SUMMIT FALLITO

Gaza flop: Trump e Netanyahu dopo il loro incontro non hanno spiccicato una sola parola

Israele non accetta di farsi fa ammorbidire, gli Usa rinunciano ai colloqui con Hamas: "Inutile per ora tornare a Doha". Ieri altri 95 morti

Gaza flop: Trump e Netanyahu dopo il loro incontro non hanno spiccicato una sola parola
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Il tanto atteso secondo incontro in 24 ore tra Donald Trump e Benjamin Netanyahu si è concluso con un assordante silenzio. Nessuna dichiarazione congiunta, nessuna svolta, nessuna parola pubblica. Il gelo tra i due leader è stato più eloquente di qualsiasi comunicato.

Il colloquio nello Studio Ovale, in presenza del vicepresidente J.D. Vance, si è consumato tra strette di mano di facciata e tensioni sottotraccia, mentre la Striscia di Gaza continua a essere martoriata: solo ieri, secondo fonti sanitarie locali, 95 palestinesi hanno perso la vita sotto i bombardamenti dell’esercito israeliano.

Nessun progresso anche nei negoziati indiretti

L’inviato speciale Usa per il Medio Oriente, Steve Witkoff, ha intanto rimandato il suo viaggio a Doha, dove si tengono i colloqui indiretti tra Israele e Hamas. “Non ha senso tornare adesso”, avrebbe dichiarato, secondo fonti vicine al dossier, sottolineando che i negoziati sono "in stallo". Gli Stati Uniti, almeno per ora, sembrano abbandonare ogni velleità di mediazione diretta, mentre il Qatar — mediatore principale — ammette che servirà “ancora molto tempo” per arrivare a un’intesa.

Tregua a Gaza, Witkoff smentisce l'accordo "privato" fra Usa e Hamas
Steve Witkoff

Il quinto round di colloqui indiretti si è chiuso senza progressi concreti. Secondo un funzionario palestinese, Israele avrebbe inviato un team privo di potere decisionale, incapace di rispondere alle proposte sul tavolo. “Ascoltano e si consultano su tutto con Netanyahu”, ha dichiarato la fonte, accusando il premier israeliano di proseguire con una strategia dilatoria che, nei fatti, affossa ogni possibile accordo.

Netanyahu candida Trump al Nobel per la pace

Durante la cena di lunedì alla Casa Bianca, Netanyahu ha pensato bene di portare in dono a Trump la lettera con cui lo ha candidato al Premio Nobel per la Pace. Un gesto simbolico, ma anche ironico, visto che il “peacemaker” Trump ha recentemente ordinato pesanti raid contro i siti nucleari iraniani, innescando nuove tensioni regionali. “Non me l’aspettavo. Wow”, ha commentato il tycoon leggendo la lettera.

Trump, che continua a inseguire il suo sogno di Nobel dopo aver visto assegnare il premio a Barack Obama “senza aver fatto nulla”, si è detto fiducioso: “Credo che l’accordo con Hamas possa arrivare entro la settimana”.

Ma le divergenze con Netanyahu sono profonde. Washington vuole il cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi. Tel Aviv, invece, non ha alcuna intenzione di fermare le operazioni.

Dobbiamo finire il lavoro”, ha ribadito Netanyahu ieri, incontrando lo speaker della Camera Usa Mike Johnson. “Niente tregua finché Hamas non sarà completamente distrutta”.

Intanto, l’estrema destra israeliana alza la posta. Itamar Ben Gvir chiede l’espulsione forzata dei palestinesi da Gaza e il blocco degli aiuti umanitari, in favore della costruzione di nuovi insediamenti israeliani nella Striscia. La “soluzione” proposta? Una vittoria militare totale e l’occupazione permanente del territorio.

Sul futuro di Gaza, le parole di Netanyahu non lasciano spazio a fraintendimenti:

I palestinesi possono autogovernarsi, ma senza mai avere poteri che minaccino Israele. La sicurezza resterà sempre nelle nostre mani. Se qualcuno dirà che questo non è uno Stato vero… non ci importa”.

La soluzione dei due Stati viene quindi seppellita definitivamente. Al suo posto, una nuova visione che prevede “l’emigrazione volontaria” di milioni di palestinesi, appoggiata anche da think tank americani vicini a Israele, come dimostrano i documenti ottenuti dalla Reuters sulla creazione di “aree umanitarie di transito”.