SETTIMANE CRUCIALI

Parte l'offerta pubblica di scambio di Bpm su Unicredit

Il Consiglio di Amministrazione di Banco BPM ha però già espresso un giudizio netto sull’operazione, definendola "non conveniente"

Parte l'offerta pubblica di scambio di Bpm su Unicredit
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Prende ufficialmente il via da lunedì 27 aprile 2025 l’Offerta Pubblica di Scambio (OPS) lanciata da UniCredit su Banco BPM, un'operazione destinata a segnare il futuro degli equilibri bancari italiani, ma ancora segnata da incertezze, ostacoli politici e tensioni di mercato.

A partire da lunedì 27 aprile e fino al prossimo 23 giugno (salvo proroghe eccezionali fino al 30 giugno), gli azionisti di Banco BPM potranno aderire allo scambio, ricevendo 0,175 nuove azioni UniCredit per ogni azione BPM posseduta, rapporto che dopo lo stacco dividendi si ridurrà a 0,166. Tuttavia, ai valori attuali di Borsa – 50,87 euro per UniCredit e 9,74 euro per Banco BPM – l’OPS incorpora uno sconto superiore all’8%, rendendo l’adesione economicamente poco attraente.

Banco BPM: "Offerta non congrua"

Il Consiglio di Amministrazione di Banco BPM ha già espresso un giudizio netto sull’operazione, definendola "non conveniente" e il corrispettivo offerto da UniCredit "non congruo". L’offerta, secondo Piazza Meda, non rifletterebbe alcun vero premio di controllo, presentando solo un esiguo 0,5% di premio rispetto al prezzo delle azioni BPM prima dell’annuncio. Anzi, osservando i prezzi ufficiali a 6 e 12 mesi prima, il valore offerto incorpora addirittura sconti rispettivamente del 3,4% e 15,3%.

Una valutazione che diventa ancora più pesante considerando l'impatto economico della fusione: secondo Banco BPM, gli azionisti vedrebbero ridotta la loro partecipazione agli utili netti futuri (solo il 14% dell'entità combinata contro il 18% attuale) e sarebbero penalizzati sul fronte della distribuzione di valore.

L'incognita Golden Power

Ad aggravare l'incertezza sull'operazione è intervenuto il Governo italiano, che ha esercitato un Golden Power - ovvero uno strumento normativo che permette al Governo di bloccare o apporre particolari condizioni a specifiche operazioni finanziarie, che ricadano nell'interesse nazionale - condizionato.

Sono quattro i vincoli imposti a UniCredit per completare l’acquisizione senza veto:

  1. mantenere un adeguato rapporto prestiti/depositi in Italia;
  2. preservare la rete di sportelli;
  3. abbandonare la Russia entro gennaio 2026;
  4. rispettare altri parametri strategici.

Secondo una stima di Jp Morgan, tali condizioni potrebbero costare a UniCredit oltre 400 milioni di euro in sinergie mancate e un impatto negativo di circa 47 punti base sul suo capitale CET1, pari a 1,4 miliardi di euro. Inoltre, in caso di violazione, UniCredit rischierebbe sanzioni fino a 20 miliardi di euro.

Il ministro del Mef Giancarlo Giorgetti
Il ministro del Mef Giancarlo Giorgetti

Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha difeso con fermezza la decisione del governo, sottolineando come la tutela dell’interesse nazionale sia di esclusiva competenza italiana: "Invidio gli americani: lì l’interesse nazionale si difende senza tante storie".

Un'operazione ancora tutta da scrivere

Il CEO di UniCredit, Andrea Orcel, si trova così a navigare in acque agitate. Pur avendo ottenuto il via libera da BCE e Consob, resta aperto il negoziato con il governo e pendono ancora i verdetti di Antitrust e della Direzione generale della Concorrenza europea, attesi entro il 4 giugno.

Andrea Orcel, amministratore delegato Unicredit

UniCredit mantiene mani libere fino alla fine: potrà rilanciare il prezzo entro il 21 giugno, oppure ritirarsi dall’offerta fino al 30 giugno, anche a offerta chiusa. Il tutto mentre il mercato guarda con attenzione all’andamento dei titoli e alla pubblicazione dei conti trimestrali, prevista per il 7 maggio.

Nel Banco BPM, intanto, cresce il fermento. Alcuni azionisti scommettono su una resistenza all’OPS per ottenere un miglioramento dell’offerta, mentre altri potrebbero approfittare dell'attuale prezzo di mercato. Il destino di Piazza Meda si gioca in queste settimane cruciali: se UniCredit raggiungerà il 66% del capitale, o almeno il 50% più un'azione, la fusione sarà realtà. In caso contrario, l'OPS decadrà e le due banche continueranno il loro percorso indipendente.

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