Presa di posizione

79 Paesi firmano contro le sanzioni Usa alla Cpi: l'Italia non c'è

Ci sono tutti big della Ue, ma il nostro Paese si schiera con gli Usa

79 Paesi firmano contro le sanzioni Usa alla Cpi: l'Italia non c'è
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Dopo le parole di Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea, a difesa della Corte penale internazionale finita nel fuoco incrociato di Usa e Italia, dopo il caso Almasri, 79 Paesi hanno firmato una dichiarazione congiunta che critica le sanzioni americane alla Cpi. Tra questi, però, non figura l'Italia.

L'Italia non firma la dichiarazione pro-Cpi

Ci sono anche i big della Ue (Germania, Francia, Spagna) e la Gran Bretagna ma non l'Italia tra i firmatari della dichiarazione congiunta dei 79 Paesi membri della Corte penale internazionale (Cpi) che criticano le sanzioni Usa all'organismo internazionale, sostenendo che "comprometterebbero gravemente tutte le situazioni attualmente sotto inchiesta, poiché la Corte potrebbe dover chiudere i suoi uffici sul campo", oltre ad "aumentare il rischio di impunità per i crimini più gravi e minacciare di erodere lo stato di diritto internazionale".

Una presa di posizione netta, dopo che nei giorni scorsi anche il vicepremier Antonio Tajani aveva duramente criticato la Cpi a seguito della denuncia ricevuta dalla Corte contro il nostro Paese sul caso Almasri.

"Credo sia la Corte a dover essere indagata", aveva detto Tajani.

Le parole di Ursula von der Leyen

In mattinata si era espressa sul tema la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen:

"La Cpi  garantisce la responsabilità per i crimini internazionali e dà voce alle vittime in tutto il mondo. Deve poter portare avanti liberamente la lotta contro l’impunità globale. L’Europa difenderà sempre la giustizia e il rispetto del diritto internazionale".

Parole giunte a seguito della decisione dell’ex presidente statunitense Donald Trump di imporre sanzioni contro la Corte dell’Aja. L’amministrazione Trump accusa la Cpi di aver preso di mira ingiustamente gli Stati Uniti e Israele, paesi che non riconoscono l’autorità della Corte. Il provvedimento esecutivo, in fase di approvazione, prevede misure restrittive sui visti e sanzioni finanziarie contro funzionari della CPI e i loro familiari coinvolti in indagini riguardanti cittadini americani o alleati di Washington.

Anche le organizzazioni per i diritti umani hanno criticato duramente questi attacchi, avvertendo che minacciano l’efficacia della Corte e ostacolano la giustizia per le vittime di abusi in tutto il mondo.

Ursula von der Leyen in difesa della Corte Penale Internazionale

La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha ribadito il pieno sostegno dell’Unione Europea alla Corte Penale Internazionale (CPI), sottolineando l’importanza del suo ruolo nella lotta contro l’impunità e nella difesa delle vittime di crimini internazionali. Attraverso un post sulla piattaforma X, von der Leyen ha dichiarato che la CPI deve poter operare senza interferenze per garantire giustizia e il rispetto del diritto internazionale.

 

Le fa eco il portavoce della Commissione europea:

"La Corte penale internazionale è di fondamentale importanza nel sostenere la giustizia penale internazionale e la lotta contro l'impunità. L'Ue sostiene la Corte penale internazionale e i principi stabiliti nello Statuto di Roma. L'Ue monitorerà le implicazioni dell'ordine esecutivo e valuterà possibili ulteriori misure".

Le sanzioni di Trump

Queste parole giungono in un momento di forti tensioni internazionali, alimentate dalla decisione dell’ex presidente statunitense Donald Trump di imporre sanzioni contro la Corte dell’Aja. L’amministrazione Trump accusa la CPI di aver preso di mira ingiustamente gli Stati Uniti e Israele, paesi che non riconoscono l’autorità della Corte. Il provvedimento esecutivo, in fase di approvazione, prevede misure restrittive sui visti e sanzioni finanziarie contro funzionari della CPI e i loro familiari coinvolti in indagini riguardanti cittadini americani o alleati di Washington.

Il presidente Trump con Benjamin Netanyahu

La tensione tra gli Stati Uniti e la CPI affonda le sue radici in eventi recenti. Lo scorso novembre, la Corte ha emesso mandati di arresto nei confronti del primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu, dell’ex ministro della Difesa Yoav Gallant e di leader di Hamas, accusati di crimini di guerra e contro l’umanità. La decisione ha suscitato un’ampia indignazione a Washington. Una posizione ora ripresa da Trump, che definisce le azioni della Corte come una "vergognosa equivalenza morale".

Commenti
paolo pulvirenti

Penso che il trionfo del capitalismo sul comunismo abbia divinizzato il denaro. I ricchi hanno smesso di corrompere i politici per gestire, di rimando, il potere. Sono entrati essi stessi in politica e si sono fatti "potere", senza intermediazioni. L'esperimento è stato Berlusconi: si è dimostrato che occorre una grande opera di disinformazione, di propaganda ossessiva per cooptare il consenso delle folle. In questo modo hanno messo la sordina ad ogni altro valore: i princìpi religiosi, quelli morali, sono scomparsi (o mistificati) a causa della ricerca del potere, del denaro, della priorità del benessere proprio, a discapito delle classi e dei popoli meno abbienti. Temo che un massacro globale sarà inevitabile, se non spunterà qualche personaggio capace di smascherare i due attuali maggiori criminali della terra. E la loro cameriera.

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