-Ahli di Gaza City e Nasser di Khan Yunis hanno confermato di aver accolto le vittime.
I prossimi passi
Hamas ha chiarito che l’attuazione dell’accordo richiederà negoziati approfonditi e condizioni favorevoli sul terreno. Israele, dal canto suo, ha già iniziato a valutare i nomi dei detenuti palestinesi che potrebbero essere scarcerati nello scambio. Nei prossimi giorni è atteso in Medio Oriente l’inviato speciale di Trump, Steve Witkoff, per avviare le discussioni operative.
Il sì parziale di Hamas segna dunque un passaggio potenzialmente decisivo per il conflitto: la pace non è ancora vicina, ma la possibilità di un cessate il fuoco e di un accordo sugli ostaggi appare oggi più concreta che mai.