Femminicidio Cecchettin

"Turetta lucido e razionale: le 75 coltellate non sono segno di crudeltà, ma di inesperienza"

Secondo i giudici, la dinamica non consente di affermare che Turetta abbia voluto infliggere sofferenze gratuite a Giulia Cecchettin

"Turetta lucido e razionale: le 75 coltellate non sono segno di crudeltà, ma di inesperienza"
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La Corte d’Assise di Venezia ha depositato le motivazioni della sentenza con cui, il 3 dicembre scorso, ha condannato Filippo Turetta all’ergastolo per il femminicidio della 22enne Giulia Cecchettin, uccisa l’11 novembre 2023 a Fossò, in provincia di Venezia. La Corte ha riconosciuto la particolare efferatezza del delitto e i motivi abietti e spregevoli alla base del gesto, ma ha escluso l’aggravante della crudeltà.

"Turetta, le 75 coltellate non sono segno di crudeltà"

Secondo i giudici, la dinamica dell’omicidio non consente di affermare "con certezza, e al di là di ogni ragionevole dubbio" che Turetta abbia voluto infliggere sofferenze gratuite e aggiuntive alla vittima. Nonostante le 75 coltellate inferte, non è possibile – si legge nelle motivazioni – "valorizzare, di per sé, il numero dei colpi" come elemento che provi un’intenzione deliberata di infierire.

Dalla videoregistrazione dell’aggressione, la Corte ha rilevato che i colpi furono inferti in modo ravvicinato, rapido e "quasi alla cieca", sintomo – secondo i giudici – non di crudeltà consapevole ma di "inesperienza e inabilità" da parte di Turetta, che non avrebbe avuto le competenze per colpire in modo letale e rapido. È stato lo stesso imputato a dichiarare di essersi fermato dopo aver colpito l’occhio della vittima: "Mi ha fatto troppa impressione".

Filippo Turetta

L’aggressione, durata circa venti minuti, avrebbe certamente generato un’angoscia prolungata in Giulia Cecchettin. Tuttavia, per i magistrati, manca la prova che ciò sia stato frutto di una volontà deliberata di prolungarne la sofferenza. Le ferite, dunque, sono interpretate come frutto di un’azione concitata, legata alla volontà di "portare a termine l’omicidio", piuttosto che come espressione di sadismo o volontà di fare scempio.

Nonostante l’esclusione dell’aggravante della crudeltà, la Corte ha descritto il gesto come mosso da "efferatezza, risolutezza" e da "abietti motivi di arcaica sopraffazione", sottolineando l’incapacità dell’imputato di accettare l’autonomia e la libertà di scelta di Giulia Cecchettin, persino nelle sue decisioni più semplici.

La Corte: "Turetta ha omesso o negato elementi gravi"

A rendere ancora più grave la condotta di Turetta è stato il comportamento tenuto dopo il delitto. I giudici sottolineano come l’imputato abbia agito con "lucidità e razionalità" per occultare il corpo e ritardarne il ritrovamento. La scelta del luogo dell’occultamento e le modalità dell’abbandono del cadavere sono state definite "accurate", elementi che per la Corte confermano pienamente la volontà cosciente e organizzata dell’azione.

Infine, la confessione resa da Turetta è stata definita solo parziale e, in alcuni passaggi, mendace. Durante gli interrogatori, l’imputato ha ammesso solo quanto già emerso dalle indagini e ha omesso o negato altri elementi gravi, nonostante fosse consapevole del peso probatorio raccolto a suo carico.

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