bilancio finale

Consiglio europeo "di guerra", Meloni: "No fondi di coesione per finanziare gli armamenti"

Le reazioni in Italia: durissimo Giuseppe Conte, Pd scisso sul tema riarmo con Shlein che tiene il punto sul "no". Soddisfatto il leader di Azione, Carlo Calenda

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Consiglio europeo "di guerra", Meloni: "No fondi di coesione per finanziare gli armamenti"
Giorgia Meloni a margine del Consiglio europeo a Bruxelles

Al Consiglio straordinario di Bruxelles, tenutosi nella giornata di giovedì 6 marzo 2025, le conclusioni sull'Ucraina sono state adottate da 26 Stati membri su 27. Resta il veto del premier ungherese, Viktor Orban, che non ha permesso l'adozione unanime delle conclusioni.

La portavoce del Consiglio europeo ha indicato che tutti i 27, invece, hanno trovato l’accordo per rafforzare la difesa europea sulla base del piano proposto dalla Commissione europea che prevede la massima flessibilità sulle spese dei paesi membri.

Soddisfazione della premier Giorgia Meloni:

"Hanno accolto una proposta dell'Italia di scorporare le spese difesa dal deficit-pil. Circa il debito ci sono dei rischi, stiamo pensando a strumenti di garanzie su investimenti privati sul modello di Invest Eu".

Immancabili le reazioni politiche in Italia, considerando quanto il nodo del riarmo europeo avesse provocato importanti fratture sia nella maggioranza che fra le opposizioni.

Vertice UE: sostegno all'Ucraina e difesa comune europea

Il Consiglio europeo straordinario, svoltosi a Bruxelles, ha posto al centro della discussione due temi fondamentali: il supporto all'Ucraina e la costruzione di una difesa comune europea. L'unico ospite esterno al summit è stato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, il quale ha ricevuto un forte segnale di solidarietà da parte della maggioranza dei leader UE. Tuttavia, l'approvazione delle conclusioni del vertice sull'Ucraina ha visto il consenso di 26 paesi su 27, con l'Ungheria che si è opposta. Al contrario, il piano sulla difesa comune ha ottenuto l’approvazione unanime.

La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha sottolineato l’importanza di rafforzare la capacità difensiva dell’Europa e di continuare il sostegno a Kiev, affinché possa difendersi efficacemente e ottenere una pace duratura. Zelensky, giunto simbolicamente con von der Leyen e il presidente del Consiglio Europeo Antonio Costa, ha ringraziato per il sostegno europeo, ribadendo la vicinanza tra l’Ucraina e l’UE. Inoltre, ha annunciato un imminente incontro con gli Stati Uniti e un summit con i Paesi pronti a formare una coalizione a sostegno del suo Paese.

I cinque principi per la pace

Il documento adottato a 26 conferma cinque principi fondamentali per una pace giusta in Ucraina. Tra questi:

  1. Nessun negoziato sull’Ucraina può avvenire senza la partecipazione dell’Ucraina stessa.
  2. Qualsiasi discussione sulla sicurezza europea deve coinvolgere l’Europa, poiché è direttamente collegata alla sicurezza ucraina e globale.
  3. Una tregua o un cessate il fuoco possono essere considerati solo all'interno di un processo volto a un accordo di pace complessivo.
  4. L’eventuale accordo di pace deve includere garanzie di sicurezza solide e credibili per Kiev, al fine di scoraggiare future aggressioni russe.
  5. Il rispetto dell’indipendenza, della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina è imprescindibile.

Durante il vertice, i leader hanno anche discusso delle garanzie di sicurezza che l’UE potrebbe offrire a Kiev, valutando le richieste avanzate dagli Stati Uniti. Al centro del dibattito c’è stato il piano ReArm Europe, che punta a rafforzare le capacità difensive dell’UE e il coordinamento degli aiuti militari all’Ucraina. Il summit ha così riaffermato l'impegno del blocco europeo per una pace giusta, evitando qualsiasi ipotesi di resa da parte di Kiev.

Investimenti militari

L’unanimità è stata invece raggiunta sulla difesa comune, con l’approvazione del piano ReArm proposto da von der Leyen. Ora si attende la definizione dei dettagli legislativi, con un punto chiave: l’uso dei fondi di coesione non spesi (circa 350 miliardi di euro) sarà lasciato alla discrezione di ciascun Paese. Inoltre, su pressione di Berlino, il Consiglio ha chiesto alla Commissione Europea di esplorare ulteriori misure per facilitare l’aumento della spesa per la difesa a livello nazionale, garantendo al contempo la sostenibilità del debito pubblico. In questo contesto, si ipotizza anche un allentamento delle regole del Patto di stabilità per ampliare i margini di spesa.

La posizione dell’Italia

La premier italiana Giorgia Meloni ha chiarito la posizione del suo governo, escludendo la possibilità di destinare i fondi di coesione alla difesa. Ha sottolineato che questa decisione resterà volontaria e che proporrà al Parlamento di sancire formalmente il rifiuto italiano di dirottare tali risorse verso l’acquisto di armi. Meloni ha inoltre ribadito il no dell’Italia all’invio di truppe europee in Ucraina, proponendo invece un’estensione dell’Articolo 5 della NATO anche a Kiev. Infine, ha rilanciato l’idea di un vertice tra UE e USA, sebbene non vi siano ancora sviluppi concreti in merito.

"Sulle truppe europee sono molto molto perplessa, non lo considero efficace. Escludo che possano essere inviati soldati italiani. Meglio pensare a soluzioni più durature. Estendere l’articolo 5 della Nato sarebbe una soluzione duratura”. Così la presidente del Consiglio Giorgia Meloni a margine del Consiglio Europeo straordinario.

E ancora:

“Nelle proposte di Ursula von der Leyen abbiamo salutato positivamente il fatto che sia stata accolta una proposta che l’Italia faceva da tempo cioè di scomputare le spese per la difesa dal calcolo del rapporto deficit/Pil. La presidente von der Leyen individua poi ulteriori possibilità di accedere a prestiti per 150 miliardi di euro che è un’ulteriore possibilità anche se tra le criticità segnalate dall’Italia c’è quella per cui gran parte di queste risorse hanno a che fare in qualche maniera con il debito“.

Il ruolo dell’Ungheria

L’unico Paese a opporsi alle conclusioni sull’Ucraina è stato l’Ungheria, con il premier Viktor Orban che ha rifiutato di sottoscrivere il documento, creando una spaccatura visibile tra i leader europei. Per superare l’impasse, il presidente Antonio Costa ha pubblicato una dichiarazione firmata dagli altri 26 leader, dimostrando così la compattezza dell’UE nel sostenere Kiev.

Costa ha inoltre sottolineato che l’Ungheria "non dividerà" l’Europa su questo tema. Ursula von der Leyen ha ribadito che la pace in Ucraina deve essere ottenuta da una posizione di forza, rafforzando le capacità difensive dell’UE e garantendo aiuti concreti a Kiev. A tal fine, i membri dell’Unione hanno stanziato 15 miliardi di euro aggiuntivi per il supporto militare ucraino e, grazie alla flessibilità del Patto di stabilità, i Paesi avranno maggiore margine di manovra per incrementare la spesa per la difesa.

Le reazioni in Italia

Picchia duro, anzi durissimo, il leader dei pentastellati Giuseppe Conte, da sempre contrario all'invio di armi a Kiev.

Secondo Conte, l’approccio dell’UE si è trasformato in una corsa al riarmo, con miliardi destinati a missili e munizioni mentre le necessità reali dei cittadini vengono trascurate. Attacca Giorgia Meloni, accusandola di giocare con le parole per mascherare una scelta politica che, a suo avviso, spinge l’Europa verso una dimensione bellica invece di investire in sanità, energia e industria. L'ex premier denuncia l’assenza di una riflessione critica sugli effetti della strategia seguita finora, evidenziando come le risorse pubbliche vengano drenate per finanziare conflitti invece che per affrontare le crisi sociali ed economiche.

Nel Partito Democratico, la questione del riarmo europeo crea divisioni. La segretaria Elly Schlein si oppone fermamente al piano ReArm Europe, sottolineando la necessità di una difesa comune europea, ma rifiutando un modello basato sull’aumento indiscriminato delle spese militari per i singoli Stati. A suo avviso, l’UE dovrebbe concentrarsi su un piano di investimenti condiviso da 800 miliardi annui che includa anche altri settori chiave, come la transizione ecologica, l’innovazione digitale e la coesione sociale.

Schlein critica l’uso di strumenti finanziari che bypassano il Parlamento europeo e avverte che il rischio è quello di rafforzare le disuguaglianze tra i Paesi, invece di creare un sistema di difesa realmente efficace e integrato. Sul fronte del sostegno all’Ucraina, la leader dem non ha dubbi: è essenziale continuare ad aiutare Kiev, ma senza cadere nel gioco della frammentazione dell’Europa voluto da Trump e Putin. Serve, piuttosto, un’iniziativa diplomatica che dia all’UE un ruolo centrale nei negoziati per la sicurezza.

Di tutt’altra opinione è Carlo Calenda, leader di Azione, che considera il momento attuale decisivo per l’UE: ritiene fondamentale sbloccare immediatamente i fondi per rafforzare la difesa e il supporto a Kiev, sottolineando che gli Stati europei devono prendere atto della nuova posizione degli USA e costruire una strategia autonoma.

Calenda non usa mezzi termini contro chi, come il premier ungherese Viktor Orban, ostacola questo percorso, ritenendo inaccettabile la presenza di posizioni filorusse all’interno dell’Unione.

Riccardo Magi, leader di Più Europa, condivide l’impostazione favorevole al rafforzamento militare dell’UE e al sostegno all’Ucraina, ma sottolinea la difficoltà politica di Meloni nel gestire una maggioranza spaccata sul tema. Magi critica la mancanza di una linea chiara da parte del governo italiano, denunciando l’ambiguità di Salvini, che si mantiene cauto sulle dichiarazioni di Trump, e di Tajani, che invece si esprime apertamente a favore di una difesa comune europea.

Totalmente contrario al riarmo è invece Nicola Fratoianni, leader di Alleanza Verdi e Sinistra, che accusa la Commissione europea di aver scelto una strada pericolosa, tanto sul piano politico quanto su quello economico.

Secondo lui, il riarmo non garantisce maggiore sicurezza, ma sposta l’Europa su una traiettoria rischiosa, sottraendo risorse cruciali a settori fondamentali come la sanità, il welfare e lo sviluppo sostenibile.

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