Mano a mano che la Flotilla avanza verso Gaza si alza la tensione. Non soltanto per l’imminente blocco che potrebbe arrivare da Israele, ma anche a livello diplomatico. E i toni si alzano anche con il Governo italiano.
Flotilla verso la zona a rischio
La Flotilla si avvicina alle acque territoriali di Israele, e la Marina Militare di Tel Aviv, come riferisce Channel 12, ha spiegato che farà annunci con gli altoparlanti chiedendo agli attivisti di tornare indietro verso i Paesi da cui sono venuti. Se non si ritireranno, la Marina militare li fermerà e li trasferirà in Israele.
Successivamente, sarà consentito agli attivisti di essere espulsi volontariamente, e se si rifiuteranno saranno arrestati e processati da un tribunale apposito (non un tribunale ordinario) per ingresso illegale in Israele. Alcune delle navi degli attivisti saranno confiscate e altre saranno affondate.
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Intanto, la Fregata Alpino ha avvisato i naviganti che si farà da parte. Lo ha confermato Elena Delia, portavoce della Glolbal Sumud Flotilla:
"Non abbiamo mai pensato che la fregata dovesse ingaggiare scambi bellici, ma avere una nave di soccorso ci avrebbe fatto piacere visto che si va incontro a probabili scontri: 150 miglia dalla costa non è la zona di guerra. La zona di guerra dichiarata da Israele sono le 12 miglia".
Meloni: "Le sofferenze di Gaza non sono la loro priorità"
Nelle ultime ore, un duro intervento è arrivato da Giorgia Meloni al vertice informale di Copenaghen:
"In questa fase, in un equilibrio delicato e una possibilità storica insistere in una iniziativa con un margine di pericolosità e irresponsabilità continuo a non capirlo. Assume dei contorni incredibili in queste ore".
"Forse le sofferenze del popolo palestinese non erano la priorità".
Consiglio europeo informale a Copenaghen, il mio punto stampa di poco fa pic.twitter.com/pltzV1W3Kz
— Giorgia Meloni (@GiorgiaMeloni) October 1, 2025
Toni che hanno ribadito quanto affermato ieri.
"Leggo con stupore le parole della Flotilla che mi accusa di considerare “un pericolo” civili disarmati e navi cariche di aiuti.
La verità è semplice: quegli aiuti possono essere consegnati senza rischi attraverso i canali sicuri già predisposti. Insistere nel voler forzare un blocco navale significa rendersi - consapevolmente o meno - strumenti di chi vuole far saltare ogni possibilità di un cessate il fuoco.
Perciò risparmiateci le lezioni di morale sulla pace se il vostro obiettivo è l’escalation. E non strumentalizzate la popolazione civile di Gaza se non vi interessa davvero il loro destino".
Leggo con stupore le parole della Flotilla che mi accusa di considerare “un pericolo” civili disarmati e navi cariche di aiuti.
La verità è semplice: quegli aiuti possono essere consegnati senza rischi attraverso i canali sicuri già predisposti. Insistere nel voler forzare un…
— Giorgia Meloni (@GiorgiaMeloni) September 30, 2025
La replica: "Sono i governi irresponsabili"
Alle parole della premier ha risposto Elena Delia, portavoce della Glolbal Sumud Flotilla:
"Perché questi attivisti dovrebbero farsi male in acque internazionali? Questa è la domanda. La risposta ce l'ha data il nostro governo: quando c'è Israele di mezzo le regole che valgono per tutti non valgono più".
"Irresponsabili? Siamo noi che chiediamo a istituzioni di essere responsabili perché la legge, non solo non vale per tutti, ma non esiste più".
La posizione di Israele
Un portavoce della Marina israeliana, contattato dall’agenzia Reuters, ha ribadito che "qualsiasi nave che tenti di violare il blocco navale sarà intercettata e condotta nel porto di Ashdod". In passato, episodi simili hanno portato sia a confische dei mezzi sia a procedimenti giudiziari nei confronti degli attivisti a bordo.
Israele sostiene che il blocco – in vigore dal 2007 – sia legittimo e mirato a impedire il contrabbando di armi verso Hamas. Tuttavia, organizzazioni internazionali tra cui l’ONU e Amnesty International hanno più volte criticato la misura, giudicandola una forma di punizione collettiva che aggrava la crisi umanitaria nella Striscia.
Precedenti e contesto
Questa non è la prima volta che una flottiglia internazionale tenta di raggiungere Gaza. Il caso più noto risale al 2010, quando la Mavi Marmara fu intercettata in acque internazionali: l’operazione militare israeliana causò la morte di 10 attivisti turchi, provocando una crisi diplomatica tra Israele e Turchia e una condanna da parte di diversi organismi internazionali.
Il diritto internazionale del mare riconosce la libertà di navigazione in acque internazionali, ma consente a uno Stato di stabilire blocchi navali in determinate circostanze. La legalità del blocco israeliano rimane un tema controverso tra giuristi e organizzazioni umanitarie.