No pma per single

Famiglie Arcobaleno, tre sentenze in pochi giorni, un solo principio: il bene del minore prima di tutto

I giudici intervengono per proteggere il minore "a cose fatte" ma mantengono il divieto per le donne single di accedere alla PMA

Famiglie Arcobaleno, tre sentenze in pochi giorni, un solo principio: il bene del minore prima di tutto
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In questi giorni, tre sentenze – due della Corte Costituzionale e una del Tribunale per i Minorenni di Pesaro – hanno messo al centro del dibattito giuridico e sociale il tema della genitorialità, della procreazione assistita e dei diritti dei bambini. Il messaggio comune, pur con sfumature diverse, è chiaro: la tutela del minore viene prima di tutto, anche delle scelte legislative.

Famiglie Arcobaleno: tre sentenze, un solo principio. Il bene del minore prima di tutto
Famiglie Arcobaleno

Sì al riconoscimento automatico della madre intenzionale

Con la sentenza 68/2025, la Corte Costituzionale ha risposto a un caso sollevato dal Tribunale di Lucca: può un bambino nato in Italia da due donne, dopo che una delle due ha effettuato all’estero una procreazione medicalmente assistita (PMA), essere riconosciuto fin da subito anche dalla seconda donna, cioè dalla “madre intenzionale”?

La risposta è sì. La Corte ha stabilito che è incostituzionale negare il riconoscimento automatico di questo legame, perché non tutela il miglior interesse del bambino. In pratica, il minore non può essere lasciato in sospeso, in attesa che la madre intenzionale intraprenda una lunga e incerta procedura di adozione. Il legame tra il bambino e la madre intenzionale nasce dal consenso dato prima del concepimento, e deve essere riconosciuto fin da subito.

In questo modo, si evita che il bambino resti privo di una figura genitoriale nel caso in cui la madre intenzionale cambi idea o si verifichino conflitti nella coppia.

No alla PMA per le donne single

Diversa la decisione nella sentenza 69/2025, che ha rigettato il ricorso contro il divieto per le donne single di accedere alla PMA in Italia. Secondo la Corte, questo limite stabilito dalla legge 40/2004 – che prevede l’accesso solo per coppie eterosessuali – non è incostituzionale. Anzi, la Corte ha ritenuto che tale scelta del legislatore sia ancora giustificata dal “principio di precauzione”, volto a tutelare i futuri nati garantendo la presenza, almeno in linea teorica, di entrambe le figure genitoriali.

La Corte ha anche aggiunto che questa limitazione alla libertà della donna di decidere da sola di avere un figlio non è né irragionevole né sproporzionata, e rientra nelle competenze del Parlamento. Tuttavia, ha aperto uno spiraglio affermando che non ci sono ostacoli costituzionali se il legislatore decidesse un domani di estendere l’accesso alla PMA anche a nuclei familiari diversi da quelli oggi previsti.

A Pesaro, via libera all’adozione da parte del secondo papà

Nel frattempo, il Tribunale per i Minorenni di Pesaro ha emesso una sentenza definita “storica”: ha autorizzato l’adozione del secondo figlio da parte di una coppia omogenitoriale, nato all’estero tramite gestazione per altri (GPA), cioè maternità surrogata.

Famiglie Arcobaleno: tre sentenze, un solo principio. Il bene del minore prima di tutto
Maternità surrogata

Il punto rilevante è che questa sentenza arriva dopo l’entrata in vigore della nuova legge italiana che vieta la GPA come reato universale, anche se praticata all’estero. Tuttavia, i giudici hanno scelto di tutelare il minore, riconoscendo il diritto a una famiglia con due genitori, al di là delle modalità con cui è nato.

“Il bambino non può essere discriminato per le scelte degli adulti”, hanno detto i giudici, aggiungendo che interpretare la legge in modo rigido avrebbe violato il principio di uguaglianza. Hanno così ribadito che la protezione del minore deve avere la priorità, anche su norme penali molto severe.

Il filo conduttore: tutelare chi è già nato

Mettendo a confronto queste tre pronunce, emerge una linea chiara: Quando il bambino è già nato, i giudici si muovono per garantirgli stabilità, affetto e tutela, riconoscendo di fatto la realtà familiare esistente, anche se nata da percorsi non previsti o vietati dalla legge italiana. Quando invece si tratta di consentire l’accesso alla genitorialità, come nel caso della PMA per le donne single, i giudici si mostrano più cauti, lasciando spazio alla discrezionalità del legislatore.

In sintesi: i giudici intervengono per proteggere il minore "a cose fatte", quando c’è già un bambino da tutelare, ma non sono ancora pronti a spingersi oltre nei casi in cui si tratterebbe di modificare le regole sull’accesso alla genitorialità prima della nascita.

Questo confronto tra sentenze mostra come l’interesse del minore stia diventando il principio cardine del diritto di famiglia, superando talvolta anche le restrizioni normative. Tuttavia, resta evidente che servirebbe una riforma organica, capace di tenere insieme diritti, realtà sociali e principi di uguaglianza, per garantire che tutti i bambini – indipendentemente da come vengono al mondo – abbiano pari diritti e una famiglia che li ami e li riconosca.

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