La caduta era prevedibile, ma quello del governo guidato da François Bayrou si è trasformato in un fragoroso crollo politico. Il Primo Ministro è stato sfiduciato a larga maggioranza dall’Assemblea Nazionale: 364 deputati hanno votato contro di lui, soltanto 194 a favore, mentre 15 si sono astenuti. Un verdetto schiacciante che chiude dopo appena nove mesi l’esperienza di Bayrou a Matignon, segnando l’ennesimo terremoto istituzionale della Quinta Repubblica.
EN DIRECT | Déclaration de politique générale du Premier ministre, François Bayrou, à l’Assemblée nationale. https://t.co/arjH8hI6vc
— Gouvernement (@gouvernementFR) September 8, 2025
Il voto di fiducia e la sconfitta
Bayrou aveva posto la fiducia sul suo progetto di legge finanziaria, che prevedeva 44 miliardi di euro di tagli, la riduzione dei giorni festivi e la conferma dell’odiata riforma delle pensioni. Ma le divisioni interne alla maggioranza e l’opposizione compatta hanno trasformato la scommessa in un fallimento politico. Mancati quasi 20 voti dello “zoccolo duro” della coalizione, l’esito è stato un vero e proprio tsunami parlamentare.

Nel suo intervento, Bayrou aveva parlato del debito pubblico come di una minaccia “mortale” per la Francia:
“Spendiamo senza mai voltarci indietro. La sottomissione al debito è come la sottomissione attraverso la forza militare: in entrambi i casi perdiamo la libertà”. Ma le sue parole non hanno convinto l’emiciclo.
Macron nel mirino
Il presidente Emmanuel Macron ha “preso atto” del voto, annunciando che riceverà Bayrou per accettarne le dimissioni e nominerà un successore “nei prossimi giorni”. Ma per le opposizioni il vero responsabile della crisi è lui.

Jean-Luc Mélenchon, leader della sinistra radicale, ha dichiarato:
“Bayrou è caduto, vittoria e respiro di sollievo del popolo. Ora Macron è in prima linea, anche lui deve partire“.
Domani La France Insoumise presenterà una mozione di destituzione contro il presidente, mentre il Rassemblement National di Marine Le Pen invoca lo scioglimento dell’Assemblea e nuove elezioni.
Tre scenari possibili
In questa situazione di caos politico si aprono dunque tre scenari:
- Nuovo governo: Macron potrebbe nominare un altro primo ministro in grado di trovare i voti per approvare il bilancio ed evitare lo spettro dei mercati. Ma la scelta appare complicata: i socialisti chiedono un esecutivo esclusivamente di gauche, mentre i Républicains rifiutano alleanze con la sinistra.
- Scioglimento del Parlamento: ipotesi sostenuta con forza da Marine Le Pen, che definisce le elezioni “un obbligo, non un’opzione”. Un sondaggio Toluna Harris Interactive colloca il Rassemblement National al 33%, davanti alla gauche al 19% e al campo macroniano al 15%.
- Dimissioni di Macron: invocate da Mélenchon, ma al momento escluse dal presidente. Tuttavia, secondo un sondaggio Odoxa-Backnone, il 64% dei francesi vorrebbe che lasciasse l’Eliseo.
Nel caos istituzionale, l’ex premier e leader di Renaissance, Gabriel Attal, ha lanciato una proposta inedita: la nomina di un “negoziatore” incaricato di riunire i leader di partito e trovare un compromesso di bilancio, prima ancora di scegliere un nuovo premier. L’obiettivo sarebbe creare un “accordo di interesse generale” e un governo di scopo che traghetti il Paese almeno fino al 2027.
Una Repubblica instabile
Con Bayrou, caduto al primo voto di fiducia chiesto da un premier in carica, la Francia conosce il quarto capo di governo in appena un anno e mezzo.
La Quinta Repubblica, nata per garantire stabilità, si ritrova oggi nel pieno di un periodo di incertezza senza precedenti. Sullo sfondo pesano i conti pubblici (deficit al 5,8% e debito al 113% del Pil) e il rischio recessione.
Il futuro politico di Macron si gioca adesso tra compromessi difficili, l’incognita di nuove elezioni e la pressione crescente delle opposizioni e dei cittadini.