tragico anniversario

Mattarella ricorda Giancarlo Siani, ucciso a 26 anni: “L’assassinio dei giornalisti è un assassinio delle nostre libertà”

Quarant’anni fa la camorra toglieva la vita al giovanissimo cronista del Mattino, "colpevole" di aver denunciato i traffici illeciti

Mattarella ricorda Giancarlo Siani, ucciso a 26 anni: “L’assassinio dei giornalisti è un assassinio delle nostre libertà”

Sono passati quarant’anni dall’uccisione di Giancarlo Siani, il giovane giornalista de Il Mattino assassinato a Napoli dalla camorra la sera del 23 settembre 1985.

Mattarella ricorda Giancarlo Siani, ucciso a 26 anni: "L’assassinio dei giornalisti è un assassinio delle nostre libertà"
Giancarlo Siani

In occasione dell’anniversario, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha voluto ricordarne la figura con una dichiarazione che sottolinea il valore civile del suo impegno e l’attualità del suo sacrificio.

Omicidio Siani: le parole di Mattarella

“Giancarlo Siani venne barbaramente ucciso da killer della camorra perché aveva acceso la luce sulle attività criminali dei clan, svelato i loro conflitti interni, le viltà che li caratterizzano. Sono trascorsi quarant’anni da quell’agguato. La sua testimonianza vive nella società che rifiuta l’oppressione delle mafie e dei gruppi di criminalità organizzata e tra i suoi colleghi giornalisti fedeli all’etica della professione e impegnati ogni giorno in una funzione cruciale per la libertà della convivenza civile. Quel feroce assassinio è parte incancellabile della storia e della memoria della Repubblica”.

Il presidente della Repubblica ha aggiunto:

“Far conoscere la realtà criminale che la camorra voleva occultare era un modo per tentare di liberare il territorio dallo strangolamento operato dalle attività illegali che ne opprimono vita e sviluppo. Le verità raccontate sono state la ragione della spietata rappresaglia. Il percorso giudiziario, che ha portato alle condanne di esecutori e mandanti, mostra una volta di più che gli assassini mafiosi possono essere colpiti. Ricordare il sacrificio della vita di Siani porta inevitabilmente alla mente i numerosi giornalisti morti perché colpevoli di testimoniare la verità, di raccontare le violazioni del diritto, le aggressioni, le guerre, lo sterminio senza pietà. L’assassinio dei giornalisti è un assassinio delle nostre libertà, di una parte di noi a cui la comunità non intende rinunciare”.

Chi era Giancarlo Siani

Siani fu colpito a morte nel quartiere Vomero la sera del 23 settembre 1985, mentre rientrava a casa a bordo della sua Citroën Méhari. Aveva 26 anni e, tra il 1979 e il 1985, aveva firmato oltre 650 articoli e inchieste, gran parte dei quali dedicati a camorra ed emarginazione sociale.

Proveniva da una famiglia della borghesia napoletana, aveva studiato al liceo Giovanbattista Vico distinguendosi per gli ottimi risultati e l’impegno nei movimenti studenteschi della sinistra giovanile degli anni Settanta. Successivamente si era iscritto a Sociologia e, parallelamente, aveva iniziato a collaborare con testate locali e sindacali come Il lavoro nel Sud. Nel frattempo aveva fondato, insieme ad altri giovani, il Movimento democratico per il diritto all’informazione, diventandone portavoce.

Nel 1981 iniziò la collaborazione con Il Mattino, seguendo come corrispondente la cronaca di Torre Annunziata, città dominata dai clan. Nonostante il ruolo da esterno, frequentava abitualmente la redazione, scrivendo articoli che lo resero presto un punto di riferimento.

La condanna a morte fu decisa dopo un suo articolo del 10 giugno 1985, in cui raccontava i rapporti tra il boss di Torre Annunziata Valentino Gionta e Lorenzo Nuvoletta, alleato della mafia di Totò Riina. Quel pezzo rivelava i giochi di potere interni ai clan e per i camorristi rappresentò un affronto intollerabile.

Il ricordo a 40 anni di distanza

Oggi il fratello Paolo, deputato del Partito Democratico, insiste sul legame tra memoria e impegno civile:

“Sono inseparabili. Solo insieme hanno un senso”. Agli aspiranti giornalisti rivolge un appello: “Fate bene il vostro lavoro, con la schiena dritta. Se i fatti sono veri, anche se scomodi, vanno raccontati”.

La Fondazione Giancarlo Siani e realtà come Libera sottolineano come i suoi scritti siano ancora un monito e un esempio, pur nel dolore per una vita spezzata troppo presto. “Quella sera non fu difeso come avrebbe dovuto”, ricorda Geppino Fiorenza, referente emerito di Libera Campania, “e questo resta una grande ferita”.