Referendum cittadinanza, il cantante Ghali: "Chi nasce qui, lavora, paga le tasse, si sente italiano e non è riconosciuto come cittadino"
L'artista è diventato cittadino italiano solo all’età di 18 anni, sua madre dopo di lui

Il cantautore italiano di origini tunisine Ghali ha lanciato un appello accorato agli italiani, invitandoli a partecipare al referendum dell’8 e 9 giugno 2025 e a votare “Sì” alla proposta che ridurrebbe da dieci a cinque gli anni di residenza legale necessari per richiedere la cittadinanza italiana. Un tema che lo tocca da vicino: lui stesso ha ottenuto la cittadinanza solo al compimento dei 18 anni.
Referendum cittadinanza, la testimonianza di Ghali
Attraverso un post su Instagram, Ghali ha voluto far sentire la propria voce in merito ai cinque referendum abrogativi che si terranno nei due giorni, concentrandosi in particolare su quello riguardante la cittadinanza e i diritti degli stranieri extracomunitari in Italia.
"Questo referendum non è una cosa da ignorare. Si parla di diritti, di lavoro, di cittadinanza e di cosa vuol dire davvero far parte di un Paese", ha scritto il rapper.
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Nel suo messaggio social, l’artista ha evidenziato come moltissime persone, pur essendo nate o cresciute in Italia, vivano una realtà di esclusione formale:
"C’è chi nasce qui, vive qui da anni, lavora, paga le tasse, cresce figli, parla italiano, si sente italiano a tutti gli effetti e non è riconosciuto come cittadino. Con un sì chiediamo che bastino 5 anni di vita qui, non 10, per essere parte di questo Paese".
Ghali, nato a Milano nel 1993 e cresciuto nei quartieri di via Padova e Baggio, ha ottenuto la cittadinanza solo al raggiungimento della maggiore età, mentre sua madre – fuggita dalla Tunisia da giovanissima – l’ha acquisita dopo la sua. La vicenda personale dell’artista si intreccia così con il dibattito pubblico, dando voce a chi vive una condizione di attesa e di mancato riconoscimento.
“La cittadinanza non può essere solo un documento. È una questione di rispetto del tempo che abbiamo da viverci, e di dignità”, ha continuato Ghali, sottolineando l’importanza del voto e del coinvolgimento diretto. “L’8 e il 9 giugno si vota, e se non lo fa almeno il 50% degli elettori, tutto questo non vale niente. Il referendum cade. Non basta essere d’accordo: serve esserci. Mentre aspettiamo che cessino le ingiustizie in altre parti del mondo, proviamo qui a costruire il cambiamento, insieme”.

Il contenuto del quinto quesito: cosa cambia con il “Sì”
Il referendum di cui parla Ghali è il quinto tra quelli in programma e sarà identificabile con una scheda di colore giallo. Esso riguarda la possibilità di modificare la legge n. 91 del 1992, nella parte che impone agli stranieri extracomunitari maggiorenni un periodo minimo di dieci anni di residenza legale in Italia prima di poter presentare richiesta per la cittadinanza.
Con il “Sì”, verrebbe abrogato proprio questo requisito temporale, riducendolo a cinque anni per tutti i cittadini extracomunitari adulti residenti in Italia. Rimangono tuttavia invariati gli altri criteri previsti dalla normativa, tra cui:
- la conoscenza adeguata della lingua italiana,
- il possesso di un reddito sufficiente,
- l’assenza di precedenti penali,
- il rispetto delle leggi italiane.
Se la maggioranza dei votanti si esprimerà a favore del “Sì” e verrà raggiunto il quorum del 50% più uno degli aventi diritto al voto, il requisito dei dieci anni sarà abrogato. Basteranno quindi cinque anni di residenza legale per poter fare domanda di cittadinanza. Inoltre, una volta ottenuta, la cittadinanza sarà automaticamente trasmessa ai figli e alle figlie minorenni del richiedente.

I promotori del “Sì” ritengono che questa modifica costituirebbe un importante passo verso una maggiore inclusione sociale e culturale degli stranieri residenti da tempo in Italia, avvicinando il nostro Paese ad altri partner europei come Francia e Germania, dove già vige la soglia dei cinque anni.
Se invece la maggioranza dei votanti sceglierà il “No”, o se non sarà raggiunto il quorum necessario, le norme attuali resteranno in vigore. Gli stranieri extracomunitari maggiorenni continueranno a dover dimostrare una permanenza legale di almeno dieci anni sul territorio italiano per accedere alla cittadinanza. I sostenitori del “No” difendono l’attuale impostazione normativa, sostenendo che un periodo più lungo permette una valutazione più solida del livello di integrazione dei richiedenti e della loro adesione ai valori fondamentali della società italiana.
Un esempio concreto
La testimonianza di Ghali porta a declinare nel concreto la questione del quesito sulla cittadinanza. Una situazione che riguarda in particolare le famiglie migranti con figli nati in Italia. Oggi, un bambino nato sul suolo italiano da genitori stranieri, seppur regolari lavoratori, non diventa automaticamente cittadino italiano. Deve attendere che i suoi genitori, se extracomunitari, risiedano legalmente in Italia per almeno dieci anni prima di poter presentare la domanda per la cittadinanza.
Soltanto nel momento in cui i genitori la ottengono, la cittadinanza può essere trasmessa anche ai figli minorenni. In pratica, un bambino nato e cresciuto in Italia può finire le scuole elementari o addirittura le medie senza ancora essere considerato cittadino del Paese in cui è nato e vissuto e di cui si sente parte fin dalla nascita.
Con effettive ricadute in termini di possibilità, identità, diritto e senso di appartenenza.