Il Regno Unito ha compiuto ieri un passo storico nella sua politica estera: il premier Keir Starmer ha annunciato il riconoscimento dello Stato di Palestina. Una svolta che Londra aveva già prefigurato a luglio, quando il primo ministro aveva dichiarato che la posizione britannica sarebbe cambiata a settembre se Israele non avesse accettato alcune condizioni, tra cui il cessate il fuoco a Gaza e un impegno credibile verso una pace basata sulla soluzione dei due Stati.
I Paesi pronti all’annuncio
Il riconoscimento non resterà isolato. Oggi, lunedì 22 settembre, a margine dell’Assemblea generale dell’Onu, si terrà una conferenza co-presieduta da Francia e Arabia Saudita, durante la quale una decina di Paesi – tra cui Regno Unito, Francia, Canada, Australia, Belgio e Portogallo – annunceranno ufficialmente il riconoscimento dello Stato palestinese.
Il Giappone invece ha già annunciato che non riconoscerà la Palestina, “per timore di incrinare i rapporti con gli Stati Uniti”, definendo la scelta una decisione “politicamente imbarazzante ma inevitabile”.
Il tema della Palestina sarà al centro dell’80ª Assemblea Generale delle Nazioni Unite (Unga80). Nei giorni scorsi, l’Onu ha approvato con 145 voti favorevoli una risoluzione che permette ai rappresentanti palestinesi di partecipare da remoto, dopo che Washington ha negato loro i visti. Già il 12 settembre l’Assemblea aveva adottato la “Dichiarazione di New York” sulla soluzione a due Stati, con 142 voti a favore e solo 10 contrari (tra cui Usa e Israele).
L’Europa divisa: la posizione di Italia e Germania
Germania e Italia hanno annunciato che non riconosceranno la Palestina in questa fase. Il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani ha dichiarato che Roma è “favorevole al principio di uno Stato palestinese, ma oggi non possiamo riconoscerlo perché è diviso: da un lato la Cisgiordania, governata dall’Anp, dall’altro Gaza sotto il controllo di Hamas, che è un’organizzazione terroristica”.

Tajani ha ribadito che un riconoscimento in questo momento “significherebbe legittimare il terrorismo”, pur confermando l’appoggio italiano alla road map Onu per la creazione di uno Stato palestinese.
La premier Giorgia Meloni interverrà mercoledì sera all’Onu, ribadendo che l’Italia sostiene il processo per uno Stato palestinese “nel pieno rispetto della sovranità di ciascun Paese”, ma che i tempi non sono maturi per un riconoscimento. Un atteggiamento che le opposizioni giudicano ambiguo e poco chiaro, soprattutto alla vigilia di un vertice internazionale che rischia di segnare un punto di svolta nella diplomazia mediorientale.
Le reazioni: sostegni e critiche
La decisione europea rappresenta un punto di rottura con la linea degli Stati Uniti, che hanno bollato l’iniziativa come “simbolica e controproducente”. Il segretario di Stato Marco Rubio ha avvertito che il riconoscimento “rischia di incoraggiare Hamas e complicare la situazione sul terreno”. Sulla stessa linea il governo israeliano, che ha definito la scelta “un premio al terrorismo” e “una provocazione contro chi combatte Hamas”.

Al contrario, l’Autorità Nazionale Palestinese ha accolto con entusiasmo la mossa, definendola “un passo storico verso il riconoscimento internazionale e la pace”. Abbas interverrà in collegamento video all’Assemblea generale, dopo che gli Stati Uniti gli hanno negato il visto.
La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ha sottolineato che “la soluzione fondata sulla coesistenza di due Stati è l’unica prospettiva capace di garantire una pace sostenibile a lungo termine”, accusando Israele di voler sabotare questa strada con il soffocamento finanziario dell’Anp e l’espansione degli insediamenti.