Favoriscono il contagio?

Condizionatori e Coronavirus: sì a quelli che portano aria dall'esterno (purché sia pulita), no al ricircolo interno

Se negli ambienti sono presenti impianti di ventilazione che forniscono aria di rinnovo, AiCARR suggerisce di tenerli sempre accesi (24 ore su 24, 7 giorni su 7).

Condizionatori e Coronavirus: sì a quelli che portano aria dall'esterno (purché sia pulita), no al ricircolo interno
Pubblicato:
Aggiornato:

Anche in vista dell'arrivo della stagione calda una parte del mondo scientifico, a partire dalla scienziata Ilaria Capua, ha analizzato la possibilità che i condizionatori possano incidere sui contagi da Covid-19. Cosa sappiamo al momento e, soprattutto, cosa dicono i dati?

Coronavirus nell'aria

Con l’arrivo del caldo ci si chiede se l’aria condizionata favorirà il contagio da coronavirus, soprattutto in ambienti come uffici, studi medici, ospedali e supermercati.

Facciamo la prima distinzione: aria aperta e ambienti chiusi. Il virus non viaggia nell’aria esterna da solo: viene trasportato tramite goccioline emesse da una persona infetta che starnutisce o tossisce. Su questo tema l'OMS chiarisce: "Su 75.465 casi in Cina la trasmissione aerea non è stata segnalata".

Diverso discorso per gli ambienti chiusi: uno dei pochi studi al momento approvati è stato pubblicato da JAMA  e si focalizzava sulla contaminazione ambientale di una stanza ospedaliera. I rilievi sull'aria erano comunque negativi, mentre le superfici come sanitari, prese d'aria e maniglie rilevavano la presenza di virus (che può sopravvivere anche diversi giorni). Ciò non fa venir meno, al momento, l'importanza di aerare gli ambienti chiusi.

Condizionatori e coronavirus: i protocolli AiCARR

Ad ogni modo, AiCARR, associazione italiana del settore climatizzazione, ha messo a punto una serie di protocolli di azione per il funzionamento degli impianti di ventilazione e condizionamento dell’aria e anche reso nota la propria posizione.

"Considerato che l’aria esterna non è normalmente contaminata dal virus, AiCARR consiglia di areare frequentemente gli ambienti non dotati di ventilazione meccanica; se negli ambienti sono presenti impianti di ventilazione che forniscono aria di rinnovo, AiCARR suggerisce di tenerli sempre accesi (24 ore su 24, 7 giorni su 7) e di farli funzionare alla velocità nominale o massima consentita dall’impianto per rimuovere le particelle sospese nell’aria (l’aerosol) e contenere la deposizione sulle superfici. La ventilazione meccanica e la filtrazione dell’aria possono avvenire tramite impianti dedicati (di sola ventilazione), o tramite impianti di climatizzazione (impianti misti ad aria primaria e impianti a tutt’aria); la diluizione con aria esterna e i filtri ad elevata efficienza riducono la presenza di particolato e di bio-aerosol contribuendo in tale maniera alla riduzione dei rischi di contagio. AiCARR consiglia di valutare sempre l’opportunità o la necessità di chiudere le vie di ricircolo e di evitare che l’aria immessa sia contaminata da quella estratta o espulsa dagli ambienti".

E sugli interventi di manutenzione e igienizzazione si consigliano procedure ben definite, eseguite da personale qualificato. Perché, il punto sta tutto qui: evitare ricircolo interno e igienizzare a monte l'aria nuova che immettiamo.

Negli ospedali entra comunque aria pulita

Molti ricorderanno le polmoniti e i decessi avvenuti la scorsa estate, soprattutto in Lombardia, a causa della legionella. Anche in quella circostanza, considerando le modalità aeree di trasmissione, i condizionatori erano finiti sotto accusa. Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università degli Studi di Milano e direttore sanitario dell’Istituto Ortopedico Galeazzi, ha precisato che la legionella vive nell’acqua di deumidificazione. Mentre, per esempio negli ospedali, l’aria entra da fuori pulita ed esce senza passare dalle altre stanze: è sezionata, non ci sono scambi tra una zona e l’altra. Ciò porta il virologo a escludere particolari rischi legati agli impianti di condizionamento: a patto che vengano puliti e igienizzati. 

Il discrimine? Niente ricircolo e pulizia

Sulla questione, come riporta Prima Treviso, si è espresso anche Luigi Susin, imprenditore del settore termoidraulico della marca trevigiana, esponente politico e presidente della categoria termoidraulici del mandamento di Treviso.

“Il Virus Covid-19 può sopravvivere per diverse ore se non giorni sulle superfici di oggetti ed anche sulle pareti delle condotte d’aria, spesso realizzate in materiale metallico, dei grandi impianti di climatizzazione e che quindi possono favorire l’esposizione al virus delle persone che si trovano all’interno dei locali climatizzati dove è assente il riciclo d’aria naturale”, ha dichiarato facendo esplicitamente riferimento a quanto accaduto ad esempio sulla famosa nave Diamond Princess.

Qual è il punto? Il problema è che con tubazioni che collegano vari locali, un impianto centralizzato potrebbe essere uno strumento di contagio: se a monte non fosse ben igienizzato (come si ipotizza possa essere accaduto sulla nave che ha concluso la sua crociera in Giappone, dove la quarantena ha fatto aumentare esponenzialmente, anziché decrescere i contagi), potrebbe spargere pericolosamente il virus.

“La nostra fortuna è che il coronavirus non è particolarmente resistente e bastano dei prodotti per la disinfezione delle superfici. Una corretta manutenzione degli impianti di trattamento dell’aria è di fondamentale importanza per favorire la massima protezione della salute della popolazione in relazione al coronavirus”.

Conclusione

Insomma, il discrimine è: se l'impianto porta aria pulita dall'esterno, aiuta a contrastare il contagio, se al contrario favorisce lo scambio d'aria (il ricircolo) all'interno di un ambiente chiuso, senza apporto di nuova d'aria dall'esterno, oppure se veicola aria dall'esterno non "pulita", ma contaminata, ne aumenta esponenzialmente il rischio.

Seguici sui nostri canali