Garlasco, Nordio: "Irragionevole la condanna di Stasi dopo due assoluzioni senza rifare il processo"
Premettendo di "non potere, non dovere e non volere parlare di vicende in corso", il ministro della Giustizia interviene sul caso Chiara Poggi e solleva dubbi sulla coerenza del sistema giudiziario

Nel corso della trasmissione Zona Bianca, andata in onda su Retequattro nella serata di domenica 25 maggio 2025, il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha rilasciato dichiarazioni destinate a far discutere, pur adottando una cautela formale.
"Premetto che non posso, non devo e non voglio parlare di vicende in corso", ha dichiarato, ma ha comunque voluto esprimere una riflessione precisa su una delle vicende giudiziarie più complesse e controverse degli ultimi vent'anni: il delitto di Chiara Poggi, avvenuto a Garlasco nell’agosto del 2007.

Nordio ha commentato in particolare il ribaltamento giudiziario che ha visto Alberto Stasi, inizialmente assolto in primo grado e in Appello, essere poi condannato in secondo grado nel processo bis a 16 anni per omicidio volontario.
"Trovo irragionevole – ha detto il Guardasigilli – che dopo una o due sentenze di assoluzione sia intervenuta una condanna, senza rifare l’intero processo". Un’affermazione netta, che mette in discussione la logica con cui la giustizia italiana permette la riforma di un verdetto in Appello senza la rinnovazione completa dell’istruttoria dibattimentale.
Garlasco, Nordio: "Irragionevole la condanna di Stasi dopo due assoluzioni"
Il riferimento al caso Stasi è stato immediato e inequivocabile. Nordio, pur non entrando nel merito della colpevolezza o innocenza dell’ex fidanzato di Chiara Poggi, ha voluto sottolineare un principio generale:
"La responsabilità di un magistrato si configura solo quando non conosce la legge o dimostra di non conoscere le carte processuali. Ed è proprio per questo che nei Paesi democratici esistono più gradi di giudizio: si presume che la sentenza possa essere sbagliata". Una visione garantista, coerente con la posizione da sempre sostenuta dall’ex magistrato.
Il ministro ha poi allargato lo sguardo alla percezione pubblica della giustizia in Italia, parlando di un’opinione negativa diffusa tra i cittadini.
“Più che colpa dei magistrati – ha aggiunto – è colpa delle leggi. I magistrati amministrano un sistema normativo imperfetto, che consente di procrastinare i processi all’infinito, anche quando bisognerebbe avere il coraggio di chiuderli”.

Le nuove indagini e il giallo del reperto scomparso
Nel frattempo, sul fronte investigativo, il caso Garlasco è stato riaperto e si stanno svolgendo nuove indagini con tecniche scientifiche più avanzate rispetto a quelle disponibili all’epoca del delitto. In particolare, gli inquirenti sono tornati a concentrarsi su un elemento cruciale: un frammento d’intonaco prelevato nel 2007 dal muro delle scale della villetta dove Chiara fu uccisa. Su quel pezzo di muro era presente la cosiddetta impronta "33", potenzialmente collegata ad Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara.

Il problema, tuttavia, è che quel reperto potrebbe essere andato distrutto. Si trattava infatti di materiale che, secondo la prassi in casi con sentenza definitiva, può essere eliminato. Ma ora che la pista investigativa su Sempio è stata riaperta, quel frammento di muro – asportato all’epoca con bisturi sterile – potrebbe contenere materiale biologico utile a una nuova lettura del caso.
La difesa di Alberto Stasi ha già annunciato che presenterà una consulenza scientifica nella quale si ipotizza che proprio su quell’intonaco possano trovarsi tracce di Dna della vittima o dell’aggressore.
Il mistero dell’arma del delitto e l’analisi del sangue
Un altro nodo irrisolto è quello dell’arma del delitto, mai trovata né identificata con certezza. Per anni si è parlato di un martello da muratore, con superficie battente ridotta e manico corto, adatto a infliggere colpi violenti e ripetuti. Ma più di recente, anche in base a due nuove testimonianze, si è ipotizzato che possa trattarsi di un attizzatoio o di una pinza da camino: sempre un oggetto contundente, ma di natura diversa. Si tratta di una pista che gli investigatori stanno ora approfondendo, riesaminando le numerose ferite alla testa e al volto di Chiara per cercare di compatibilizzarle con un possibile strumento.
Per ricostruire la dinamica dell’omicidio, i carabinieri, su delega dei pubblici ministeri di Pavia coordinati da Fabio Napoleone, stanno ricorrendo alla “Bloodstain Pattern Analysis”, una metodologia che permette di analizzare la disposizione e la forma delle macchie di sangue per comprendere come si sia sviluppata la scena del crimine. All’epoca, il sangue aveva invaso la villetta: pavimenti, muri, divano, telefono, porte. Molti indizi erano però rimasti senza una lettura chiara o erano risultati inservibili.
Ora, grazie ai progressi della scienza forense, si tenta di dare un’identità anche a quelle impronte e a quelle tracce rimaste anonime per 18 anni. Un esempio è l’impronta del palmo della mano – la numero 33 – attribuita a Sempio attraverso un’analisi fotografica.
Il rebus del Dna e le attività in corso
Gli accertamenti genetici disposti dalla giudice per le indagini preliminari di Pavia, Daniela Garlaschelli, attraverso la formula dell’incidente probatorio, saranno decisivi. In particolare, si concentreranno su due profili maschili trovati sotto le unghie della vittima – uno dei quali apparterrebbe a Sempio – e sull’impronta lasciata sulla porta d’ingresso della villetta dei Poggi.
Va però ricordato che l’ex procuratore di Pavia, Mario Venditti, aveva già richiesto – e ottenuto – per ben due volte l’archiviazione del fascicolo a carico di Sempio, sostenendo che le prove scientifiche raccolte fossero "inservibili e infruttuose". Un giudizio che oggi potrebbe essere rimesso in discussione, se gli elementi attualmente al vaglio riusciranno a offrire una nuova chiave di lettura del caso.