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Il refrain di Trump: "Due settimane per decidere se bombardare o meno l'Iran"

Teheran bombarda uno stabilimento della Microsoft nel sud di Israele. Risposta con raid di caccia

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Il refrain di Trump: "Due settimane per decidere se bombardare o meno l'Iran"
Teheran bombarda uno stabilimento Microsoft in Israele

In un momento di altissima tensione internazionale, Donald Trump sceglie la cautela. Il presidente degli Stati Uniti ha deciso di prendersi ancora qualche giorno prima di dare eventualmente il via libera a un attacco militare contro l’Iran, lasciando aperto uno spiraglio per la diplomazia.

Il refrain di Trump: "Due settimane per decidere se bombardare o meno l'Iran"
Il presidente Usa Donald Trump

Un atteggiamento che, almeno per ora, sembra voler scongiurare un coinvolgimento diretto dell’America in un nuovo, potenzialmente devastante, conflitto in Medio Oriente.

Trump: diplomazia ancora possibile

Il messaggio è arrivato chiaro da Karoline Leavitt, portavoce della Casa Bianca, che ha confermato che la decisione sull’intervento militare sarà presa entro due settimane, smentendo così le voci che parlavano di un attacco imminente, nelle successive 24-48 ore. Leavitt ha però lanciato un monito: secondo le valutazioni dell’intelligence americana, l’Iran avrebbe la capacità tecnica di costruire un ordigno nucleare in un lasso di tempo estremamente breve — appena due settimane — nel caso la leadership iraniana prendesse la decisione politica definitiva.

Le dichiarazioni della portavoce sono arrivate a poche ore da un articolo del Wall Street Journal che dava per certo il via libera di Trump a un intervento armato. Ma lo stesso presidente ha smentito categoricamente:

“Non sa nulla delle mie idee riguardo all’Iran”, ha affermato, smontando l’ipotesi di un'azione già decisa.

Vertici riservati nella Situation Room

Dalla conclusione anticipata del vertice del G7, Trump ha concentrato la sua attenzione sull’Iran, riunendo quotidianamente nella Situation Room con i membri più influenti della sua amministrazione, vertici militari e dell’intelligence. La scelta di rinviare una decisione definitiva sembrerebbe maturata proprio al termine di questi incontri riservati, segnando un cambio di rotta rispetto al tono più aggressivo dei giorni scorsi.

“Il presidente crede che ci sia ancora una possibilità concreta di raggiungere un accordo con Teheran”, ha ribadito Leavitt, rivelando che i contatti tra i due Paesi non si sono mai completamente interrotti, nemmeno dopo l’inizio degli attacchi israeliani.

Steve Witkoff, inviato speciale per il Medio Oriente, ha mantenuto frequenti contatti telefonici con il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi. Una linea di dialogo aperta che sembra essere l’ultima ancora di salvezza diplomatica.

Leavitt ha inoltre difeso l’approccio del presidente:

“Trump ha un incredibile istinto e ha tenuto l’America al sicuro durante il suo primo mandato. Nessuno dovrebbe sorprendersi della sua posizione sull’Iran”. L’obiettivo prioritario resta evitare che Teheran acquisisca l’arma atomica, ha sottolineato, confermando che il presidente è pronto a usare la forza se necessario, ma preferirebbe evitarlo.

Nessun attacco prima del vertice NATO

A rafforzare l’ipotesi che un’azione militare non sia imminente è anche la conferma della partecipazione di Trump al vertice NATO all’Aja, previsto per la prossima settimana.

“Partirà lunedì”, ha fatto sapere Leavitt, lasciando intendere che per ora i tempi non coincidono con un’escalation bellica.

Nonostante ciò, Trump pretende garanzie prima di muoversi: una delle sue principali preoccupazioni è che un attacco possa non essere risolutivo. Il sito nucleare sotterraneo iraniano di Fordow, protetto in profondità, potrebbe non essere neutralizzato da un singolo bombardamento. Questo scenario, secondo fonti della Difesa, aumenterebbe il rischio di un conflitto prolungato, proprio quello che la Casa Bianca vorrebbe evitare.

L’Iran alza la voce

La risposta di Teheran non si è fatta attendere. La Guida suprema iraniana, Ali Khamenei, ha commentato con durezza le dichiarazioni statunitensi, definendole un segno di debolezza.

“Il fatto che gli americani — amici del regime sionista — siano intervenuti e dicano queste cose dimostra la loro incapacità”, ha dichiarato. E ha poi esortato il popolo iraniano a non mostrare alcun timore, ammonendo che “se il nemico percepisce che lo temete, non vi lascerà andare”.

Il refrain di Trump: "Due settimane per decidere se bombardare o meno l'Iran"
Khamenei

A rincarare la dose ci ha pensato la portavoce del Ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, che ha lanciato un severo avvertimento agli Stati Uniti:

“Un attacco militare in questa situazione sarebbe un passo estremamente pericoloso, con conseguenze imprevedibili”.

Guerra aperta: escalation tra Israele e Iran

Mentre Washington valuta le opzioni, il conflitto tra Israele e Iran è entrato nel suo ottavo giorno con un’intensificazione degli attacchi da entrambe le parti. Nella notte, un missile balistico iraniano ha colpito la città israeliana di Beer Sheva, provocando gravi danni.

L’esplosione ha devastato un parcheggio vicino a edifici residenziali, lasciando un cratere, diversi appartamenti distrutti e veicoli in fiamme. Fra gli edifici colpiti, anche il centro Microsoft di Be’er Sheva, che fornisce servizi strategici all’intelligence militare israeliana. Le Guardie Rivoluzionarie iraniane hanno rivendicato l'attacco, sottolineando il legame tra il centro e le forze armate israeliane.

L’attacco ha causato sette feriti, secondo quanto riportato dal servizio di emergenza Magen David Adom. Le ferrovie israeliane hanno chiuso la stazione di Beer Sheva Nord a causa dei danni riportati.

Nel frattempo, le sirene di allarme hanno risuonato in diverse regioni di Israele, mentre l’aeronautica israeliana ha lanciato una massiccia offensiva aerea su Teheran. Più di 60 aerei hanno colpito decine di obiettivi, tra cui impianti industriali per la produzione di missili e il quartier generale dello SPND, l’organizzazione responsabile dello sviluppo del programma nucleare militare iraniano.

Attacco alla diplomazia

Nel caos della guerra, è finita sotto attacco anche la diplomazia internazionale. Un’esplosione ha colpito la residenza dell’ambasciatore norvegese a Herzliya, Israele. Il Ministero degli Esteri norvegese ha confermato l’attacco, precisando che nessun membro dello staff è rimasto ferito. Le cause dell’esplosione non sono ancora state chiarite, ma fonti locali parlano del possibile lancio di una granata.

I prossimi 15 giorni saranno decisivi. Le possibilità di una soluzione diplomatica sembrano ancora aperte, ma la finestra si sta rapidamente chiudendo.

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