nuove defezioni

Flotilla, l’ala islamica contro la presenza di attivisti LGBTQ+: “Non hanno nulla a che vedere con la causa araba palestinese”

"La Palestina è prima di tutto la causa dei musulmani e non può essere separata dalla sua dimensione spirituale e religiosa"

Flotilla, l’ala islamica contro la presenza di attivisti LGBTQ+: “Non hanno nulla a che vedere con la causa araba palestinese”

La missione umanitaria Global Sumud Flotilla, partita per portare aiuti a Gaza, continua a vivere momenti di forte turbolenza. Dopo incidenti tecnici, attacchi denunciati lungo la rotta e polemiche mediatiche, la flotta registra nuove defezioni fra i suoi membri.

Flotilla per Gaza: l'imbarcazione con a bordo Greta Thunberg colpita da un drone
Greta Thunbergm, Flotilla per Gaza

Dopo l’uscita fragorosa di Greta Thunberg, che aveva lasciato il direttivo in aperto disaccordo con le strategie comunicative della spedizione, a lasciare ora è Khaled Boujemâa, coordinatore tunisino della missione.

Una rottura improvvisa e motivata dall’indignazione per la presenza, tenuta riservata dagli organizzatori, a suo dire, di attivisti Lgbtq+ a bordo.

Boujemâa: “Ci hanno nascosto la verità”

In un video diffuso sui social, Boujemâa ha accusato i promotori della Flotilla di aver taciuto l’identità di alcuni partecipanti:

“Ci hanno nascosto la presenza di gay e transessuali, persone che non hanno nulla a che vedere con la causa araba palestinese”.

In particolare, il riferimento sarebbe a Saif Ayadi, che si identifica come un “attivista queer”.

 

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Il messaggio era diretto a Wael Navar, membro del comitato direttivo della Flotilla e ritenuto vicino al movimento islamista palestinese Hamas.

La posizione di Boujemâa non è isolata. Anche l’attivista tunisina Mariem Meftah ha preso pubblicamente le distanze:

“L’orientamento sessuale è una questione privata. Ma essere un attivista “queer” significa toccare i valori della società e mettere i miei figli e i miei cari in una situazione che rifiutiamo. Mi rifiuto di offrire a mio figlio un cambio di sesso a scuola. Non perdonerò chi ci ha messo in questa posizione. Qualcuno ha già oltrepassato la linea rossa e dobbiamo riparare l’errore commesso verso coloro che hanno donato il loro sangue perché questa Flotilla potesse nascere”.

A sostenere le loro critiche è intervenuto anche il noto presentatore televisivo tunisino Samir Elwafi, che ha dichiarato:

“La Palestina è prima di tutto la causa dei musulmani e non può essere separata dalla sua dimensione spirituale e religiosa: Gerusalemme è al centro dei suoi simboli e del suo destino”.

Le parole di Boujemâa, Meftah ed Elwafi riflettono un malessere diffuso all’interno del contingente maghrebino della spedizione, dove molti militanti islamici vedono come inconciliabile l’unione della causa palestinese con le battaglie per i diritti della comunità arcobaleno.

I precedenti: Greta Thunberg e l’addio polemico

Non è la prima volta che la Flotilla si trova al centro di tensioni interne. Qualche settimana fa, la giovane attivista svedese Greta Thunberg aveva annunciato il suo ritiro dal comitato direttivo. A motivare la scelta, secondo fonti vicine alla missione, sarebbero state divergenze sulle modalità di comunicazione della campagna. Greta aveva poi scelto di spostarsi su un’altra imbarcazione, prendendo le distanze dal gruppo originario.

 

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Il suo addio aveva già rappresentato un duro colpo di immagine per la spedizione, molto seguita dai media internazionali.

Il caso della giornalista de La Stampa

Alle tensioni legate agli attivisti si aggiunge anche il precedente che ha coinvolto la giornalista Francesca Del Vecchio de La Stampa. Invitata inizialmente a bordo per raccontare la missione, era stata in seguito allontanata con l’accusa di essere una figura “pericolosa”.

Secondo la ricostruzione della giornalista, riportata dal quotidiano torinese, la decisione sarebbe dipesa dal fatto che aveva rivelato dettagli tecnici sulle barche e mostrato un atteggiamento critico nei confronti del giornale che pubblicava i suoi pezzi.

La versione della Flotilla, però, è stata ben diversa: l’organizzazione ha negato che il problema fosse legato alle informazioni diffuse o alla linea editoriale, sostenendo invece che Del Vecchio fosse stata allontanata perché il suo giornale avrebbe “coperto di fango la missione”.

In un comunicato, i promotori avevano parlato della ricostruzione della giornalista come “grottesca” e l’avevano accusata di voler passare per “martire”.

Lo scontro politico in Italia: le parole di Meloni e Crosetto

Le tensioni della Flotilla hanno avuto eco anche nella politica italiana. Da New York, la premier Giorgia Meloni ha definito la missione “pericolosa e irresponsabile”:

“Non c’è bisogno di rischiare la propria incolumità per infilarsi in un teatro di guerra e consegnare aiuti che il governo italiano avrebbe potuto far arrivare in poche ore. Richiamo tutti alla responsabilità, particolarmente per quanto riguarda parlamentari italiani”.

Meloni ha comunque condannato gli attacchi denunciati dalla Flotilla, sottolineando che l’esecutivo “sta facendo le proprie indagini per avere certezze sulle responsabilità”. La premier ha aggiunto che “il ministro Crosetto ha autorizzato la nave Fasan ad avvicinarsi per garantire soccorso e assistenza, ma non è previsto l’uso della forza militare“.