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Prosegue il tour di Trump in Medio Oriente: annunciata fine delle sanzioni contro Damasco

Stretta di mano al controverso nuovo leader siriano Ahmed al-Sharaa. Oggi il presidente Usa negli Emirati (ma non andrà in Israele)

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Trump guarda al Medio Oriente, gelo con Israele. Il tycoon (e Putin) disertano il tavolo delle trattative a Istanbul
Donald Trump, Bin Salman

Un Medio Oriente in fermento, tra alleanze inedite, guerre in corso e nuovi interessi strategici. In questo contesto esplosivo, la visita del presidente americano Donald Trump nella regione del Golfo segna una svolta potenzialmente epocale. In pochi giorni, il tycoon ha annunciato la fine delle sanzioni contro la Siria, stretto la mano al controverso nuovo leader siriano Ahmed al-Sharaa (conosciuto anche come al-Jolani), rilanciato l’alleanza con i Paesi del Golfo e delineato un piano per la Striscia di Gaza.

Il tutto mentre il conflitto tra Israele e Hamas infuria, la crisi russo-ucraina resta irrisolta e l’intelligenza artificiale diventa il nuovo campo di battaglia geopolitico.

Il viaggio di Trump, fra simboli e interessi, riflette una strategia ambiziosa: riposizionare gli Stati Uniti come architetti di un nuovo ordine mediorientale, anche a costo di scontentare vecchi alleati come Israele.

Trump e al-Sharaa: il ritorno della Siria sulla scena internazionale

Il momento più clamoroso della visita di Trump è stato senza dubbio l’incontro a Riad con Ahmed al-Sharaa, noto ai più come al-Jolani, ex leader jihadista divenuto da pochi mesi presidente della "nuova Siria" dopo la caduta di Bashar al-Assad. Un incontro storico, reso ancora più simbolico dall'annuncio dell’abolizione delle sanzioni americane che per anni hanno isolato Damasco.

A fare gli onori di casa, l’entusiasta principe ereditario saudita Mohammed bin Salman. Dall’altra parte dello schermo, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, da sempre protettore della fazione di al-Sharaa, ha partecipato con una telefonata. Secondo quanto riferito dalla Casa Bianca, Trump ha presentato una chiara agenda a Damasco: riconoscere Israele firmando gli Accordi di Abramo, espellere tutti i combattenti stranieri, deportare i terroristi palestinesi, collaborare con gli Stati Uniti per prevenire il ritorno dell’Isis e gestire i centri di detenzione jihadisti nel nord-est del Paese. In cambio, Washington è pronta a “normalizzare le relazioni con il governo siriano”.

Se confermata, si tratterebbe di una svolta senza precedenti: un patto tra gli Stati Uniti e un ex comandante di Hayat Tahrir al-Sham, la milizia islamista emersa dalle ceneri di Al Qaeda in Siria. Un tempo impensabile.

Festa a Damasco, standing ovation a Riad

L’annuncio di Trump è stato accolto con entusiasmo quasi ovunque tranne che a Tel Aviv. A Riad, al momento della dichiarazione pubblica sull’abolizione delle sanzioni, bin Salman si è alzato in piedi per applaudire calorosamente, mentre Trump, con tono scherzoso, ha commentato:

"Cosa non faccio per il principe della Corona".

A Damasco e nelle principali città siriane, invece, la reazione è stata euforica. Migliaia di persone sono scese in strada tra festeggiamenti, caroselli, fuochi d’artificio e gelati distribuiti gratuitamente nella centrale piazza Umayyade. Le bandiere siriane e quelle di Hayat Tahrir al-Sham sventolavano fianco a fianco: un'immagine che racconta meglio di qualsiasi parola il radicale cambiamento in atto.

Trump tra Doha e Abu Dhabi: affari, chip e ambizioni globali

Il viaggio di Trump nel Golfo non è stato solo politico. Durante i suoi quattro giorni tra Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, l’ex tycoon ha supervisionato la firma di accordi economici e strategici di enorme portata. Tra questi: un ordine da parte di Qatar Airways per l’acquisto di 210 aerei Boeing, un piano saudita da 600 miliardi di dollari di investimenti negli USA, e vendite di armi per un valore di 142 miliardi.

La tappa finale ad Abu Dhabi sarà centrata su un tema cruciale: l’intelligenza artificiale. L’amministrazione Biden aveva imposto restrizioni all’export di chip AI verso il Medio Oriente, per timore che potessero finire in mano alla Cina. Trump intende ribaltare questa politica: se gli accordi proposti andranno in porto, gli Emirati Arabi Uniti potrebbero diventare il terzo polo globale dell’intelligenza artificiale, accanto a USA e Cina. Una mossa che rilancia la competizione tecnologica su scala planetaria.

Il caso Gaza: “una zona di libertà sotto guida americana”

Ma l’elemento più controverso del viaggio presidenziale è forse il piano per la Striscia di Gaza. Intervenendo a Doha durante una tavola rotonda imprenditoriale, Trump ha dichiarato che gli Stati Uniti sono "pronti a possedere, prendere Gaza e farne una zona di libertà". Ha denunciato le condizioni disumane in cui vivono i palestinesi, sotto le macerie di una guerra permanente, e proposto un intervento diretto americano per garantire stabilità e ricostruzione.

Trump rilancia il Medio Oriente
Emergenza umanitaria a Gaza

Un progetto che però rischia di incrinare ulteriormente i rapporti con Israele. A Tel Aviv, la legittimazione data da Trump ad al-Sharaa e l’apertura al dialogo con Teheran hanno provocato un forte malcontento. Il primo ministro Netanyahu ha confermato che l’esercito israeliano è pronto a entrare a Gaza “entro poche ore”, con l’obiettivo di completare l’evacuazione forzata della popolazione.

"Oltre il 50% se ne andrà, abbandonando per sempre la Palestina", ha dichiarato senza mezzi termini.

Nel frattempo, i bombardamenti continuano. Solo nelle ultime ore, 60 palestinesi sono stati uccisi, tra cui almeno 22 bambini. Il bilancio aggiornato delle vittime secondo le autorità locali è di oltre 61.700 morti, inclusi quasi 18.000 bambini. Gli ospedali, come quello di Khan Younis, sono stati bersaglio di attacchi devastanti con bombe americane fornite sotto la precedente amministrazione.

I colloqui di pace in Turchia: assente Trump, Putin non si presenta

Un’altra ombra si è addensata sul tour di Trump: l’assenza al tavolo dei colloqui di pace tra Russia e Ucraina, in programma oggi a Istanbul. Nonostante l’iniziale disponibilità a partecipare, il presidente americano ha cambiato idea dopo la pubblicazione della lista dei partecipanti da parte del Cremlino. La delegazione americana sarà guidata dal segretario di Stato Marco Rubio e dall’inviato Steve Witkoff.

Dall’altra parte del tavolo, la Russia ha inviato una squadra di alto livello ma senza Vladimir Putin né il ministro degli Esteri Sergey Lavrov. Anche Erdogan, pur ricevendo Volodymyr Zelensky in un incontro bilaterale, non parteciperà direttamente alle trattative.

Secondo il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, la durata dei colloqui dipenderà dai progressi compiuti.

Ma il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani ha già raffreddato le aspettative:

"La Russia non può accelerare i tempi. Un milione di soldati da riconvertire e un’intera economia orientata alla guerra sono ostacoli insormontabili nel breve termine".

Un Medio Oriente riconfigurato

Nel giro di pochi giorni, Donald Trump ha ridisegnato gli equilibri del Medio Oriente. Ha riabilitato un ex jihadista, aperto alla “liberazione” di Gaza, rafforzato i legami con le monarchie sunnite e rilanciato la sfida tecnologica a livello globale. Ma ha anche messo in discussione il rapporto privilegiato con Israele e lasciato irrisolta la crisi russo-ucraina

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