La testimonianza di una psicologa al fianco dei malati Covid terminali in hospice
Malati e famigliari restano in contatto grazie alla tecnologia. "Non nego che a volte esco dalla camera con le lacrime agli occhi".
Emblematica la testimonianza della dottoressa Greta Chiara Pagani, psicologa e psicoterapeuta, in forze al team attivato dall'associazione nazionale Cancro Primo Aiuto (con sede a Monza) e che il presidente Flavio Ferrari invita tutti a leggere. Investire solo qualche minuto può, infatti, aiutare anche a capire il punto di vista di chi combatte il Covid-19 in prima linea, al fianco di medici e infermieri. In questo caso in un “Hospice”, una struttura d'accoglienza e ricovero per malati verso il termine della vita (in particolare, ma non esclusivamente, malati di cancro).
La testimonianza di una psicologa in un hospice
Buon pomeriggio dottor Ferrari e Marisa.
Per prima cosa come state?
Io sto bene anche se emotivamente è molto duro lavorare in contesti ospedalieri che sono mutati così improvvisamente e in maniera così radicale da lasciare tutti increduli ed attoniti.
Ne approfitto per spendere due parole sull'attività che svolgo in Hospice in quanto l'ospedale Bassini (Cinisello Balsamo, Milano, ndr) è diventato un ospedale Covid-19 e mi sembra corretto aggiornarvi in merito.
I posti letto da 9 sono diventati, nel giro di pochi giorni, 22; occupati quasi completamente da pazienti Covid positivi, terminali.
L'accesso ai famigliari non è più consentito, in nessun reparto e a maggior ragione in Hospice. La mia attività, così diretta ai pazienti ricoverati, in quei pochi casi in cui sono ancora responsivi, e nella maggior parte ai famigliari che vedono il loro caro tramite video chiamata.
Naturalmente si entra nelle varie camere esclusivamente con i dispositivi di protezione individuale.
Questa attività, qualora gradita e ben accolta dai famigliari sovente loro stressi in quarantena a domicilio (e lo è nella stragrande maggioranza dei casi), è garantita quotidianamente anche nei casi in cui il paziente è sedato e non più cosciente. Ho distribuito le ore in modo da essere presente in Hospice tre giorni su cinque così da mantenere questo importante canale di comunicazione fra degenti e parenti.
In ospedale a Monza e nelle varie terapie intensive questo contatto visivo e verbale non è possibile mantenerlo ed il rischio di sviluppare situazioni di lutto complicato, in chi rimane, è elevatissimo. Il fatto di poter vedere il loro caro, anche se agonico, facilita una presa di contatto con la realtà ed una prima elaborazione della perdita. I famigliari hanno la possibilità di salutare il paziente, di stargli accanto con il suono della loro voce e mentre io li accarezzo al loro posto, gli sussurro che quella è la mano del loro caro.
Come potete immaginare il momento è molto toccante ed il carico emotivo è elevatissimo ma anche la soddisfazione di essere riuscita a fare un piccolo gesto che fa la differenza e che riveste una grande importanza per quella famiglia. Non nego che a volte esco dalla camera con le lacrime agli occhi. Siamo riusciti a garantire anche un'estrema unzione con la famiglia in video chiamata con Skype.
Quello che non smette di stupirmi e commuovermi è la gratitudine di queste persone che neppure ho mai visto e che sovente mi dicono che mi ricorderanno per tutta la vita, per l'aiuto che è stato loro offerto.
Di tanto dovevo informarvi, in quanto se tutto questo è possibile è grazie al contributo della Cancro Primo Aiuto che finanzia la mia attività presso l'Hospice del Bassini.
Un caro saluto
G. Pagani