Mercoledì 24 settembre 2025 si è aperta a Milano la prima udienza del caso che riguarda la maschera del Teatro alla Scala licenziata per aver gridato “Palestina Libera” durante un evento ufficiale.
Davanti al Palazzo di Giustizia, il sindacato Cub – Confederazione unitaria di base – ha organizzato un presidio in sostegno della lavoratrice, ribadendo la richiesta di reintegro immediato.
Gridò “Palestina Libera” alla Scala: la maschera licenziata rifiuta l’indennizzo
Durante l’udienza si è tentata una conciliazione: i datori di lavoro hanno offerto un indennizzo economico per chiudere la vicenda. La proposta, però, è stata respinta sia dalla lavoratrice che dai sindacati di base.
“Non vogliamo un risarcimento, chiediamo il reintegro e la revoca del licenziamento. In caso contrario sarà il giudice a decidere”, hanno dichiarato i Cub, sottolineando che il provvedimento adottato dalla Scala sarebbe “sproporzionato e politico”.
La contestazione risale al 4 maggio scorso, in occasione del concerto inaugurale della 58ª assemblea dell’Asian Development Bank, organizzata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. L’evento non era aperto al pubblico e tra gli ospiti figurava la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Proprio all’ingresso della premier, la maschera del teatro – addetta all’accoglienza e all’assistenza della platea – aveva gridato “Palestina Libera”.
Le polemiche
Il gesto aveva provocato l’espulsione immediata dal teatro e, nei giorni successivi, il licenziamento. Una decisione che secondo la Cub Informazione e Spettacolo porta la firma del nuovo sovrintendente Fortunato Ortombina e che viene giudicata come una ritorsione politica.
“Chiediamo alla Scala – e in particolare al presidente del c.d.a. Giuseppe Sala – di reintegrare la lavoratrice e riconoscerle i danni subiti. Gridare ‘Palestina Libera’ non è reato: nessuno deve essere licenziato per questo”, afferma il sindacato in una nota ufficiale.
Il caso si intreccia anche con il contesto geopolitico dell’evento: la Asian Development Bank, che conta Israele come 69º membro, ha come rappresentante per i rapporti con lo Stato ebraico Bezalel Smotrich, attuale ministro delle Finanze e leader dell’estrema destra israeliana, noto per le sue posizioni radicali e per essere colono nei territori occupati della Cisgiordania. Secondo i sindacati, anche questo aspetto avrebbe contribuito alla durezza della sanzione inflitta alla lavoratrice.
Ora sarà la magistratura a stabilire se il licenziamento debba essere confermato o se la dipendente debba essere reintegrata.