Filip Simaz, dal ring di "Ciao Darwin" a alle pagine di "Come Quando Fuori Piove": il giovane showman si racconta nel suo primo libro
Uno dei personaggi televisivi sicuramente più divisivi, ma la cui vera storia, raccontata tra le pagine di un libro inedito, non è ancora stata ascoltata

Dopo anni di riflettori, eccessi, etichette affibbiate e indossate come fossero maschere, Filip Simaz ha finalmente deciso di fare la cosa più coraggiosa di tutte, vale a dire, raccontarsi davvero. E lo fa nel suo primo libro, “Come Quando Fuori Piove”, il cui titolo che è già una dichiarazione d’intenti. Ebbene sì, perché la pioggia lava via qualsiasi trucco, artifizio o filtro indossiamo, spegne i fari della notorietà e mette tutti davanti alla propria verità. E oggi Filip, quella verità, ha scelto di condividerla.
Pagina dopo pagina, si spoglia dell’immagine provocatoria costruita negli anni tra tv, moda e social, per lasciare spazio all’uomo che si cela dietro il personaggio. Un ragazzo che ha conosciuto il dolore soffrendo in silenzio, il bisogno d’amore e la fatica di sentirsi “troppo” in un mondo che chiede sempre di essere “giusto”. La sua, però, non è una resa. Al contrario, è una rinascita ed è grazie a quest'ultima, nata dall'esser riuscito a trovare la forza necessaria per mostrarsi a 360 gradi (con tutte le proprie contraddizioni), che Filip guarda avanti, non escludendo di rimettersi in gioco anche sul piccolo schermo. Uno dei suoi sogni? Entrare nella nuova edizione del Grande Fratello, non per farsi vedere, ma per farsi capire. Perché oggi non gli basta più colpire l’occhio; il suo scopo è quello di arrivare dritto al cuore!
Intervista a Filip Simaz
Buongiorno Filip Simaz e benvenuto tra le pagine di NewsPrima. Per chi ancora non ti conosce, come ti descriveresti in tre parole che raccontano la tua essenza più vera?
Vero. Istintivo. Incompreso. Essere “vero” oggi è quasi un atto di coraggio. La gente è così abituata alla finzione che quando dici la verità, la tua verità, spesso non la accetta. Io non so fingere. Non so adattarmi a ciò che gli altri si aspettano da me. Quello che sento, lo dico. Quello che sono, lo mostro. Essere “istintivo” mi ha fatto sbagliare, certo, ma mi ha anche salvato. Perché ogni volta che ho ascoltato il cuore invece della testa, ho fatto scelte difficili… ma giuste per me. “Incompreso”, infine, è la parola che più mi appartiene. Mi vedono forte, provocatorio, a volte arrogante. Ma quasi nessuno si ferma a chiedersi: “Perché?”. Quasi nessuno vede il bambino che cercava solo di essere accettato.
Dietro lo stile, la sicurezza e l’apparenza: chi è davvero Filip Simaz e qual è il percorso che ti ha portato fino a qui?

Dietro tutto quello che si vede c’è una storia di assenza. Di mancanze, di porte chiuse, di sguardi che giudicano e non accolgono. Ho imparato presto che se non ti fai notare, sparisci. E allora ho iniziato a costruire un’immagine forte, colorata, che urlasse al mondo: “Io ci sono!” Ma la verità è che tutto questo nasce dalla fragilità. Non dalla vanità. Ho usato l’apparenza per difendermi, non per piacere. Il percorso è stato faticoso: sono caduto mille volte, mi sono rialzato anche quando nessuno mi ha teso una mano. E questo mi ha insegnato a contare su di me. E a non vergognarmi più di essere diverso.
Nel tuo libro parli di battaglie silenziose e di dolore nascosto: qual è stata la pagina che ti ha fatto piangere mentre la scrivevi? E perché?
La pagina in cui scrivo della prima volta che ho pensato di non valere niente. Non ero ancora famoso, nessuno mi conosceva. Eppure mi sentivo già schiacciato dalle aspettative degli altri. Ricordo quella notte, il silenzio che faceva più rumore di mille parole. Non piangevo da tempo, ma mentre scrivevo, le lacrime uscivano da sole. È stato come guardare in faccia quel bambino che ero e dirgli: “Mi dispiace se nessuno ti ha mai difeso.” Scriverla è stato terapeutico. È stato come liberarmi da un peso che avevo tenuto dentro per troppi anni.
Se qualcuno, leggendo il tuo libro, si sentisse meno solo grazie alla tua storia, pensi che tutto quello che hai vissuto – anche il peggio – avrebbe finalmente avuto un senso?
Sì. Lo penso profondamente. Perché alla fine, il dolore che ci cambia può anche diventare una cura per qualcun altro. Se la mia voce, i miei traumi, le mie verità riescono ad accendere una luce in chi si sente nel buio… allora tutto ha avuto un senso. Anche le notti insonni, anche i momenti in cui volevo mollare. Io ho scritto per chi non riesce a parlare. Ho messo nero su bianco ciò che tanti nascondono. E se anche solo una persona riesce a sentirsi capita, a dire “anche io mi sento così”, allora ho fatto qualcosa di giusto.
Filip, qual è la verità più dolorosa che hai nascosto per anni… quella che ti ha tolto il sonno e che forse, nemmeno oggi, hai davvero il coraggio di dire ad alta voce?
Che per anni ho avuto paura di guardarmi allo specchio. Non per l’aspetto fisico, ma per quello che vedevo dentro. Mi vergognavo della mia sensibilità, del mio bisogno d’amore, del fatto che mi spezzavo per nulla. E allora ho fatto finta. Ho messo la corazza, ho sorriso quando volevo piangere, ho detto “va tutto bene” quando stavo crollando. E questa verità – che forse non ho ancora il coraggio di urlare – è che il primo a giudicarmi… ero io. Ero il mio nemico peggiore. Ora sto imparando a perdonarmi. A non essere così duro con me stesso.
Dopo essere stato il volto provocatorio e riconoscibile di programmi come Ciao Darwin e Avanti un Altro! By Night, dove l’apparenza spesso conta più della sostanza, cosa stai davvero cercando adesso?
Cerco autenticità. Cerco legami veri, situazioni vere, vita vera. Quella dove puoi sbagliare, cadere, cambiare idea. Non voglio più solo “colpire l’occhio”, voglio toccarti dentro. La televisione mi ha dato visibilità, mi ha dato un ruolo… ma ora voglio dare un senso a quel ruolo. Non voglio essere solo ricordato come “quello eccentrico”, voglio essere ricordato per aver detto qualcosa che ha lasciato un segno. Anche se scomodo. Anche se non piace a tutti. Perché la sostanza, alla fine, è ciò che resta.
Quando non sei sotto i riflettori o davanti alle telecamere, qual è quella piccola passione o hobby che ti fa davvero staccare la spina e ti fa sorridere senza pensieri?
Ballare da solo, in casa, a luci basse. Sembra una sciocchezza, ma è il momento più libero della mia giornata. Nessuno guarda, nessuno giudica. Solo io e la musica. A volte mi metto davanti allo specchio, non per giudicarmi, ma per guardarmi con affetto. Per dire: “Sei ancora qui, nonostante tutto.” Quella danza solitaria è il mio rifugio. La mia piccola rivoluzione quotidiana.
Nel tuo mondo sembrano esserci solo due categorie: chi ti adora e chi ti detesta. Allora dimmi la verità, hai più amici sinceri o nemici giurati? E quanto ti piace farli infuriare?
Gli amici sinceri sono pochi, ma veri. E bastano. I nemici giurati ci sono, eccome. Ma non mi fanno paura. A volte li ringrazio, sai? Perché parlano di me anche quando io non dico nulla. Mi piace provocare? Sì, lo ammetto. Ma non lo faccio per rabbia. Lo faccio perché in un mondo che ti vuole omologato, essere diversi è un atto rivoluzionario. E se questo fa infuriare qualcuno, vuol dire che sto rompendo qualcosa che andava rotto da tempo.
In un reality dove tutti cercano di mostrare solo il lato migliore di sé, tu saresti disposto a mettere in gioco ogni tua sfumatura, anche quelle più oscure e contraddittorie?
Sì. Perché la verità non è mai tutta bianca o tutta nera. Siamo fatti di sfumature, di luci e di ombre. E io non ho più voglia di nasconderle. Se partecipassi a un reality, vorrei essere visto per intero: con le mie fragilità, le mie contraddizioni, i miei silenzi. Non voglio essere perfetto. Voglio essere reale. E se questo mi rendesse vulnerabile, sarebbe comunque meglio che essere una bella bugia.
Filip, cosa ti manca davvero per essere finalmente te stesso senza filtri, senza paura, senza compromessi?
Mi manca solo una cosa: perdonarmi. Per i compromessi che ho accettato. Per le volte in cui ho detto “sì” quando volevo dire “no”. Per le parti di me che ho nascosto per piacere agli altri. Ma sto imparando. A guardarmi con più dolcezza, a non voler dimostrare sempre qualcosa, a darmi il permesso di essere fragile. La parte che ho sacrificato è proprio quella: la mia parte più tenera. Quella che crede ancora nelle persone, quella che sogna, quella che piange. Ma sai che ti dico? È proprio quella che voglio liberare adesso. E non ho più paura di farlo.