STRISCIA DI GAZA

Israele-Hamas, colloqui "sull'orlo del collasso": stallo su ritiro militare e aiuti umanitari

Per Netanyahu "buone probabilità" di raggiungere accordo. Il premier israeliano pensa a nuovi raid contro l’Iran non trovando opposizione da Trump

Israele-Hamas, colloqui "sull'orlo del collasso": stallo su ritiro militare e aiuti umanitari
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I negoziati indiretti tra Israele e Hamas per un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza sono "sull’orlo del fallimento". Lo riferiscono fonti palestinesi alla BBC e all’AFP, sottolineando che la delegazione israeliana giunta nella capitale del Qatar non dispone di un mandato pieno per trattare, ma sarebbe stata inviata con l’obiettivo di guadagnare tempo e rallentare deliberatamente il processo negoziale.

Secondo i funzionari citati, l’invio a Doha di una squadra negoziale priva dei principali decisori israeliani – come il capo del Mossad David Barnea, il capo ad interim dello Shin Bet e il ministro per gli Affari strategici Ron Dermer – rappresenterebbe una scelta calcolata del primo ministro Benjamin Netanyahu, reduce da una missione a Washington. La visita del premier israeliano alla Casa Bianca, in cui si è discusso anche di possibili raid contro l’Iran, avrebbe segnato un momento cruciale nella strategia diplomatica di Israele.

Stallo sul piano di ritiro

Al centro della paralisi dei colloqui ci sarebbe la questione del ritiro militare israeliano dalla Striscia di Gaza. Hamas pretende un ritiro completo delle forze israeliane come condizione per un cessate il fuoco, mentre Israele ha presentato una mappa che prevede la permanenza delle sue truppe in oltre il 40% del territorio.

Secondo fonti palestinesi, tale proposta equivarrebbe a una "ridistribuzione e riposizionamento" delle truppe piuttosto che a un autentico ritiro, di fatto legittimando – denunciano – una rioccupazione parziale della Striscia e la creazione di “zone isolate senza valichi né libertà di movimento”.

Hamas pretende un ritiro completo delle forze israeliane

"Israele non ha mai preso seriamente questi colloqui – ha detto una fonte alla BBC – e li ha utilizzati per guadagnare tempo offrendo un’illusione di progresso". Un’altra fonte ha dichiarato all’AFP che lo stallo è funzionale al proseguimento della "guerra di sterminio".

Nonostante la tensione, Netanyahu ha dichiarato che ci sono "buone probabilità" di raggiungere un accordo per una tregua, ma ha precisato che Israele non firmerà "alcun patto a ogni costo". Intanto, durante il colloquio con Donald Trump alla Casa Bianca, il premier israeliano avrebbe ipotizzato anche nuovi raid contro l’Iran qualora Teheran prosegua nel suo programma nucleare. Secondo il Wall Street Journal, Trump non si sarebbe opposto all’ipotesi, pur preferendo una soluzione diplomatica.

Aiuti umanitari e liberazione degli ostaggi

Un ulteriore punto di frizione è rappresentato dalla gestione degli aiuti umanitari. Hamas chiede che la distribuzione venga affidata esclusivamente ad agenzie internazionali neutrali e non alla statunitense Ghf, sostenuta da Israele. La situazione umanitaria nella Striscia è ormai disastrosa: da maggio Israele ha iniziato ad allentare il blocco totale degli aiuti durato oltre due mesi, ma i convogli restano insufficienti. Solo in questi giorni, dopo 130 giorni di assenza, sono riuscite a entrare a Gaza alcune autobotti di carburante dell’ONU.

Assaltato centro aiuti a Rafah, la popolazione di Gaza è ormai alla disperazione
Un ulteriore punto di frizione è rappresentato dalla gestione degli aiuti umanitari

Nonostante lo stallo, i mediatori internazionali avrebbero ottenuto qualche piccolo progresso nei colloqui relativi all’aumento degli aiuti e alla liberazione degli ostaggi. Entrambe le parti hanno concordato che un possibile cessate il fuoco di 60 giorni potrebbe portare al rilascio di almeno 10 ostaggi israeliani ancora vivi. Tuttavia, l’arrivo a Doha dell’inviato speciale del presidente Donald Trump, Steve Witkoff, potrebbe determinare un’ulteriore fase di sospensione delle trattative.

Escalation sul campo: raid e vittime civili

Nel frattempo, l’offensiva israeliana sulla Striscia prosegue con intensità crescente. Secondo fonti locali citate da Al Jazeera e dall’agenzia Wafa, almeno 26 palestinesi – tra cui donne e bambini – sono stati uccisi in una serie di raid aerei dall’alba di oggi. A Gaza City, sono state colpite diverse abitazioni, con almeno 13 morti accertati.

A Khan Younis, nell’area umanitaria di al-Mawasi, un bombardamento ha provocato 11 vittime tra gli sfollati. Una madre e i suoi tre figli sono morti in un attacco vicino all’Università Islamica, mentre a Deir al-Balah un’intera famiglia è stata sterminata da un drone. L’esercito israeliano ha confermato l’uccisione di un leader della Jihad Islamica, Fadl Abu al-Ata, a Shujaiya, sostenendo che fosse coinvolto nell’attacco del 7 ottobre 2023 contro Israele.