il nodo dell'autosomministrazione

Ha diritto al suicidio assistito ma è paralizzata: chiede eutanasia attiva. La Consulta chiamata a decidere

La ASL, pur riconoscendo l’adeguatezza del protocollo medico, si è rifiutata di fornire il farmaco e di supportare la procedura, sostenendo che questa responsabilità ricade sulla paziente... che però è immobile

Ha diritto al suicidio assistito ma è paralizzata: chiede eutanasia attiva. La Consulta chiamata a decidere
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L’8 luglio 2025, la Corte Costituzionale dovrà stabilire - per la prima volta - se, in presenza di tutti i requisiti previsti dalla legge e in assenza di possibilità materiali di azione autonoma, l’eutanasia attiva possa essere legalmente consentita in Italia. Una decisione che potrebbe rappresentare una svolta epocale.

Si tratta del caso di Libera (nome di fantasia), che interessa - ancora una volta - il dibattito sul fine vita in Italia, portandolo al livello più alto del giudizio costituzionale. Dopo la depenalizzazione parziale dell’aiuto al suicidio, ora la Corte è chiamata a colmare un vuoto legislativo che lascia molte persone in una condizione di ingiustificata disuguaglianza e sofferenza.

L'Esecutivo, invitato ripetutamente a legiferare sulla questione, nei giorni scorsi ha annunciato l'intenzione di avanzare una proposta di legge unitaria sul fine vita.

Fine vita, 55enne paralizzata chiede eutanasia attiva

“Libera” (nome di fantasia scelto per tutelare la sua privacy) è una donna toscana di 55 anni affetta da sclerosi multipla a decorso progressivo primario, una forma grave e invalidante della malattia neurodegenerativa. I primi sintomi sono comparsi nel 2007 con difficoltà motorie, ma in poco tempo la malattia ha causato una paralisi totale: oggi Libera è completamente immobile, tetraplegica, impossibilitata a deambulare o compiere qualunque attività quotidiana senza l’assistenza continua di terze persone.

Nonostante l’assunzione costante di terapie antalgiche, la sofferenza fisica e psicologica rimane elevata. Libera ha inoltre rifiutato la sedazione profonda, preferendo restare lucida e consapevole fino alla fine della sua vita.

Il quadro giuridico: la sentenza Cappato/Antoniani

Nel marzo 2024, Libera ha inoltrato alla ASL Toscana nord-ovest la richiesta per accedere al suicidio medicalmente assistito, secondo quanto stabilito dalla sentenza n. 242/2019 della Corte costituzionale (nota come sentenza “Cappato/Antoniani”).

Questa storica sentenza ha aperto, in casi specifici, alla non punibilità dell’aiuto al suicidio, se ricorrono quattro condizioni:

  • Presenza di una patologia irreversibile.
  • Sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili.
  • Capacità di prendere decisioni libere e consapevoli.
  • Dipendenza da trattamenti di sostegno vitale.

Il nodo del "sostegno vitale"

Il punto controverso, nel caso di Libera, è stato proprio il quarto requisito: la dipendenza da un trattamento di sostegno vitale. Nonostante una parte della commissione medica e il comitato etico avessero ritenuto che la sua dipendenza totale da caregiver e il rifiuto della PEG (un tubo per l’alimentazione diretta allo stomaco, considerato trattamento salvavita) costituissero un sostegno vitale, la maggioranza della commissione si è detta contraria, negando la possibilità di procedere.

Solo dopo ripetute diffide legali da parte dei suoi avvocati – un collegio coordinato dall’avvocata Filomena Gallo, segretaria dell’Associazione Luca Coscioni – e a seguito della pubblicazione della sentenza n. 135/2024 della Corte costituzionale, la ASL ha riconosciuto che Libera soddisfa anche il quarto requisito.

Il problema dell’autosomministrazione

Una volta accertato il diritto ad accedere al suicidio assistito, Libera si è trovata di fronte a un nuovo ostacolo pratico e giuridico: non è fisicamente in grado di autosomministrarsi il farmaco letale. È paralizzata dal collo in giù, non può usare le mani, né deglutire in modo sicuro. Le sue condizioni rendono impossibile attivare una pompa infusionale anche tramite bocca o comando vocale, come ipotizzato inizialmente dai legali.

Ha i requisiti per il suicidio assistito ma è paralizzata: chiede eutanasia attiva. Per la prima volta la Consulta dovrà esprimersi sul tema
Fine vita

La ASL, pur riconoscendo l’adeguatezza del protocollo medico redatto dal medico di fiducia di Libera (che indicava farmaco e modalità compatibili con la sua condizione), si è rifiutata di fornire il farmaco e di supportare la fase esecutiva della procedura, sostenendo che questa responsabilità ricade interamente su Libera stessa.

La richiesta di eutanasia attiva e il ricorso alla Corte costituzionale

Di fronte all’impossibilità materiale di eseguire il suicidio assistito, Libera ha deciso di presentare un ricorso d’urgenza al Tribunale di Firenze, chiedendo che un medico possa somministrarle direttamente il farmaco letale.

Tuttavia, questa possibilità è attualmente vietata dalla legge italiana. L’articolo 579 del codice penale punisce infatti con la reclusione fino a 15 anni “chiunque cagiona la morte di un uomo, con il consenso di lui”, senza eccezioni. Al contrario, l’articolo 580 (sull’aiuto al suicidio) è stato “aperto” dalla Corte con la sentenza Cappato.

Il Tribunale di Firenze, con ordinanza n. 97 del 30 aprile 2025, ha ritenuto fondate le argomentazioni dei legali di Libera e ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 579 c.p. nella parte in cui non esclude la punibilità del medico che somministra il farmaco, anche in presenza dei requisiti già previsti dalla sentenza 242/2019.

Cosa si chiede alla Corte

La Corte costituzionale è ora chiamata a valutare se l’art. 579 c.p. violi i principi fondamentali della Costituzione italiana.

In sostanza, si chiede che anche la somministrazione del farmaco da parte del medico, in assenza di alternative autonome, sia legalmente possibile, senza che questo comporti responsabilità penale. Si tratterebbe, in termini pratici, di una apertura all’eutanasia attiva, oggi vietata in Italia.

Verso l’8 luglio: un’udienza storica

L’udienza pubblica davanti alla Corte costituzionale si terrà l’8 luglio 2025. Sarà una giornata decisiva, non solo per Libera, ma per tutte le persone in condizioni simili, che oggi si trovano discriminate perché fisicamente impossibilitate a esercitare un diritto riconosciuto.

L’avvocata Filomena Gallo ha sottolineato:

“Libera ha il diritto all’aiuto al suicidio, ma la sua condizione fisica lo rende impossibile senza l’intervento di un medico. Chiediamo alla Corte un chiarimento fondamentale per garantire piena autodeterminazione anche in casi come il suo”.

Anche Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, ha evidenziato il valore generale di questo passaggio:

“Da 8 anni la Corte chiede al Parlamento di intervenire sul fine vita. Questa udienza rappresenta una nuova opportunità per tutelare la libertà di scelta di chi soffre”.

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