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Andrej Babiš, il “Trump dell’Est” favorito alle urne: la Repubblica Ceca verso la svolta euroscettica

Circa 8,4 milioni di cechi sono chiamati al voto: in testa nei sondaggi il miliardario populista ed ex premier, pronto a guidare una coalizione sovranista

Andrej Babiš, il “Trump dell’Est” favorito alle urne: la Repubblica Ceca verso la svolta euroscettica

La Repubblica Ceca vive un fine settimana decisivo: 8,4 milioni di cittadini sono chiamati oggi, venerdì 3 ottobre, e domani, sabato 4 ottobre 2025, alle urne per eleggere i 200 deputati della Camera bassa. Al centro della scena c’è Andrej Babiš, imprenditore miliardario, leader del movimento Azione dei cittadini insoddisfatti (Ano), ex capo del governo e oggi favorito nei sondaggi con oltre il 30% dei consensi.

 

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Ribattezzato “il Trump dell’Est”, Babiš punta a un ritorno da protagonista che potrebbe cambiare profondamente l’orientamento geopolitico del Paese… avvicinandosi al Cremlino.

L’allarme del presidente Pavel

Il presidente ceco Petr Pavel, ex generale NATO e volto filo-occidentale, ha rivolto agli elettori un discorso accorato:

“Il futuro del Paese è in gioco. Non lasciamo la Repubblica Ceca in balia della Russia”.

Pavel ha insistito sul fatto che sicurezza, libertà ed economia dipendono dall’ancoraggio all’Unione Europea e alla NATO. Ha messo in guardia contro i rischi di un governo pronto a piegarsi alle ingerenze di Mosca, ricordando che la protezione del Paese non può prescindere dagli alleati occidentali.

Babiš, il ritorno

A 71 anni, Babiš rimane il personaggio più divisivo della politica ceca. Primo ministro dal 2017 al 2021, perse le presidenziali del 2023 al ballottaggio ma non ha mai abbandonato la scena. Oggi si ripresenta con un partito trasformato: da forza centrista legata ai liberali europei di Renew a colonna del nuovo gruppo sovranista “Patrioti per l’Europa” fondato da Viktor Orbán.

 

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Con il premier ungherese e con lo slovacco Robert Fico, Babiš coltiva rapporti stretti, al punto che molti analisti lo vedono come l’ennesimo tassello del fronte euroscettico nell’Europa centro-orientale.

Populismo e virata a destra

Una volta vicino persino all’adozione dell’euro, oggi Babiš ha assunto toni decisamente anti-Ue. Critica con veemenza il Green Deal, cavalcando le proteste degli agricoltori, e si scaglia contro i costi dell’accoglienza dei profughi ucraini: “373 mila rifugiati sono troppi”, ha dichiarato, attaccando uno dei Paesi dell’UE che più ha sostenuto Kiev dall’inizio della guerra. Ha bollato come “marcio” il programma di acquisti congiunti di munizioni per l’Ucraina promosso dal governo ceco, pur senza arrivare a chiedere l’uscita dalla NATO o dall’Unione.

I sondaggi e gli avversari

Secondo l’istituto Ipsos, Ano viaggia al 32,6% dei consensi, con un ampio vantaggio sulla coalizione filo-occidentale Insieme (Spolu) guidata dall’attuale premier Petr Fiala (21,1%). Seguono i centristi di Stan, il partito di estrema destra Libertà e democrazia diretta (Spd), e i Pirati, che oscillano intorno all’8-9%.

In tutto, sono 26 le formazioni in corsa, ma solo sette supereranno probabilmente la soglia di sbarramento del 5%. È quasi certo che Babiš non avrà la maggioranza assoluta e dovrà quindi cercare alleati più piccoli per formare un governo.

Propaganda e vuoto della sinistra

La campagna elettorale è stata segnata da una massiccia ondata di disinformazione. Il Center For Research Into Online Risks ha individuato circa 300 account anonimi su TikTok che diffondevano messaggi filo-russi a sostegno dei partiti radicali.

Al tempo stesso, la sinistra radicale non è riuscita a proporre un’alternativa credibile: la coalizione “Stacilo!” arranca, incapace di raccogliere il malcontento sociale. Molti lavoratori precari o impoveriti si sono rifugiati nell’astensione o hanno ceduto al richiamo populista di Ano.

Il “Trump dell’Est”

L’etichetta non è casuale. Come Donald Trump, Babiš ha costruito la sua immagine sull’essere un miliardario “self-made” entrato in politica per “aggiustare” il Paese, con cappellini rossi brandizzati “Cechia forte”.

E come Silvio Berlusconi, è stato accusato di conflitti di interesse: in passato possedeva un gruppo mediatico che controllava due quotidiani nazionali e, soprattutto, mantiene il controllo del colosso agroalimentare e chimico Agrofert, con 30 mila dipendenti. È in corso un processo per la presunta appropriazione indebita di fondi europei: se rieletto, tornerà ad avere l’immunità parlamentare.

Strategia MAGA: cappellini e slogan

Consapevole della sua immagine ingessata, in campagna elettorale Babiš ha cercato di mostrarsi più vicino ai giovani: video su TikTok e Instagram in felpa, merchandising elettorale che ricalca il modello MAGA, messaggi semplici e aggressivi contro Bruxelles, i migranti e i costi della guerra in Ucraina. La promessa che ripete a ogni comizio è sempre la stessa:

“Solo io ho le competenze per far ripartire l’economia”.