Dal 30 aprile nelle sale "Ho visto un Re", il nuovo film di Giorgia Farina
Quella del piccolo Emilio è la storia realmente accaduta di Guido Longobardi, divenuto in seguito un grande giornalista

Nel 1936, mentre l’Italia si inebria della vittoria in Etiopia, un evento eccezionale sconvolge la placida routine di una piccola città della provincia italiana.
Si intitola "Ho visto un re", il nuovo film di Giorgia Farina, con Edoardo Pesce, Sara Serraiocco, Marco Fiore, Gabriel Gougsa, Blu Yoshimi, Giulio Forges Davanzati, Elisa Di Eusanio e con la partecipazione di Lino Musella e con Gaetano Bruno, presentato Fuori concorso al Torino Film Festival.
"Ho visto un Re", il nuovo film di Giorgia Farina
La pellicola arriverà nelle sale il 30 aprile 2025 con Medusa Film.
Il film è una produzione Stemal Entertainment con Rai Cinema, prodotto da Donatella Palermo, coprodotto con la francese Les Films d’Ici, e realizzato con il contributo del Mic - Dg Cinema e Audiovisivo e con il sostegno della Regione Lazio. Scritto da Giorgia Farina, Franco Bernini, Valter Lupo, la fotografia è di Francesco Di Giacomo, montaggio di Paola Freddi e Alessandra Clemente, costumi di Stefania Grilli, scenografia di Emita Frigato e Alessan - dra Frigato, suono di Stefano Civitenga.
Sinossi
Un Ras etiope viene catturato e tenuto prigioniero in una voliera nel giardino della villa del Podestà. La sua presenza misteriosa accende l'immaginazione degli abitanti, abituati a una vita semplice e scandita dalla propaganda politica. Quella presenza in giardino per Emilio, un ragazzino di dieci anni, figlio dell’ambizioso Podestà Marcello, e di Regina, un'artista dall'animo fragile e inquieto, è come una apparizione. Per lui, appassionato lettore di Salgari che grazie alle avventure di Sandokan evade dal rigido mondo paterno, quando scorge il principe etiope, la linea tra sogno e realtà svanisce: per Emilio non è un selvaggio esotico da guardare con sospetto o curiosità, ma è semplicemente Sandokan, il suo eroe da ammirare e seguire.
IL TRAILER:
Una storia vera
Quella del piccolo Emilio è la storia realmente accaduta di Guido Longobardi, divenuto in seguito un grande giornalista.
"Ho scelto di realizzare questo film perché ho trovato lo straordinario nel reale, in una storia vera che sembra quasi impossibile da credere – dichiara la regista Giorgia Farina. Raccontarla attraverso gli occhi di un bambino mi ha permesso di trasformare il dramma in avventura e il diverso in meraviglia".
A tu per tu con la regista

Il suo film Ho visto un Re si apre in un’Italia dove la campagna d’Africa sembra quasi un sogno collettivo. Perché ha scelto questo contesto storico?
"Perché è una fase storica in cui l'immaginario collettivo era completamente sbilanciato. L’Africa era vista come una terra di conquista, un luogo lontano e mitico. Mi interessava partire proprio da lì: da questa idealizzazione quasi epica, per poi metterla in crisi. La storia comincia dove tutto sembra essere grande e glorioso, ma poi arriva Abraham, e cambia tutto".
Abraham è un Ras etiope prigioniero che irrompe nel piccolo mondo del protagonista. Cosa rappresenta questo personaggio?
"Abraham è lo specchio. È la realtà che entra in scena e incrina il sogno. Per Emilio, un bambino di dieci anni, lui all’inizio è quasi un personaggio da romanzo d’avventura. Ma poi inizia a conoscerlo davvero. E con lui, anche noi spettatori. Abraham non è un simbolo, è una persona con una storia di dignità e resistenza. E questa umanità finisce per trasformare tutti, o almeno chi è disposto a guardarla".
La storia è ispirata a eventi reali. Quanto ha influito questo aspetto sulla scrittura e sulla regia?
"Tantissimo. La forza della realtà sta nel suo essere spesso più incredibile della finzione. Quando ho scoperto l’episodio da cui nasce questa storia, sono rimasto colpito proprio dalla sua dimensione “piccola”, intima, ma allo stesso tempo potentissima. Era una vicenda che sembrava uscita da un racconto popolare, e mi è sembrato naturale raccontarla attraverso lo sguardo di un bambino".
Proprio Emilio, il bambino protagonista, diventa il filtro attraverso cui guardiamo tutta la storia. Come mai questa scelta?
"Perché i bambini vedono prima di capire, e spesso capiscono meglio degli adulti. Emilio non ha sovrastrutture, guarda Abraham con occhi pieni di curiosità e stupore. In questo modo, quello che per gli adulti è il “nemico”, per lui diventa una persona. È questo sguardo che volevo raccontare: uno sguardo che rompe le narrazioni di potere e riporta tutto all’essere umano".
In fondo, sembra quasi che il film racconti anche un processo di crescita collettiva.
"Esatto. Ho visto un Re è una parabola. Ogni personaggio deve fare i conti con la distanza tra ciò che credeva e ciò che è. L’incontro con Abraham diventa un punto di svolta, una crisi, ma anche un’occasione. Alcuni crescono, altri restano indietro. Ma tutti, in un modo o nell’altro, vengono messi di fronte a sé stessi".
Se dovesse riassumere il cuore del film in una frase?
"Direi che è una storia sulla scoperta dell’altro, ma anche su quella di noi stessi. E su come, a volte, per vedere davvero, dobbiamo tornare a guardare come fa un bambino: con meraviglia, senza difese".