Cartabellotta (Gimbe): "Quasi 5 milioni di italiani rinunciano alle cure, carenza cronica di professionisti"
"La priorità del Paese è rilanciare la sanità pubblica. Perché la tutela della salute è un diritto fondamentale che non può essere privatizzato"

In Italia, curarsi sta diventando sempre più un privilegio e sempre meno un diritto garantito a tutti. È il grido d’allarme lanciato da Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, durante il Cracking Cancer Forum di Bologna, l’incontro annuale promosso da Koncept che riunisce medici, ricercatori e istituzioni impegnati nella lotta contro il cancro.
La priorità del Paese è rilanciare la #sanità pubblica
Perchè la tutela della #salute è un diritto fondamentale che non può essere privatizzato#SalviamoSSN pic.twitter.com/AwJN6SFmEA— Nino Cartabellotta (@Cartabellotta) April 13, 2025
"Quasi 5 milioni di italiani rinunciano alle cure"
Il quadro delineato da Cartabellotta è allarmante. Nel solo 2023, ben 4,5 milioni di italiani hanno dovuto rinunciare a visite mediche o esami diagnostici. Tra questi, 2,5 milioni hanno dovuto fare i conti con difficoltà economiche tali da impedirgli l’accesso alle cure. Un incremento di quasi 600.000 persone rispetto al 2022, che testimonia l’indebolimento crescente del principio di equità, da sempre pilastro del Servizio Sanitario Nazionale (SSN).
“Quando curarsi diventa un privilegio e non un diritto, non è solo la salute a essere in pericolo, ma la tenuta stessa del patto sociale”, ha dichiarato Cartabellotta. Secondo il presidente della Fondazione Gimbe, il sistema sanitario italiano è messo in ginocchio da una carenza cronica di professionisti. “Mancano all’appello oltre 5.500 medici di famiglia. Ogni anno circa 10.000 infermieri si cancellano dall’albo e i (sempre meno) giovani che scelgono questa professione non bastano neppure lontanamente a compensare l’emorragia.”

Le conseguenze di questa crisi sono sotto gli occhi di tutti: diminuzione dei servizi pubblici, tempi di attesa sempre più lunghi, pronto soccorso congestionati e crescente difficoltà nel reperire un medico di base. Un contesto che spinge chi può permetterselo verso la sanità privata, mentre chi non può, finisce per rinunciare alle cure.
Risorse insufficienti
La situazione non appare destinata a migliorare nel breve termine. Come sottolineato da Cartabellotta, la Legge di Bilancio 2025 prevede un aumento del Fondo Sanitario Nazionale pari a 2,52 miliardi di euro (+1,9%), ma soltanto la metà di queste risorse – 1,3 miliardi – rappresenta nuovi stanziamenti.
Il resto, 1,2 miliardi, erano già stati previsti dalla manovra precedente. E le prospettive per gli anni a venire appaiono ancora più preoccupanti: se per il 2026 è previsto un incremento del 3% (pari a 4 miliardi), dal 2027 al 2029 gli aumenti saranno minimi. In rapporto al PIL, il finanziamento alla sanità pubblica passerà dal 6,12% del 2024 al 6,05% nei due anni successivi, per poi scendere progressivamente fino al 5,7% nel 2029. “Tradotto: cambiando unità di misura (da valori assoluti a percentuale del Pil) gli ‘investimenti record’ si trasformano in ‘minimo storico’”, ha spiegato il presidente Gimbe.

Potenziare la sanità territoriale
Cartabellotta ha infine posto l’accento sulla necessità di potenziare la sanità territoriale, elemento chiave per ridurre la pressione sugli ospedali e contenere le liste d’attesa. Tuttavia, ha avvertito che “non basta costruire muri”. Il riferimento è alla riforma territoriale disegnata dal decreto ministeriale 77/2022, che pure va nella direzione giusta, ma rischia di rimanere incompiuta se non sarà supportata da un adeguato piano per il personale sanitario e da un’organizzazione chiara ed efficace.
“Case di comunità, centrali operative territoriali, ospedali di comunità rimarranno scatole ‘vuote’ se non si colma il vuoto di personale: servono almeno da 20 a 27mila infermieri in più e un concreto coinvolgimento dei medici di famiglia.”