Con 243 voti favorevoli e 109 contrari, la Camera dei Deputati ha approvato in terza lettura la riforma costituzionale che introduce la separazione delle carriere dei magistrati e nuove regole per la composizione del Consiglio Superiore della Magistratura. Raggiunta la maggioranza assoluta necessaria per proseguire l’iter, il provvedimento attende ora l’ultimo passaggio a Palazzo Madama.
Palla al Senato
Non è stata invece centrata la soglia dei due terzi dei voti, che avrebbe evitato il ricorso al referendum: a Montecitorio sarebbero serviti almeno 267 sì, ma la maggioranza si è fermata a 243. Di conseguenza, salvo sorprese al Senato, si andrà quasi certamente alla consultazione popolare.
Con il via libera della Camera infatti, la riforma passa ora al Senato per l’ultimo voto parlamentare. In mancanza dei due terzi dei voti favorevoli in entrambe le Camere, la parola spetterà ai cittadini attraverso un referendum confermativo, che appare ormai inevitabile.
Tensione in Aula e seduta sospesa
Il voto è stato seguito da applausi dai banchi della maggioranza e del governo, che hanno scatenato la protesta delle opposizioni. La capogruppo del Pd, Chiara Braga, ha stigmatizzato l’esultanza dei membri dell’esecutivo, e diversi deputati di minoranza si sono avvicinati ai banchi del governo.
La tensione è salita fino a sfiorare lo scontro fisico, costringendo il presidente di turno Sergio Costa a sospendere la seduta. Dopo alcuni minuti i lavori sono ripresi, tra ulteriori richieste delle opposizioni di comunicazioni del governo sulla situazione a Gaza.
Meloni: “Una riforma storica”
La premier Giorgia Meloni ha rivendicato il risultato parlando di “una riforma storica e attesa da anni“:
Con l’approvazione in terza lettura alla Camera dei Deputati, portiamo avanti il percorso della riforma della giustizia. Continueremo a lavorare per dare all’Italia e agli italiani un sistema giudiziario sempre più efficiente e trasparente.
In attesa dell’ultimo ok da parte del… pic.twitter.com/FxLEPS9pxm— Giorgia Meloni (@GiorgiaMeloni) September 18, 2025
“Con l’approvazione in terza lettura alla Camera dei Deputati, portiamo avanti il percorso della riforma della giustizia. Continueremo a lavorare per dare all’Italia e agli italiani un sistema giudiziario più efficiente e trasparente. In attesa dell’ultimo ok da parte del Senato, avanti con determinazione per consegnare alla Nazione una riforma storica e attesa da anni“, ha scritto Meloni su X.
Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha parlato di “bellissima giornata” e sulla bagarre in Aula ha replicato che “in politica chi perde cerca di annacquare l’amarezza con una diversione“, aggiungendo:

“Noi non abbiamo affatto applaudito. È normale un certo entusiasmo, anche perché la vittoria non va vissuta come una sconfitta della magistratura, alla quale mi sento ancora di appartenere”.
Il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani ha sottolineato che la battaglia sulla separazione delle carriere è “storica” per Forza Italia, in campo dal 1994 su questo tema:

“Ora ci sarà il referendum, siamo pronti a fare campagna elettorale. Per noi è la quintessenza delle riforme. Vedremo come giudicheranno gli italiani: è la democrazia che decide“.
Soddisfazione anche dal sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro, che definisce la riforma “un passo epocale“:

“Separare le carriere è una battaglia di civiltà per dare piena attuazione al giusto processo: accusa e difesa sullo stesso piano, davanti a un giudice realmente terzo e imparziale. Il doppio Csm garantisce autonomia ai magistrati e li libera dal peso delle correnti”.
Le critiche dell’Anm
Decisamente opposta la posizione dell’Associazione Nazionale Magistrati. Il vicepresidente Marcello De Chiara ha denunciato che la riforma “ridimensiona il potere giudiziario” e rischia di dar vita a “un vero e proprio quarto potere“:
“Il pubblico ministero verrebbe rafforzato a tal punto che, in prospettiva, potrebbe essere sottoposto al controllo dell’esecutivo. Questo significherebbe un pm che persegue solo taluni reati, secondo le direttive della maggioranza di governo”.