Chi ci guadagna dall'accordo sui dazi tra Usa ed Europa
Per la Ue solo il vantaggio di evitare una guerra commerciale devastante. Ma il "bazooka" è rimasto spento e Trump gongola

L'accordo c'è. Scongiura la "minaccia" di Trump sui dazi al 30%, ma non può certo far brindare l'Europa. Sì, perché se dalla trattativa esce un vincitore è sicuramente il presidente degli Stati Uniti, che ha di fatto imposto (senza un reale motivo) dazi all'Europa senza dare nulla in cambio.
Perché gli Usa guadagnano di più dall'accordo sui dazi con la Ue
L'accordo prevede dazi al 15% sulle merci UE. Prima i dazi erano in media attorno al 4%, e portarli al 15% significa un forte gettito doganale per Washington e una barriera competitiva che penalizza le imprese europee in particolare su settori come auto, macchinari e farmaceutica. Peraltro, senza una reale giustificazione economica (a parte quando Trump sostiene che "l'Europa a depredato gli Stati Uniti per anni").
Dunque, anche se l’UE ha evitato il 30% minacciato, è comunque un aumento significativo. Ma non è tutto. Sì, perché con l'accordo l'Europa si impegna a comprare 750 miliardi di dollari di energia Usa entro il 2028 garantendo dunque entrate enormi per il settore energetico americano.
A ciò si aggiunge l’acquisto di armamenti e apparecchiature militari statunitensi, rafforzando l’industria della difesa Usa.
Inoltre, i dazi su acciaio e alluminio rimarranno pari al 50%. Una vittoria su tutta la linea, dunque, per Trump, che è riuscito a imporsi di fatto sull'Europa.
Cosa ottiene l’Ue
L'Europa, di fatto, deve accontentarsi delle briciole. Evita dazi devastanti del 30% che avrebbero colpito auto e tecnologia, salvaguardando occupazione e export in parte, ottiene esenzioni per settori strategici (aerospazio, alcuni chimici e agricoli), e mantiene aperto il canale negoziale per ridurre i dazi in futuro, invece di entrare in una guerra commerciale totale che avrebbe avuto conseguenze devastanti (anche per gli Stati Uniti però).
Per il Vecchio Continente è un vantaggio più difensivo che offensivo: evita il peggio, limita i danni e mantiene accesso al mercato Usa, ma al prezzo di forti concessioni economiche e strategiche.
I Paesi europei più esposti
Alcuni Paesi, poi, potrebbero pagare più di altri la situazione. Al primo posto c'è l'Irlanda, poi la Germania e infine l'Italia.
Irlanda
- Circa il 26,6 % delle esportazioni totali irlandesi (beni) va verso gli USA – la percentuale più alta in assoluto nell’UE
- Per gli esportatori extra‑UE (escluse le transazioni intracomunitarie), il 45,8 % dei beni è destinato agli USA
- Settori critici: farmaceutica, prodotti agricoli, vino e latticini – KerryGold, whiskey ecc. sono fortemente dipendenti dal mercato americano.
Germania
- Primo esportatore UE verso gli USA: circa 157–161 miliardi di euro di beni nel 2023/2024
- Il 9,9 % delle esportazioni tedesche totali va negli Stati Uniti
- Settori chiave: automobili e componenti, prodotti farmaceutici, macchinari.
Italia
- Esportazioni verso gli USA valutate attorno a 65–67 miliardi di euro nel 2023/2024
- Circa 10,7 % delle esportazioni italiane totali è diretta agli USA
- Settori sensibili: meccanica, chimica‑farmaceutica, beni di lusso e agroalimentari.