STATISTICA

Rischio povertà anche per chi ha una paga sicura a fine mese

Nel 2024 in Italia il rischio di povertà resta alto tra i lavoratori, anche a tempo pieno. I sindacati e l'opposizione alzano la voce

Rischio povertà anche per chi ha una paga sicura a fine mese
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Nel 2024, in Italia, il rischio di povertà resta al 18,9%, stabile rispetto all'anno precedente e ai livelli più bassi dal 2009. Ma dietro questo dato apparentemente confortante si cela una realtà preoccupante: cresce infatti il numero di persone che, pur avendo un lavoro – anche a tempo pieno – si ritrovano in condizioni economiche difficili.

Aumentano i "poveri con busta paga"

Secondo i dati Eurostat pubblicati il 27 aprile, la quota di occupati con un reddito inferiore al 60% di quello mediano nazionale è aumentata dal 9,9% al 10,2%. In particolare, anche chi lavora full time vede salire il rischio di povertà, passando dall'8,7% al 9%. Un dato che risulta più che doppio rispetto alla Germania, ad esempio, dove si attesta al 3,7%.

Categoria Percentuale Variazione rispetto al 2023
Popolazione totale 18,9% Stabile
Minori (under 18) 23,2% -1,5 punti
Over 65 17,6% +0,7 punti
Lavoratori totali 10,2% +0,3 punti
Lavoratori full time 9,0% +0,3 punti
Lavoratori part time 15,7% -1,2 punti

Parallelamente, mentre l'occupazione è aumentata e ha contribuito a contenere il rischio complessivo di povertà, per chi ha un impiego le difficoltà economiche crescono a causa della perdita di potere d'acquisto legata all'inflazione e ai ritardi nei rinnovi contrattuali.

Cinque milioni di italiani in deprivazione materiale

Sul fronte della deprivazione materiale – ovvero l'impossibilità di permettersi beni e servizi considerati essenziali – si registra invece un miglioramento: l'8,5% della popolazione (circa cinque milioni di persone) si trova in questa condizione, in calo rispetto al 9,8% del 2023. Si tratta del livello più basso dall’inizio delle serie storiche nel 2015.

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L'8,5% della popolazione riscontra l'impossibilità di permettersi beni e servizi considerati essenziali

Nonostante ciò, restano gravi le difficoltà di chi non riesce a sostenere spese fondamentali come una casa adeguatamente riscaldata, una connessione internet o un pasto proteico ogni due giorni. In Germania la deprivazione materiale riguarda l’11,4% della popolazione, mentre in Spagna sale al 16%.

Tra i più colpiti dalla deprivazione materiale grave (ovvero difficoltà su almeno sette spese su 13) ci sono circa 2,7 milioni di italiani, pari al 4,6% della popolazione.

Indicatore Valore Note
Popolazione in deprivazione materiale 8,5% Circa 5 milioni di persone
Over 65 in deprivazione 7,0% In calo
Under 18 in deprivazione 10,5% In calo
Grave deprivazione materiale 4,6% Circa 2,7 milioni di persone

Povertà in aumento tra gli anziani

Il rischio di povertà, inoltre, cresce tra gli over 65: la percentuale sale dal 16,9% al 17,6%. Diminuisce invece tra i minori, passando dal 24,7% al 23,2%. Nel 2024, i minori a rischio povertà erano 2 milioni e 69mila, in calo di 180mila unità rispetto al 2023, mentre gli anziani in difficoltà economica sono aumentati di 129mila, raggiungendo 2 milioni e 513mila.

Se si considera la popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale – includendo la povertà monetaria, la grave deprivazione materiale e la bassa intensità lavorativa – la quota nel 2024 è salita al 23,1% della popolazione dal 22,8% dell’anno precedente.

Povertà lavorativa: pesano l’autonomia e il livello di istruzione

La povertà lavorativa in Italia colpisce soprattutto i lavoratori autonomi: il 17,2% di loro ha redditi inferiori al 60% del mediano nazionale (in aumento rispetto al 15,8% del 2023). Tra i dipendenti, la percentuale è leggermente salita all'8,4%.

L’istruzione continua a rappresentare una barriera importante contro la povertà: tra gli occupati con la sola scuola dell’obbligo, il 18,2% è povero, mentre tra i laureati la percentuale scende al 4,5%, sebbene in crescita rispetto al 3,6% del 2023. Particolarmente vulnerabili sono i giovani: nella fascia tra i 16 e i 29 anni, l’11,8% degli occupati si trova sotto la soglia di povertà.

Aumenta il divario tra ricchi e poveri

Infine, peggiora il gap tra le fasce più povere e quelle più ricche della popolazione. Nel 2024, il primo decile (i più poveri) detiene appena il 2,5% del reddito nazionale equivalente, in calo rispetto al 2,7% del 2023. Il decile più ricco, invece, si è rafforzato, arrivando a detenere il 24,8% del reddito (in crescita dal 24,1%).

Categoria Quota di reddito nazionale
Primo 10% più povero 2,5%
Ultimo 10% più ricco 24,8%

In un quadro in cui l'occupazione non basta più a proteggere dal rischio di indigenza, diventa sempre più urgente intervenire su salari, contratti e misure di sostegno al reddito per evitare che la povertà diventi una condizione strutturale anche per chi ha un lavoro "sicuro".

I sindacati e l'opposizione alzano la voce

Questa dinamica allarmante ha riacceso il dibattito politico sui rinnovi contrattuali e sul salario minimo. Con i sindacati ed il Partito Democratico in particolare ad alzare la voce.

Rischio povertà anche per chi ha una paga sicura a fine mese
Vera Buonuomo, segretaria confederale della Uil

"I dati dell’Eurostat confermano le nostre preoccupazioni ed evidenziano la correttezza delle nostre rivendicazioni - ha dichiarato la segretaria confederale della Uil, Vera Buonomo -. Ecco perché bisogna rinnovare i contratti rispettando i tempi stabiliti, con cifre adeguate a far crescere il potere d’acquisto delle lavoratrici e dei lavoratori".

"E, inoltre - ha aggiunto Buonomo - occorre detassare gli aumenti contrattuali di primo e di secondo livello. Su questo fronte, abbiamo ripetutamente sollecitato le parti datoriali e il governo, ma entrambi rispondono sempre con imbarazzanti silenzi. Noi siamo pronti al confronto: se non vogliamo consegnare alle future generazioni un Paese povero - ha concluso Buonomo - bisogna intervenire subito, aumentando i salari e rispettando la dignità del lavoro”.

Il Partito Democratico, per voce di Arturo Scotto, ha rilanciato la richiesta di calendarizzare il progetto di legge sul salario minimo, accusando il governo Meloni di bloccare da anni qualsiasi avanzamento in materia.

Rischio povertà anche per chi ha una paga sicura a fine mese
Arturo Scotto

"L’Eurostat conferma un dato già abbondantemente noto: il 10 per cento dei lavoratori a tempo pieno in Italia sono poveri. In alcuni casi poverissimi. Rispetto a Francia e Germania, dove le percentuali di povertà lavorativa sono nettamente inferiori, c’è un tabù che il governo Meloni non vuole rompere: si chiama salario minimo", si legge nella nota del deputato Arturo Scotto, capogruppo Pd in commissione Lavoro, il quale ha commentato i dati dell’Eurostat sulla povertà in Italia.

"Dopo due anni e mezzo di sabotaggio della proposta delle opposizioni chiediamo un ripensamento. Il no ideologico della destra a questa misura non solo non ha rilanciato una stagione di rinnovi contrattuali – sono quasi sette i milioni di lavoratori in attesa di rinnovo – ma ha allargato ulteriormente la fascia di occupati il cui potere d’acquisto è totalmente falcidiato. Chiediamo che il salario minimo torni di nuovo nell’agenda dibattito parlamentare: abbiamo raccolto oltre centomila firme come opposizioni per una legge di iniziativa parlamentare. È una vergogna che non sia stata ancora calendarizzata. Di cosa ha paura Giorgia Meloni?".

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