La clamorosa retromarcia di Trump: il danno irreparabile è la credibilità degli Stati Uniti
Il punto non è più solo il tycoon, ma ciò che rappresenta: un’idea di America ripiegata su se stessa, isolazionista a intermittenza

Abile stratega, spaccone, bullo, inaffidabile, folle incosciente o speculatore senza scrupoli.
Di sicuro non un dilettante allo sbaraglio visto che alla Casa Bianca c'è già stato.
Chi è davvero Donald Trump? E dove porterà la sua politica o meglio la sua guerra dei dazi?
Ma soprattutto, dopo la sua marcia indietro congelando i dazi all'Europa per 90 giorni, che posizione devono tenere l'Europa e le superpotenze del mondo.
Intanto, il gradimento di The Donald negli Stati Uniti è crollato del 43% in poche ore.

La clamorosa retromarcia di Trump: il danno irreparabile è la credibilità degli Usa
Al di là degli accadimenti frenetici delle ultime ore una considerazione è d'obbligo.
La politica estera, specie per una superpotenza come gli Stati Uniti, guardando ai mercati delle borse, dei mercati finanziari e alle strategie delle grandi industrie vive di coerenza, di alleanze solide, di fiducia costruita nel tempo.
Ogni inversione improvvisa, ogni marcia indietro spettacolare, come spesso accade con Donald Trump (specie al giorno d'oggi ai tempi dei social e degli annunci sulle piazze virtuali del web), non si limita a spostare equilibri tattici: mina in profondità la credibilità stessa dell’America sullo scenario globale.
L'occhio dell'Europa e del mondo (non solo) su Trump (ma sull'America intera)
Ecco perché l'altra considerazione fondamentale messa sul tavolo dagli osservatori internazionali è che il punto non è più solo Trump, ma ciò che rappresenta: un’idea di America ripiegata su se stessa, isolazionista a intermittenza, pronta a mettere in discussione anche gli impegni più fondamentali come ad esempio la difesa collettiva in seno alla NATO.
Un’America che, da questo punto di vista proprio guardando a borse e mercati finanziari, alterna ad esempio entusiasmo e distacco verso l’Europa, che tratta la sicurezza del Pacifico come un affare bilaterale con il Giappone, e che si confronta con la Cina oscillando tra il confronto duro (ieri, venerdì 11 aprile 2025, il clamoroso attacco verbale di Xi Jimping che ha tacciato Trump di bullismo) e rapporti decisamente più diplomatici, se non addirittura collaborativi.

Le "oscillazioni" di Trump, l'allarme per l'Europa
Per l’Unione Europea, tutto questo negli ultimi mesi (dalla campagna elettorale all'ufficiale insediamento alla Casa Bianca fino alle scorse ore) è suonato molto di più di un campanello d’allarme.

Anche in questo caso la considerazione di fondo dagli osservatori di politica estera è piuttosto chiara: se Washington torna a essere un alleato inaffidabile, l’Europa deve accelerare sulla costruzione di una vera autonomia strategica.
I colpi di testa che possono rendere più unita l'Europa
Tutto questo non significa sganciarsi dagli Stati Uniti, ma diventare capace di difendersi, di agire, di decidere, anche in assenza del partner atlantico.
Del resto, la guerra in Ucraina ha già messo alla prova la tenuta europea.
La nuova amministrazione americana che vacilla sugli aiuti a Kyiv o mette in discussione l’articolo 5 del Trattato Nato sarebbe un ulteriore scossone.
Ma c'è di più. I colpi di testa di Trump in queste settimane hanno portato a un risultato quasi clamoroso: creare un fronte compatto in Europa.
Basti pensare alla posizione ufficiale dell'Ecofin ieri a Varsavia dove "si è riaffermato il pieno sostegno a un approccio deciso, ma calmo e calcolato della Commissione Ue".
E come emerso dalle parole del ministro delle Finanze polacco, Andrzej Domański:

"Riteniamo che la decisione della Commissione di sospendere le misure di ritorsione sia un buon passo nella giusta direzione: vogliamo utilizzare i prossimi tre mesi per un dialogo serio e costruttivo con gli Usa. C'è stato un accordo unanime sul mantenimento di una posizione europea unita. I ministri hanno ribadito l'importanza di proteggere cittadini e imprese da inutili perturbazioni economiche".
E addirittura le strategie di Trump rischiano di riavvicinare clamorosamente anche Cina e Europa.
L'occhio asiatico sull'America
Anche in Asia, gli alleati di lunga data come il Giappone e la Corea del Sud osservano con crescente preoccupazione le mosse di Trump.
In un contesto segnato dalla crescita militare cinese e dall’instabilità nella penisola coreana, la presenza americana è vista come garanzia di equilibrio.
Ma se quella presenza diventa incerta, Tokyo e Seoul si troveranno di fronte a scelte difficili: aumentare drasticamente la spesa militare, rafforzare capacità autonome e addirittura riconsiderare il tabù nucleare.
Nel frattempo, come detto la Cina osserva e aspetta. Ogni crepa nel fronte occidentale è un’occasione per Pechino di espandere la propria influenza.
In definitiva, il ragionamento che fanno a Pechino e che viene condiviso da molti è che il danno più grave non è una scelta specifica di Trump e degli Usa, ma la sensazione che tutto possa essere rimesso in discussione da un giorno all’altro.
Un Paese che cambia idea sul proprio ruolo nel mondo ogni quattro anni (e in maniera frenetica in quel mandato) smette di essere un punto di riferimento.
E senza credibilità, anche la potenza più grande diventa vulnerabile.