Green Deal, Meloni attacca l’approccio ideologico: “Pragmatismo a tutela della competitività industriale”
Incalzata, durante il Question Time alla Camera, da Paolo Barelli di Forza Italia. Secondo l'Azzurro, la transizione verde rischia di esporci a una desertificazione industriale, favorendo la Cina

Protagonista anche il Green Deal, durante il Question Time di Giorgia Meloni alla Camera dei deputati. La premier, rispondendo a una interrogazione di Paolo Barelli per Forza Italia, ha chiarito la posizione dell'Esecutivo. L'azzurro ha indicato le politiche a favore di una transizione verde, fortemente sentite dall'Unione Europea, come responsabili della desertificazione industriale che favorisce la Cina.

Anche Meloni conferma il suo scetticismo su quello che definisce un "approccio ideologico" al tema.
Green Deal, Meloni attacca l’approccio ideologico
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni è tornata a esprimere con decisione la posizione del Governo italiano sul Green Deal europeo, criticandone l’impostazione originaria e sottolineando l’urgenza di un cambio di rotta improntato al realismo e alla tutela della competitività industriale.
Durante un recente intervento parlamentare, Meloni ha ricordato ai colleghi che la linea dell’esecutivo è nota da tempo:
“Conoscete la posizione del governo in materia di Green Deal, perché anche io ho più volte denunciato in quest’aula quanto una visione eccessivamente ideologica della transizione verde si sia rivelata drammatica per la competitività europea”.
Secondo la premier, gli effetti negativi di un ambientalismo scollegato dalle dinamiche produttive e occupazionali sono ormai sotto gli occhi di tutti, tanto che la stessa Commissione Europea ha cominciato a rivedere le proprie strategie in senso più pragmatico.
“È un fatto talmente evidente che già da tempo la stessa Commissione ha avviato diversi correttivi, con un approccio più realistico rispetto al passato. Un processo al quale l’Italia ha contribuito in modo determinante”.

Meloni ha quindi illustrato i settori in cui il Governo è intervenuto per rendere più sostenibili – anche dal punto di vista economico e sociale – gli obiettivi fissati dal Green Deal: “Parliamo di comparti strategici come la siderurgia, la chimica e l’energia, su cui stiamo lavorando per conciliare transizione ambientale e salvaguardia della nostra capacità produttiva”.
La posizione in Europa
Nel contesto europeo, l’Italia – insieme ad altri Stati membri – ha presentato diversi “non paper” tematici, ovvero documenti non vincolanti che contengono proposte e indirizzi su temi chiave come la semplificazione normativa, la microelettronica, la revisione del Meccanismo di Aggiustamento del Carbonio alla Frontiera (CBAM), e persino la governance dello spazio.
“Su questi fronti – ha spiegato la premier – stiamo riscontrando un consenso crescente e ci aspettiamo che si compiano presto passi avanti concreti”.
Meloni ha espresso pieno sostegno alle recenti iniziative della Commissione Europea per snellire e razionalizzare il quadro normativo del Green Deal, che si stanno concretizzando nei cosiddetti “pacchetti omnibus”. Tali pacchetti intervengono su regolamenti come il CBAM, la Politica Agricola Comune, le norme sulla Due Diligence e altri strumenti chiave della transizione ecologica.
Un punto particolarmente critico è stato quello relativo al settore automotive.
“Grazie anche all’impegno italiano – ha sottolineato Meloni – sono state sospese le sanzioni ai produttori di automobili, anche se, purtroppo, non ancora a quelli di veicoli pesanti”. La premier ha spiegato che la precedente normativa stava generando effetti distorsivi e controproducenti: “Abbiamo visto stabilimenti chiudere e aziende acquistare quote verdi dai concorrenti cinesi o americani pur di evitare le sanzioni. Un paradosso che ha finito per penalizzare solo l’industria europea, rendendo evidente il fallimento delle politiche dell’ex commissario Timmermans, simbolo di una desertificazione industriale che non può restare senza responsabilità”.

Tajani: “Il Green Deal va cambiato radicalmente”
Sulla stessa lunghezza d’onda si era espresso il ministro degli Esteri e leader di Forza Italia, Antonio Tajani, intervenuto con toni netti al congresso del Partito Popolare Europeo (PPE), dove era stato riconfermato vicepresidente, a fine aprile 2025. Anche in quella sede il Green Deal è stato al centro di un acceso dibattito tra i delegati.
“L’Unione Europea deve concentrarsi sulle grandi priorità, non sulle piccole cose”, aveva tuonato Tajani. “Se vogliamo davvero tutelare il lavoro e creare opportunità per le nuove generazioni, dobbiamo cambiare strada. Serve una politica industriale forte, che sostenga l’economia reale. È tempo di aprire una nuova stagione dopo il disastro del Green Deal”.
L’Europa è la nostra casa. Il mio intervento nella giornata conclusiva del Congresso del PPE a Valencia. pic.twitter.com/Ff6VIu3AFz
— Antonio Tajani (@Antonio_Tajani) April 30, 2025
Tajani aveva criticato duramente l’impostazione del piano europeo, affermando che “non rappresenta una vera lotta al cambiamento climatico, ma un attacco diretto all’agricoltura e all’industria”. Secondo il leader azzurro, è fondamentale adottare un atteggiamento pragmatico, soprattutto in vista delle scadenze imposte dall’Ue. “Va fermata la decisione del 2035 di passare unicamente all’auto elettrica: è un errore gravissimo”.
Il fronte del pragmatismo europeo cresce
L’intervento della presidente Meloni e le posizioni espresse da Tajani si inseriscono in un contesto più ampio di revisione delle politiche ambientali europee, sempre più criticate da una parte dell’establishment politico per l’impatto negativo sull’occupazione e sul tessuto produttivo.
Il Partito Popolare Europeo, di cui sia Meloni (da esterna) che Tajani sono influenti interlocutori, sta riconsiderando alcune posizioni assunte in passato, in particolare sulla transizione energetica e la neutralità tecnologica. Il dibattito è destinato a intensificarsi in vista delle prossime elezioni europee, che potrebbero segnare un punto di svolta nella direzione del Green Deal.