"omesso controllo"

Loro Piana sotto amministrazione giudiziaria: (ancora) caporalato nel lusso

Operai cinesi pagati pochi euro per capi rivenduti fino a 3000 euro

Loro Piana sotto amministrazione giudiziaria: (ancora) caporalato nel lusso
Pubblicato:

Il mondo del lavoro continua a essere afflitto da gravi problematiche strutturali: oltre agli incidenti e alle cosiddette “morti bianche”, si fa sempre più allarmante il fenomeno dello sfruttamento, che si insinua anche nei settori più prestigiosi, come quello dell’alta moda. Emblematico il caso di Loro Piana, celebre brand del lusso italiano, finito sotto amministrazione giudiziaria per caporalato.

Loro Piana sotto amministrazione giudiziaria: caporalato nella moda di lusso

La decisione è stata presa dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Milano, a seguito di un’inchiesta condotta dal Pubblico Ministero Paolo Storari. L'indagine ha accertato che l’azienda non avrebbe direttamente organizzato lo sfruttamento dei lavoratori, ma avrebbe colposamente alimentato un sistema abusivo nella propria catena produttiva, delegando la realizzazione dei propri capi a fornitori esterni privi di controlli e tutele.

L’accusa: sistema strutturale di sfruttamento

Al centro della vicenda c'è la Sor-Man di Nova Milanese, azienda a cui Loro Piana aveva affidato la produzione di giacche e altri capi. A sua volta, Sor-Man subappaltava il lavoro a laboratori cinesi, dove le condizioni risultavano illegali e degradanti.

I numeri parlano da soli. Loro Piana pagava 118 euro a giacca (128 se la commessa era inferiore ai 100 pezzi). Ma alle aziende cinesi arrivavano solo 80–86 euro per capo, un margine che, a detta degli inquirenti, lascia spazio a gravi violazioni delle condizioni lavorative, pur mantenendo per il brand finale un ricarico tra i 1000 e i 2000 euro a pezzo. Capi che, nei negozi del marchio, vengono venduti a prezzi compresi tra i 1000 e i 3000 euro.

"Omesso controllo"

Secondo i giudici, Loro Piana non ha esercitato alcun controllo sulle condizioni in cui operavano gli appaltatori, dimostrando negligenza nella verifica della qualità delle aziende coinvolte nella produzione. Questo comportamento, pur non essendo una forma di sfruttamento diretto, è stato ritenuto “agevolatorio e strutturalmente legato all’organizzazione aziendale”, finalizzato – si legge nel provvedimento – alla massimizzazione del profitto, a scapito dei diritti dei lavoratori.

Un caso che non è isolato

La decisione del tribunale si inserisce in un'inchiesta più ampia della Procura di Milano, che da mesi sta indagando sulle filiera produttiva del settore moda, spesso opaca e difficilmente tracciabile. L’inchiesta ha già portato all’amministrazione giudiziaria di altri noti marchi del lusso. Fra questi: Manufactures Dior, la società italiana controllata dal gruppo Dior; Giorgio Armani Operations, che gestisce ideazione e produzione per il gruppo Armani; Alviero Martini S.p.A., noto per l’iconica stampa con mappe geografiche e Valentino Bags Lab S.r.l., ramo produttivo della celebre maison Valentino.

Tutti casi in cui le aziende, pur non coinvolte direttamente nello sfruttamento, avrebbero omesso i controlli necessari per garantire condizioni lavorative dignitose lungo tutta la filiera.

Loro Piana e LVMH nel mirino

Loro Piana, con sede a Vercelli e guidata dal presidente del Cda Antoine Arnault – in rappresentanza del colosso francese LVMH – è oggi chiamata a riorganizzare i propri processi produttivi sotto supervisione giudiziaria. Il Tribunale non ha messo in dubbio la buona fede assoluta dell’azienda, ma ne ha evidenziato la grave responsabilità per negligenza.

Il messaggio è chiaro: il lusso non può più permettersi di chiudere gli occhi sulla provenienza dei propri prodotti, né di affidarsi ciecamente a subappaltatori senza accertarsi delle condizioni di lavoro. Una verità che interroga non solo i marchi, ma anche i consumatori.