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Smart working, da solo non può bastare per la sostenibilità

Secondo uno studio curato da ENEA non può essere considerato una leva “green” in sé. Ecco perché

Smart working, da solo non può bastare per la sostenibilità

Smart working, da solo non può bastare per la sostenibilità. Il lavoro da remoto può ridurre traffico, inquinamento e consumi energetici, ma non può essere considerato una leva “green” in sé, in quanto i benefici dipendono da variabili come le abitudini di consumo e l’efficienza energetica dei mezzi di trasporto e dei luoghi in cui si svolge l’attività. È quanto emerge dallo studio Remote Work: Evolving Travel Behaviours and Their Impacts on Environmental Sustainability, curato dai ricercatori ENEA Roberta Roberto e Alessandro Zini e pubblicato in un volume dell’ISPI – Istituto per gli studi di politica internazionale.

Smart working e sostenibilità

Spostare il lavoro dall’ufficio ad altre sedi come l’abitazione o centri di co-working incide sulla domanda di mobilità, con ricadute su traffico, consumi e qualità dell’aria”, spiegano i due autori. “Tuttavia – aggiungono – la riduzione di consumi ed emissioni è tutt’altro che scontata e può essere attenuata da diversi fattori, come i cosiddetti effetti rimbalzo. Ad esempio, chi si trasferisce in aree periferiche potrebbe andare incontro ad un aumento delle distanze percorse che vanificherebbe i vantaggi ambientali ottenuti dalla riduzione del numero di viaggi”.

La riduzione del traffico non basta

Tuttavia, la riduzione del traffico da sola non basta. “L’aumento delle ore trascorse in casa per motivi professionali comporta un consumo di energia per riscaldamento, raffrescamento, illuminazione ed elettronica che rischia di annullare i vantaggi ambientali ottenuti dalla riduzione degli spostamenti, soprattutto se gli uffici restano comunque operativi e non sono gestiti in modo efficiente”, sottolineano i ricercatori.

Per innescare un circolo virtuoso

Diversi studi citati nel report dimostrano che il risparmio di energia legato alle nuove forme di organizzazione flessibile del lavoro è altamente variabile, in quanto influiscono – oltre alle modalità di spostamento e ai mezzi utilizzati – il numero dei giorni in cui si lavora da remoto, l’efficienza energetica di edifici, impianti e dispositivi, l’uso ottimizzato delle tecnologie digitali e, da non trascurare, anche le abitudini comportamentali e di occupazione degli spazi. I ricercatori ENEA sottolineano che il lavoro da remoto potrebbe innescare un circolo virtuoso, stimolando una maggiore consapevolezza sui consumi energetici, promuovendo interventi di riqualificazione sostenibile degli edifici e rafforzando l’efficacia delle politiche pubbliche per l’efficientamento energetico del patrimonio abitativo.